Il tennis: un affare di famiglia (1°parte) – Brothers in Tennis

Quanti legami di parentela esistono nello sport ? Tanti, ma non tutti li conoscono, perchè spesso, alcuni, rimangono nell'ombra. Andiamo ad analizzare questo tipo di rapporti nel tennis, ecco "Brothers in Tennis"

di Andrea Cherchi

Nel tennis, come nel calcio, si manifesta di frequente la tendenza secondo cui i figli o i fratelli di professionisti, campioni o meno, seguono la stessa carriera. Spesso si assiste alla “sindrome di Patrick McEnroe”, fratello minore di John che, pur ad ottimi livelli sia in singolare che in doppio, non si è mai completamente liberato dell’ingombrante presenza del fratello; altre volte invece i giocatori riescono ad affrancarsi da questa “oscura presenza” ed a ritagliarsi una carriera persino migliore di quella del genitore/fratello. Proviamo quindi a dare un’occhiata a questa situazione, con una carrellata la più completa possibile per tracciare un quadro del fenomeno. Lo studio “Il tennis: un affare di famiglia” seguirà il seguente schema: “Brothers in Tennis” prenderà in considerazione i “fratelli famosi”, “Family Business” le “famiglie tennistiche”, e “Figli di Papà” i “figli famosi”.

Il tennis: un affare di famiglia (1°parte) – “Brothers in Tennis”

Il “record”, in questo campo, appartiene senza dubbio alla famiglia Safin: sia il grande Marat (vincitore, fra l’altro, di un US Open e un Australian Open) che la sorella Dinara (tre finali Slam perse, un successo in doppio agli Us Open) hanno conquistato la vetta, sia pure per brevi periodi, delle rispettive classifiche mondiali. Tralasciando naturalmente le sorelle Williams o i gemelli Bryan, come i Safin troppo contemporanei, o i gemelli Doherty e quelli Renshaw, davvero troppo lontani nel tempo, noi vorremmo però portare il nostro sguardo nel passato, in ordine rigorosamente sparso.. Proviamo ad esempio a leggere il tabellone degli Australian Open del 1991: i semifinalisti sono Lendl, Becker, Edberg e McEnroe. Niente di strano a prima vista, se non fosse che il McEnroe in questione non è il leggendario John, ma Patrick, suo fratello minore! Dopo aver battuto in una battaglia di cinque set il nostro Cristiano Caratti, il buon Patrick, pur sconfitto successivamente dal vincitore del torneo Boris Becker, ottenne in quell’occasione il miglior risultato della carriera. Una carriera vissuta, immaginiamo, nell’ombra di un fratello maggiore così brillante e carismatico. Uomo intelligente, laureato in Scienze Politiche, classe 1966, dopo una buona carriera a livello giovanile ed universitario, Patrick tentò la strada come pro ed ottenne il suo primo risultato di rilievo vincendo, ad appena 17 anni, il doppio nel torneo WCT di Richmond insieme ad un compagno niente male…il fratello John! Raggiunse in carriera un best ranking in singolare più che dignitoso (n°28), pur aggiudicandosi un solo titolo ATP, quello di Sidney nel 1995. Ottenne maggiori soddisfazioni dal doppio, specialità nella quale incamerò 16 titoli (solo due in coppia col fratello), arrampicandosi sino al terzo posto mondiale e conquistando il suo unico titolo in una prova del Grande Slam, proprio quel Roland Garros vanamente inseguito in singolare da John (vinse nel 1989 in coppia col connazionale Jim Grabb, col quale nello stesso anno si aggiudicò il Masters di specialità). Con lui in panchina nel ruolo di ottimo capitano, gli USA conquistarono infine l’ultima Coppa Davis, nel 2007, dopo un digiuno durato 15 anni. L’australiano Ashley Cooper, classe 1936, fu un grandissimo giocatore, capace nel 1958 di centrare tre quarti di Grande Slam (vinse in Australia, a Wimbledon e Forest Hills, fermandosi solo in semifinale al Roland Garros), prima di passare al professionismo. Suo fratello John, di dieci anni più giovane, fu a sua volta un buon tennista, anche se a livelli nettamente inferiori. Di lui ricordiamo, tra l’altro, la vittoria nell’Open d’Olanda di Hilversum del 1972 e la finale raggiunta in doppio a Wimbledon nel 1973, in coppia con Neal Fraser, sconfitto da Connors e Nastase.broth1

Molto più sottile era invece il gap che separava altri due celeberrimi fratelli, piuttosto popolari e attivi a cavallo fra gli anni ’70 e ’80: Sandy e Gene Mayer. Il primo, classe 1952, fu protagonista di una buonissima attività a livello giovanile (rivaleggiava coi coetanei Jimmy Connors e Brian Gottfried) e universitario, ma fu condizionato dagli infortuni, tanto che riuscì ad ottenere i migliori risultati nella parte finale della carriera (best ranking il settimo posto raggiunto nel 1982). Vincitore di 11 titoli in singolare (tra cui quello di Bologna indoor nel 1981), si aggiudicò 20 tornei in doppio, specialità che praticava con assiduità e nella quale arrivò sino al terzo posto mondiale. Negli Slam si fece notare per la semifinale raggiunta a Wimbledon nel 1973, anno del boicottaggio e per il successo in doppio, in coppia col fratello, al Roland Garros del 1979. Suo fratello Gene, il più forte dei due, era di quattro anni più giovane: dotato di un fisico molto fragile e di un tocco straordinario, è considerato uno dei più forti giocatori totalmente bimani (sia dritto che rovescio) della storia. Fu tra i primi ad usare il racchettone Prince, strumento col quale si esibiva in tocchi e drop-shot raffinatissimi. E’ ricordato come uno dei giocatori che si ritirò il maggior numero di volte a match in corso, in un’epoca nella quale, al contrario di adesso, il ritiro era un fenomeno decisamente più raro. Sebbene limitato da questa fragilità fisica, riuscì comunque a raggiungere il quarto posto mondiale (1980) e il quinto in doppio: lo ricordiamo vincitore di 14 titoli in singolare (fra cui Stoccolma, Memphis e due volte Los Angeles), e 16 in doppio (5 col fratello Sandy e due titoli al Roland Garros, ove fece centro anche nel 1978 con l’amico e connazionale Hank Pfister). Fece infine parte, come secondo singolarista al fianco di John McEnroe, della squadra americana che si aggiudicò la Coppa Davis nel 1982. Bob e Mike Bryan non furono certo i primi gemelli a calcare i campi del circuito professionistico: né i primi, né tanto meno i più forti (parliamo a livello assoluto, ovviamente non nella specialità del doppio). Prima di loro non possiamo non menzionare i non irresistibili gemelli bulgari Matei e Bozhidar Pampulov, spesso avversari dell’Italia in Coppa Davis e soprattutto Tim e Tom Gullikson. Anche questi ultimi attivi a cavallo fra i ’70 e gli ’80 ottennero non solo eccellenti risultati in doppio, ma furono anche degli ottimi singolaristi: il destro era Tim, il più forte dei due, e raggiunse il 15° posto Atp in singolare, vincendo 4 titoli, e il 3° in doppio, con 15 titoli all’attivo (di cui 10 col fratello Tom). Fu anche la persona che maggiormente contribuì alla grande affermazione di Pete Sampras, del quale fu a lungo coach e amico fraterno: qualcuno ricorderà il pianto a dirotto di Pete durante un match dell’Australian Open del 1995 quando, in seguito ad un collasso di Tim dopo un allenamento, a questi venne diagnostico un tumore al cervello. Il male si rivelò incurabile e Tim morì nel 1996. Riguardo invece a Tom, il mancino, vinse un solo titolo Atp a Newport ’85 (raggiungendo come best ranking il 34°posto) e quindici in doppio. Era “specializzato” in vittorie a sorpresa contro grandi nomi: tra le sue vittime illustri si annoverano anche i nomi di Bjorn Borg e Jimmy Connors. Interessante a questo proposito, citare rapidamente un’altra coppia di fratelli, particolari ed estrosi ai limiti del lecito: parliamo dei Jensen, ossia l’ambidestro Luke (10 titoli in doppio) e Murphy (4 titoli). Per loro anche un trionfo Slam, conquistato al Roland Garros nel 1993.broth2

Due sorelle americane di notevole spessore furono le Jordan: la più forte fu senza dubbio la minore Kathy (1959), un’eccellente singolarista nell’epoca delle grandi Evert e Navratilova, capace di raggiungere il quinto posto mondiale e vincere tre titoli in singolare (pur giocando ben 13 finali); nel suo palmares anche la finale agli Ausralian Open del 1983 e la semifinale a Wimbledon l’anno dopo. Fu inoltre, in coppia con la connazionale Anne Smith, una grande doppista, in grado di completare addirittura il Career Grand Slam. Infine menzioniamo i due titoli di doppio misto conquistati a Wimbledon ed agli US Open 1986, in coppia con Ken Flach. La maggiore Barbara (1957) giocò molto a livello universitario ed ebbe una carriera professionistica non molto lunga, ma illuminata addirittura da un titolo Slam in singolare, conquistato in un’edizione in tono decisamente minore degli Australian Open, quella del 1979 (vittoria in finale sulla modesta american Sharon Walsh). Da ricordare anche il titolo di doppio misto vinto al Roland Garros del 1983, in coppia con Eliot Teltscher. Ad altissimo livello si espressero altri due fratelli americani, Nancy Richey (1942), giocatrice fortissima nel corso degli anni ’60, vinse, fra l’altro, due titoli dello Slam in singolare (Australia 1967 e Roland Garros 1968), perdendo altre 4 finali; quattro i titoli Slam in doppio. Il fratello minore Cliff (1946) fu attivissimo fra gli anni ’60 e ’70, vincendo circa una trentina di tornei e venendo considerato in un certo periodo uno dei 5 migliori giocatori del mondo (ancora non esisteva il ranking ATP) ed il miglior tennista americano. Di lui si ricorda, fra i vari successi, il primato nella prima classifica del Grand Prix, quella del 1970, al culmine di una stagione di grande spessore. Anche l’Argentina aveva la sua coppia di fratelli, con una notevole differenza di età fra loro: Julian Ganzabal (1946) fu n°68 del mondo (sebbene valesse di più alla fine degli anni ’60, quando ancora il ranking ATP non era stato introdotto) e vinse a Gstaad nel 1969 in finale su Fred Stolle, Alejandro (1960) arrivò al n°58, perdendo da Vilas la sua unica finale (Buenos Aires 1982). Entrambi, specie Julian, giocarono in Coppa Davis e attualmente sono dei facoltosi imprenditori nel settore immobiliare. Nella prima metà degli anni ’80 frequentavano il circuito pro due fratelli svedesi, molto simili, con lunghi capelli biondi: Stefan e Hans Simonsson. Il primo dei due, un “regolarista falloso” clone malriuscito di Bjorn Borg, si rivelò al pubblico quando nel 1980 batté Adriano Panatta in Coppa Davis al Foro Italico, in un incontro (poi vinto dall’Italia) nel quale sostituì, pochi giorni prima del via, niente di meno che lo stesso Borg. Sempre in Italia ottenne i migliori risultati, perdendo nel 1982 la finale del torneo di Firenze contro Gerualitis e raggiungendo la semifinale nella più povera e scadente edizione degli Internazionali d’Italia, quella del 1983 (perse da Higueras poi sconfitto in finale dalla “meteora” Jimmy Arias). Vinse due titoli in doppio e arrivò, come massimo, al 49° posto mondiale. Più interessante fu la carriera del fratello minore Hans, il quale più che in singolare (dove peraltro fu n°45 del mondo e vanta vittorie su gente come Gerulaitis, Vilas e Gomez), eccelse in doppio: giocando soprattutto in coppia col fortissimo Anders Jarryd conquistò dodici titoli, fra cui il Masters WCT (1982), il Roland Garros (1983) e tre volte il torneo di Barcellona, arrivando sino all’ottavo posto nella classifica di specialità. Se all’interno della famiglia Safin c’è stato un certo equilibrio fra fratello e sorella (almeno in termini di ranking raggiunto, molto meno sul piano dei risultati e del talento), in altre circostanze la disparità fra fratello e sorella è stata a dir poco colossale. L’olandese Richard Krajicek (1971), campione di Wimbledon 1996, ex-n°4 del mondo e vincitore in carriera di 17 titoli Atp, è stato un giocatore straordinario: dotato di uno dei servizi più violenti mai visti, aveva un gioco vario e potente che gli avrebbe permesso, se non fosse stato bloccato da una lunga serie di infortuni, di vincere molto di più. La sorella Michaella (1989) invece, dopo essere stata ad appena 15 anni campionessa mondiale juniores, ha vinto tre titoli Wta fra il 2005 e il 2006 raggiungendo il 30° posto mondiale, prima di cadere vittima di svariati problemi, anche fisici, che l’hanno trascinata in un anonimato nel quale naviga a tutt’oggi. Il grande Vitas Gerulaitis, tennista americano di origine lituana (il padre fu, a suo tempo, n°1 del suo Paese) degli anni ’70/80, scomparso tragicamente nel 1994, fu come massimo n° 3 del mondo e vinse un Open d’Australia (1977), giocò la finale al Roland Garros (1980 c/Borg) e agli Us Open (1979 c/McEnroe), oltre che due semifinali a Wimbledon (fra cui quella del 1977, quando perse in cinque set da Borg, in uno dei più begli incontri della storia del torneo londinese); giocatore del team USA di Coppa Davis (vinse nel 1979 in finale sull’Italia), mise insieme un bottino di 25 titoli Atp, tra cui due edizioni degli Internazionali d’Italia (1977 e 1979). Tutti, o quasi, si ricordano di lui, ma pochissimi rammentano la sorella Ruta, di un anno più giovane (1955), che ebbe una carriera piuttosto modesta, raggiungendo una finale WTA in doppio e qualche onesto piazzamento in singolare (anche un quarto di finale al Roland Garros nel ’79) e arrivando come massimo intorno al n°50 del ranking. Allo stesso modo, è molto noto l’americano Brad Gilbert, oggi affermato coach, artista del “playing dirty”, ex-n°4 del mondo e vincitore di 20 titoli su 40 finali giocate, capace di battere nella sua carriera tutti i migliori, da Sampras ad Edberg, da Wilander a McEnroe da Becker a Courier ed Agassi. Pochi però ricordano la sua sorella maggiore, di due anni più grande, Dana, la quale negli anni ’80 giunse al 46°posto del ranking WTA e portò a casa due titoli, Indianapolis e Nagoya. Per completare il quadro, aggiungiamo che Harold Solomon, celebre giocatore americano a lungo tra i top ten durante gli anni ’70/80, finalista a Parigi nel 1976 contro Adriano Panatta e vincitore di 22 titoli ATP (best ranking n°5), aveva una sorella più piccola di lui di 11 anni, Shelley, che negli anni ’80 tentò la carriera come professionista, raggiungendo al massimo il n°82 WTA e giocando due finali consecutive, entrambe perse, al torneo di Tokyo. Negli anni ’70 e primi anni ’80, alle spalle dei grandissimi si segnalava anche un altro signor giocatore: Brian Gottfried. Di origine ebraica, fu protagonista di una grande carriera a livello giovanile e si ritagliò un importante ruolo nel circuito pro, dove fu ottimo singolarista e formidabile doppista. Classe 1952, fu capace di arrivare al n°3 del mondo e di conquistare ben 25 titoli Atp in singolare (su una cinquantina di finali disputate, vincendo tra gli altri Houston, Vienna, Parigi indoor, Washington e Las Vegas), oltre alla finale persa al Roland Garros contro Vilas (1977, suo anno d’oro, in cui giocò ben 15 finali) e ad una semifinale a Wimbledon (1980, sconfitto da Borg). Vinse con gli USA, da titolare, la Coppa Davis del 1978 ed in doppio fu uno dei più grandi specialisti della storia: in coppia soprattutto col grande messicano Raul Ramirez portò a casa ben 54 titoli, fra cui 2 Roland Garros ed un Wimbledon. La “sindrome di Patrick McEnroe” potrebbe avere colpito irrimediabilmente suo fratello minore Larry (1960), il quale dopo un’eccellente attività a livello giovanile e universitario (giocava alla pari con l’amico John McEnroe, che spesso batteva), tentò un approccio al circuito pro, raccogliendo ben poco e ritirandosi rapidamente. Anche Kevin, figlio di Brian, tentò per breve tempo il salto, ma la sua attività si concentrò a livello universitario, sinché non preferì definitivamente gli studi al tennis. Portando lo sguardo ancora un po’ indietro nel tempo, vogliamo menzionare i fratelli australiani Fraser: il più forte Neale (1933) fu capace di vincere a Wimbledon nel 1960 e due volte agli US Championships di Foresti Hills (1959 e 1960) e fu considerato nelle classifiche ufficiose il n°1 del mondo “amateur” nel 1959 e 1960. Vinse alcune volte il Challenge Round di Coppa Davis con la sua nazione, anche in una finale a senso unico contro l’Italia di Pietrangeli e Sirola, e conquistò il Career Grand Slam nel doppio (ed un totale di 11 titoli); fu per circa 20 anni il capitano del team australiano di Coppa Davis, con il quale portò a casa altre 4 volte l’insalatiera d’argento. Suo fratello John, di due anni più giovane, fu un discreto giocatore ma, dopo avere raggiunto, tra l’altro, la semifinale a Wimbledon nel 1962 (in singolare e doppio), preferì l’attività di medico, veste nella quale seguì a lungo la formazione australiana di Coppa Davis. Prima di Federer (e di Marc Rosset) c’era Heinz Gunthardt (1959): raffinato ed elegante giocatore svizzero, dotato di uno straordinario repertorio di colpi, capace di vincere 5 titoli in singolare fra il 1978 e 1983 (tra di essi Springfield nel ’78, quando fu il primo giocatore della storia capace di vincere un torneo dopo esser stato ripescato come “lucky loser”) e di arrivare al 22° posto mondiale in singolare. Grande specialista del doppio, specie in coppia con l’ungherese Balazs Taroczy, mise nel carniere 30 titoli di grande prestigio (fra cui Roland Garros 1981, Wimbledon 1985, Roma, Montecarlo, Master WCT, Amburgo e Stoccolma). Markus, suo fratello maggiore (1957) fu un modestissimo singolarista, avvicinandosi al duecentesimo posto, e un onesto doppista accanto al fratello (quando questi non era impegnato con Taroczy), sia in Davis (anche contro l’Italia al TC Grugliasco nel 1980, sconfitti da Panatta-Bertolucci), che nel circuito pro (tre titoli, due a Gstaad ed uno a Bastad, ed un 44° posto come best ranking). Due coppie di fratelli provenienti dalla lontana Oceania: dalla Nuova Zelanda arrivavano i non trascendentali Simpson. Jeff il più grande (1950) raggiunse più o meno la 65esima posizione ATP, poco meno del fratello minore Russell (1952) che arrivò fra i primi 50 in singolare e incamerò 6 titoli in doppio ed è ricordato per essere stato protagonista, insieme a Chris Lewis, di una terribile disfatta della squadra azzurra di Davis, quando nel 1982 batté a Cervia un Adriano Panatta in evidente declino. Più interessanti furono gli australiani Frawley: il baffuto Rod, del 1952, fu un top 50 a cavallo fra gli anni ’70 e ’80 ed è ricordato più che per l’unico titolo raggiunto in singolare ad Adelaide (ne portò a casa anche 5 in doppio), per la sorprendente semifinale raggiunta a Wimbledon nel 1981 quando, dopo aver battuto in un duro match Tim Mayotte, si arrese al futuro vincitore John McEnroe. Il fratello John, di tredici anni più giovane, arrivò sino al 35esimo posto mondiale: dotato di un discreto talento fu però bloccato da una serie di gravissimi infortuni che ne rallentarono la carriera, sino a bloccarla prematuramente. Meritano una citazione i fratelli peruviani Arraya: il maschio, Pablo (1961), fu un buon singolarista nel corso della prima metà degli anni ’80, dotato di notevole grinta e discreta regolarità. Arrivò sino al 29esimo posto, conquistando 5 finali ATP (solo una vinta, a Bordeaux nel 1983) e raggiungendo la semifinale al Foro Italico nel 1982, sconfitto da Teltscher; vanta in carriera vittorie su avversari del calibro di Wilander, Solomon, Mecir e Panatta. Più forte fu la sorella Laura (1964), spesso citata come Gildemeister (all’epoca era sposata con Heinz, fratello del più noto Hans…ne parleremo nella seconda parte), centrò 4 titoli WTA e 7 finali, conquistando i quarti a Wimbledon e diventando la seconda donna dopo Evonne Goolagong a vincere un torneo Wta (San Juan nel 1989) dopo il parto. Il suo best ranking fu il n°14. Per concludere, in tempi più recenti abbiamo avuto altre due coppie: MaliVai Washington (finalista a Wimbledon nel 1996, sconfitto da Richard Krajicek e vincitore di 4 titoli ATP, buon tennista arrivato al n°11 mondiale) e la sorella minore Mashona, arrivata al 50esimo posto del ranking WTA. Superiore la “qualità” dei fratelli ucraini Medvedev: Andrei, finalista a Parigi nel 1999 (quando Agassi rimontò due set di svantaggio) ebbe degli ottimi momenti, alternati ad una caduta e ad un successivo ritorno. Arrivò al n°4 del mondo, conquistando 11 titoli ATP (tra cui tre successi al Master Series di Amburgo ed uno a Montecarlo). Sua sorella maggiore Natalia Medvedeva fu una giocatrice piuttosto attiva negli anni ’90, quando mise nel carniere 4 titoli di singolare e 12 di doppio, raggiungendo come suo massimo il 21° posto mondiale.

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