Essere Kei Nishikori

Disciplina, etica del lavoro e tecnica tennistica danno vita al più forte tennista giapponese di tutti i tempi

Il Masters 1000 di Montecarlo ha riportato in auge un nome scomparso dai radar negli ultimi tempi, ovvero Kei Nishikori. Il giapponese ha raggiunto la finale, disputando un torneo di tutto rispetto, guadagnandosi l’ultimo atto dopo aver battuto, tra tutti, Marin Cilic e Alexander Zverev. Niente ha potuto, però, contro Rafa Nadal, che sui suoi campi ha dimostrato di essere ancora superiore. Eppure Nishikori aveva già dato prova di essere in grado di far male al re della terra: finale di Madrid 2014, Kei va avanti 6-2, giocando un tennis sublime. Nel secondo parziale, sfortunatamente per lui, inizia ad accusare un infortunio che lo porterà poi al ritiro nel set decisivo.

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Sono proprio gli infortuni che hanno reso la carriera di Kei forse meno splendente di quanto sarebbe potuta essere. Il percorso tennistico del nipponico è stato sempre in bilico tra periodi di ottima forma e mesi di totale lontananza dal campo. L’ultimo in ordine cronologico risale all’estate 2017: un infortunio al polso che costrinse Nishikori a terminare anzitempo la stagione con zero titoli conquistati e un anno successivo che l’avrebbe visto fuori dai primi 15. Nonostante tutto, il buon Kei nella sua patria è una vera e propria star. Per questa ragione, Nishikori vive negli USA e ogni qual volta torna in Giappone viene assalito da un affetto e un calore esagerato: nel 2016, un suo allenamento a Tokyo fu visto da 9000 persone!

Tutto questa adorazione, però, non è frutto del caso: Nishikori si può considerare a tutti gli effetti il tennista giapponese più forte di sempre. Fa sorridere pensare che all’inizio della sua carriera, Nishi si fosse posto come obiettivo il cosiddetto “Project 45” – come testimonia il suo coach Bottini – che consisteva nel superare la posizione numero 45 del ranking, massimo risultato raggiunto da un tennista nipponico (Shuzo Matsuoka). Nishikori si è spinto addirittura oltre, riuscendo a conquistare la posizione numero 4 della classifica ATP, il 2 marzo 2015.

La sua simbiosi con il popolo giapponese ha raggiunto il proprio apice durante le Olimpiadi di Rio del 2016, quando Nishikori è riuscito a conquistare la medaglia di bronzo, battendo nel match decisivo proprio Nadal. Il giappone non portava a casa una medaglia dal 1920 e Nishikori, a distanza di 96 anni, ha riempito nuovamente il medagliere nipponico. A questo, si aggiungono le due vittorie nel torneo di casa datate 2012 e 2014.

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Ciò che è sempre mancato a Nishi e che l’ha sempre portato a essere bersaglio della critica è stata la continuità, soprattutto nei tornei del Grande Slam. Il 2014, l’anno migliore del giapponese a livello di titoli conquistati (quattro), l’ha visto raggiungere la finale degli Us Open, partita nella quale, però, non è stato in grado di opporsi alle bordate di Marin Cilic. Per il resto, 5 quarti di finale tra Australian Open (3) e Roland Garros (2) e solo un ottavo a Wimbledon (2014). Il modo di giocare del giapponese, fatto di rapidi movimenti e dominato da un rovescio perforante, ha fruttato 11 titoli complessivi, la già citata medaglia olimpica e altre 10 finali.

Tornando all’attualità, Nishikori è tornato a raggiungere una finale ATP dopo oltre un anno. Restringendo il cerchio ai Masters 1000, da oltre un anno e mezzo (Rogers Cup 2016). Da oggi, Kei sarà numero 21 del mondo e questo fa presumere che potrebbe essere una mina vagante per i prossimi tornei. e se il giapponese sarà in condizione, sarà un pericolo per tutti.

Kei Nishikori, of Japan, reacts after defeating Milos Raonic, of Canada, during the fourth round of the U.S. Open tennis tournament in the early morning hours of Tuesday, Sept. 2, 2014, in New York. (AP Photo/Jason DeCrow) ORG XMIT: USO634
Kei Nishikori, of Japan, reacts after defeating Milos Raonic, of Canada, during the fourth round of the U.S. Open tennis tournament in the early morning hours of Tuesday, Sept. 2, 2014, in New York. (AP Photo/Jason DeCrow) ORG XMIT: USO634
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