-Questa notte, agli Us Open, è accaduto qualcosa di inspiegabile. Sul Grandstand, terzo campo in ordine di importanza all’interno del complesso che ospita il torneo, era in programma la sfida di ottavi di finale tra Juan Martin Del Potro e Dominic Thiem. Mi siedo, pensando di assistere ad una sfida interessante, equilibrata e ricca di colpi straordinari. Le premesse ci sono, i due sono tra i giocatori più potenti del circuito. Rimango spiazzato quando, dopo poco più di un’ora, il punteggio recita un pesantissimo 6-1 6-2 in favore dell’austriaco. Delpo non sta in piedi, arranca, sbuffa. Su Eurosport, opinione condivisa da molti, la cronaca recita un chiarissimo “l’argentino rimane in campo soltanto per rispetto del pubblico”. ‘E’ finita’ mi dico ‘che peccato’. Invece no, quando si parla di Delpo, così mi ricorda una sfida di Davis vinta contro Murray in Coppa Davis, non è mai finita. Lo capisco da un dettaglio, che a molti potrà apparire insignificante. Quando, sulla palla break del terzo set che porterà l’argentino a condurre 2-0, un dritto incrociato esce dalla racchetta del nativo di Tandil, il suono prodotto è quello di uno schiocco di frusta. Secco, preciso e letale. Il pubblico scoppia, è torcida totale.
Il quarto parziale non è altro che la dimostrazione di quanto, il dritto sopracitato, sia il colpo più letale mai visto su un campo da tennis. Thiem non puo’ nulla. Seguiranno altri due set di battaglie, di match point annullati, di scambi al cardiopalma. Un doppio fallo dell’austriaco consegna a Delpo la vittoria, le lacrime e la gioia per un successo tanto atteso, quanto meritato. Ci sono campioni che, con decine di Slam, hanno fatto la storia del tennis. L’argentino, pur vantandone attualmente soltanto uno, ha prepotentemente preso, con la sua storia, un posto tra i grandi.
-Il Nadal visto ieri con Dolgopolov è il migliore da quello gettatosi al suolo dopo l’errore di Wawrinka che gli ha consegnato la decima coppa al Roland Garros. Non è questione del domandarsi se, o come, l’ucraino abbia giocato. Molto più semplicemente, uno spagnolo in buona condizione ha il tennis per non permettere mai all’avversario di tenere il controllo delle operazioni, e così è stato. D’altronde, un 6-1 6-4 6-2 in un’ora e quaranta di match rende l’idea di quanto ci sia ben poco da commentare. Parliamo piuttosto della sfida successiva, quella di quarti di finale che lo vedrà opposto a Rublev, vincente sul claudicante Goffin in tre set. Il russo è forte, nonostante la giovane età. Un tipo di gioco che lo uniforma alla nuova generazione, fatto per lo più di pallate scagliate di dritto e rovescio. Non sarà, per Rafa, una sfida facile, simile, per svolgimento e letture tattiche, a quella che qualche settimana fa lo vide soccombere a Denis Shapovalov. Favorito lo spagnolo, senza dubbio, ma partita da seguire con attenzione.
-Roger Federer passeggia con Kohlshreiber, uno dei tanti buoni giocatori che mai sono stati, e saranno in grado di impensierire gli eletti Fab4. Il tedesco è uno dei miei pupilli, portatore sano di un tennis splendido e anacronistico, ma è al contempo fin troppo leggero e mentalmente succube per tentare di impensierire il Vate celestiale. Lo si legge subito, il punteggio finale, durante l’ingresso in campo dei giocatori. Philipp ha l’espressione di chi perderà tre set a zero ricevendo l’applauso dei tifosi svizzeri per non aver fatto sudare il loro beniamino. In sostanza, Federer fa ciò che vuole al ritmo che più desidera. Finito il secondo set si ritira nei sacri loculi per usufruire di un medical time-out chiamato dal nulla (dirà, in conferenza stampa, di aver sentito un irrigidimento del muscolo). Quarto di finale con Del Potro che, nonostante l’impresa odierna dell’argentino, avrà poche chance di ripetere l’exploit. Ricordiamoci come Delpo, ormai, giochi solo con un fondamentale, e lo svizzero, armato di nequizia, lo attaccherà quasi esclusivamente sul traballante rovescio. Sarà la sfida di giornata, ma servirà solo da preambolo per la semifinale con Nadal che tutti attendono da giorni.
-Tra le donne, non faccio in tempo a vedere Karolina Pliskova, che vince in 47 minuti con Jennifer Brady. Il sargente Vandeweghe, tra le ragazze meno fini che abbia in memoria su un campo da tennis, vince in due set sulla spiritata Safarova. Forte l’americana, certo, ma ho sempre l’impressione che, il giorno in cui le scriteriate padellate da lei così belluinamente prodotte non entreranno in campo, un piano B, nel suo gioco, non esisterà. Chi ha qualità indiscutibili è invece Madison Keys, vincente sulla furbizia silenziosa di Elina Svitolina. Si rivede Kaia Kenepi, tennista sulla via del pensionamento che, visto il livello attuale del tennis in gonnella, ha saggiamente deciso di disputare il torneo. Ad oggi è numero 418 al mondo, e raggiunge i quarti di finale di uno Slam.
Ah, che bellezza il circuito femminile.
Dal vostro acquiescente cronista è tutto.
A domani.