Andre Agassi sul tetto del mondo

25 anni fa Agassi diventava n. 1 del mondo. Un tennista fuori dalle righe, un personaggio straordinario che ha reso questo sport leggenda.

“Andreino”, così lo chiamava uno dei maestri del giornalismo mondiale, Gianni Clerici.
Con la potenza dei suoi soprannomi possiamo davvero capire tutta la personalità del campione di Las Vegas. Quel diminutivo metteva insieme tutto, ovvero tanto affetto per un giocatore che era in grado di catalizzare l’attenzione degli addetti ai lavori per un tennis nuovo, potente e preciso, ma interpretato con aggressività e fisicità mai visti, forse dai tempi di Borg.

Ma “l’orso” stava a fondo campo e poi, specie su erba, veniva a rete a finalizzare (molto più spesso di quello che la vulgata ha tramandato). Il giovane americano invece no, bombardava da fondo e questo bastava a mandare nel giro di pochi scambi il suo avversario a 2 o 3 metri dalla palla. Un soprannome, dicevamo, che però intuiva già la tristezza nascosta nel profondo degli occhi di Andrè. Un tristezza raccontata nel best seller “Open”, celebrerrima, oramai, autobiografia scritta a quattro mani con un premio pulitzer J.R. Moehringer. Così come altrettanto noti sono gli outfits proposti da Agassi in giro per il mondo: dai jeans strappati (usati anche dal vostro redattore, a suo tempo, nei campi della provincia della Valle d’Itria), ai colori fluo, oggi tornati di moda, alle parrucche per provocare la reazione di suo padre, un personaggio degno de “L’albero degli zoccoli” di Olmi, un “padre-padrone” mai amato, anzi probabilmente disprezzato.

Il rapporto complesso con Nick Bollettieri. E poi le love stories da gossip, ideali per titoli e leggende: modelle (Brook Shields), cantanti (Barbara Streisand) e poi colleghe (Steffi Graf), in una storia che dura tutt’ora. Qualche eccesso, confermato dallo stesso Agassi, nell’uso saltuario di droghe, una vita intensa. Con lui, tennisticamente, si completa una generazione di fenomeni: vive la coda degli anni ’80, con Lendl, Connors, McEnroe, Wilander, Becker, Gomez e insieme a Sampras, Rafter, Kafelnikov,  Safin (giusto per fare qualche nome). Cambia il tennis, dà vita ad una rivalità più giornalistica che reale insieme a Pete Sampras. Insomma, è personaggio.

FRENCH OPEN AGASSI USA
Adriano Panatta lo ricorda bambino: André aveva circa 7 anni quando Pancho Gonzalez, suo mentore dell’epoca lo portò all’attenzione del nostro giocatore a Las Vegas, proponendogli di scambiare qualche palla. Adriano ricorda che tirava, specie di dritto, davvero forte per l’età che aveva, e lo impressionò la sua capacità di anticipare il punto d’impatto, quello che poi diventerà il suo marchio di fabbrica, procurandogli un altro storico soprannome, “flipper-Agassi”.
E così, ad aprile del 1995, “Andreino” completa la profezia di suo padre, che lo aveva designato come n.1 del mondo già a tre anni, quando ricevette la prima racchetta giocattolo, un regalo forse più odiato che amato. Eppure la ricchezza, la fama mondiale ed ora anche qualche sorriso, gli sono arrivate proprio dal mondo del tennis, dove ha trovato quella che pare ormai essere la sua compagna di vita, un’altra predestinata, la tedesca Graf.

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Andrè è nella storia del tennis non solo per essere diventato n. 1, ma per aver completato il Career Grand Slam (che non è riuscito a Sampras, ad esempio) e aver dimostrato di poter giocare a lungo nonostante diversi problemi fisici che gli hanno impedito di dare sempre il meglio, avendo un tennis che si basava molto sulla velocità e l’esplosività fisica. Un tennista in grado di arrivare ai vertici e di ritornarvi dopo aver perso punti in classifica (199798). Nel finale di carriera, in pieni anni Zero, ha anche avuto modo di dare visibilità al nostro Andrea Stoppini, che lo sconfisse nel 2006 a Washington, quando a 36 anni ancora giocava, e possiamo forse dire, si divertiva dopo aver dimostrato tutto quello che bisognava dimostrare.

Oggi il tennis americano vive un momento di appannamento rispetto agli anni dei dualismi McEnroe-Connors e Agassi-Sampras (per tacere dei n. 3): chissà cosa accadrà in futuro, se gli USA ci regaleranno un altro “flipper” di cui raccontare le gesta.

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