TC intervista Nitro: “A casa mia sentivo sempre nominare Sampras, Federer e McEnroe”

Il rapper del collettivo Machete ha appena pubblicato "No Comment", il suo nuovo disco, in cui ha citato Djokovic e Sampras. Potevamo esimerci dal chiedergli se fosse appassionato di tennis?

Ho ascoltato “No Comment”, il nuovo disco di Nitro, e dopo aver sentito i primi due pezzi in cui cita due mostri sacri del nostro amato gioco, non ho saputo trattenermi. Ho scritto al suo ufficio stampa che mi ha fissato un’intervista telefonica con lui: squilla il telefono e mi risponde il suo tour manager, che me lo passa. Ho iniziato così una chiacchierata di un quarto d’ora col membro della Machete, in cui abbiamo parlato del sacro (del tennis) e del profano (il disco).

Nitro, nel tuo disco, in “Buio Omega” e in “Infamity Show” citi rispettivamente Djokovic e Sampras, due che bene o male li conoscono tutti, ma non sono esattamente popolari come Cristiano Ronaldo e Messi, per intenderci: ti piace il tennis?

Si, mi piace e l’ho praticato quando avevo dieci anni. Da piccolo giocavo anche a calcio, perché come sai sono due sport che si conciliano molto bene. Poi il tennis è lo sport preferito dei miei genitori, quindi a casa li sentivo sempre nominare gente come McEnroe, Djokovic, Sampras e Federer. Ora però in realtà non ho più molto tempo per seguirlo. Ho inserito questi due nomi per cercare di dare un ulteriore tocco di originalità al disco, perché come hai detto tu i calciatori sono sempre sulla bocca di tutti.

Ed è stata un’ottima scelta, secondo me. Parliamo ora del tuo disco. “Ho fatto bene” è uno dei pezzi che più mi ha colpito dell’album anche per la diversità di contenuti rispetto a quelli che di solito si trovano nel rap. In un certo senso dici di essere arrivato a una conoscenza più profonda di te stesso grazie al tuo passato: sei passato dal freestyle alla scrittura di pezzi solo per un fatto di maturità artistica o anche per raggiungere una conoscenza personale più completa e profonda, che ora dici di aver raggiunto?

Diciamo che l’ho fatto un po’ per entrambe le cose. Di sicuro il mio passato mi ha aiutato a capire meglio chi sono, ma queste sono tuttora domande che ancora mi faccio tutti i giorni, tutto il giorno: chi sono, da dove vengo, dove sto andando. Ovviamente scrivere mi ha aiutato, come lo hanno fatto anche altre cose o persone, come per esempio la mia fidanzata. L’ho fatto anche per cercare di capire meglio le luci e le ombre che ognuno di noi ha nella vita, ma come ti ho detto prima sono domande che mi pongo tuttora a cui cerco di dare una risposta.

Volevo parlarti proprio della tua fidanzata. San Junipero uno e due sono due fasi della tua storia d’amore: nella prima parte implori la tua lei di starti vicino nonostante i tuoi difetti, mentre nella seconda inizi dicendo che quello che avevi descritto prima era tutto un sogno. Sembra quasi che anche “Ho fatto bene” sia un pezzo collegato a questi due; prima sei arrivato a conoscere te stesso, poi hai reso partecipe la tua fidanzata della parte più profonda di te, infatti scrivi “se accarezzi questi tagli potrai conoscere quello che ho dentro”. È giusta come interpretazione? Tra i fini del disco c’è anche quello di rendere partecipi gli altri della tua storia d’amore?

Si, è perfetta. Sono contento che tu me lo dica perché sei il primo che l’ha compreso a fondo (io al telefono sorrido e mi imbarazzo compiaciuto, ndr). Sono due pezzi che avrei voluto fossero uniti ma che poi ho tagliato per ovvie ragioni di tempo e di coerenza con il resto del disco. È proprio la mia storia d’amore: sono riuscito ad averne una così intesa proprio grazie al fatto che sia felice del mio passato, e perché conoscendomi meglio è risultato immediato condividere me stesso con una persona.

nocomment

Da “Margot”, in cui parlavi della donna come “bambola di pezza senz’anima” ad ora sono cambiate molte cose: la tua concezione della donna è cambiata perché ti sei fidanzato o perché sei cresciuto?

Diciamo che sono fasi della vita. Nei primi dischi ero più rabbioso verso il mondo, e ora non potevo permettermi di fare un prodotto uguale a “Suicidol” o a “Danger” (i suoi dischi precedenti, ndr) discograficamente, e neanche soprattutto perché sarebbe stato incoerente verso me stesso, che sono cambiato con gli anni. Chiaramente credo che la mia ragazza mi abbia aiutato sotto questo punto di vista. Comunque questo per me è un disco di transizione, non sono più quello di prima ma non ho neanche raggiunto la maturità piena per poter dire “sono così e i miei dischi saranno sempre così”, anche se credo che non succederà mai.

In “Horror Vacui” è presente un odio verso te stesso quasi viscerale, alimentato dall’attrazione verso il pericolo. Scrivi anche che la tua vita non è abitudine perché è come se avessi l’avessi oltrepassata, trasformandola in sconforto: sei stato ispirato dalla filosofia di Kierkegaard? Ci ho pensato perché citi la vertigine un po’ come se fosse una libertà, proprio come il filosofo danese, e perché so che tu sei un avido lettore.

In realtà io non ci avevo pensato, ma sono felice che tu l’abbia fatto perché ognuno è libero di dare la sua interpretazione personale a ciò che scrivo. Il mondo alla fine è un continuo ripetersi di cose, sentimenti ed emozioni. Ai tempi di Kierkegaard c’erano alcune situazioni che ci sono anche ora e che si ripeteranno all’infinito, perché sono innate. Credo che sarà così per sempre.

Dopo questa domanda, e dopo avergli fatto i miei più sinceri complimenti per il disco, Nitro ed io ci siamo salutati. Ringrazio lui, Emanuele (il tour manager) e Luca (ufficio stampa), per la rara disponibilità e gentilezza dimostrata nei miei confronti.

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