Un bel po’ di tempo addietro, i pomeriggi del giovane Fernando Verdasco erano una routine: quando l’orologio segnava le 17 in punto, Fernando, che allora aveva 7 anni, tornava a casa da scuola, lasciava lo zaino con i libri e si affrettava a raggiungere la struttura tennistica di Madrid, per guardare il suo attuale allenatore, Ignacio Truyol, e il suo ex allenatore, Juan-Luis Rascon-Lope, affinare la loro tecnica sui campi da gioco. Il suo scopo era duplice: quel bambino voleva imparare dai suoi futuri mentori, ma al tempo stesso sperava anche di ottenere qualche minuto di tempo sul campo con i professionisti. E, se questo non accadeva, Fernando si limitava ad imitare i loro colpi e i loro movimenti giocando contro un recinto. A tanti anni di distanza, come allora, molti sono i bambini spagnoli, da poco avvicinatisi al tennis, che ammirano Verdasco, ormai veterano del circuito. Lo spagnolo ha raggiunto ieri, battendo il nostro Lorenzi proprio a Madrid, il prestigioso traguardo delle 500 vittorie in match ufficiali ATP, affiancandosi ad altri grandissimi della racchetta capaci di raggiungere questa cifra.
“Fernandito era un bambino che amava il tennis” ha detto di lui il suo ex coach “Tati” Rascon-Lope all’ATP. “La sua famiglia viveva vicino al ristorante di loro proprietà, ed il ristorante si trovava vicino ai campi da tennis dove Nando ha iniziato ad allenarsi con Nacho Truyol. Veniva sempre a vederci giocare, sperando di poter colpire qualche pallina con noi. E credetemi, anche se aveva ancora 7 anni, già vedevamo in lui il potenziale per diventare un professionista, un giorno“. E avevano ragione. A soli 16 anni, Fernando guadagnò il suo primo punto ATP vincendo un match in un torneo Futures, e due anni dopo, sfidò in finale di un altro torneo Futures nelle Canarie il suo coach e mentore Rascon-Lope; pur perdendo quel match, Verdasco annunciò il suo ingresso nel circuito dei professionisti, impressionando gli addetti ai lavori. Infatti, poco meno di un mese dopo quella finale, Verdasco, allora n. 389 del mondo, vinse il suo primo match ufficiale in un ATP World Tour Event. Ma gli mancava ancora la maturità necessaria per competere con i migliori, e questo fu il momento in cui un nuovo coach, Jesus Manteca, entrò nella sua vita.
“Fernando in quel momento stava combattendo con i propri obiettivi, che avrebbe voluto raggiungere molto velocemente. Ciò che voleva era chiarissimo in teoria, ma in pratica, il processo per ottenerlo era molto più lungo e complicato, e senza scorciatoie. Aveva tutte le qualità necessarie, tecniche e atletiche, colpiva la pallina molto più forte di Carlos Moya e Juan-Carlos Ferrero, ma era la solidità mentale l’aspetto su cui doveva ancora lavorare molto” ha dichiarato Manteca. E sicuramente il duro lavoro ha dato i suoi frutti nel corso degli anni. Sin dal 2001, anno in cui è diventato professionista, Verdasco ha raggiunto degli ottimi traguardi in carriera. 7 titoli ATP conquistati e 16 finali, inclusa quella al Masters 1000 di Montecarlo nel 2010 contro Nadal. Sempre contro Nadal, Verdasco è stato protagonista di un incontro a dir poco stellare, mostrando forse il suo miglior tennis di sempre, in semifinale agli Australian Open del 2009, anno in cui ha anche raggiunto il suo best rank di n. 7 del mondo.
Verdasco ha inoltre dimostrato un’ottima attitudine a giocare sotto pressione: detiene infatti un record di 23-21 nei match conclusi al quinto set, come ad esempio la vittoria su Nadal agli Australian Open del 2016, al termine di un match tiratissimo concluso con un dritto vincente devastante da parte di Nando. E con la vittoria di ieri a Madrid contro Paolo Lorenzi, ora lo spagnolo è entrato nel club elitario di quei tennisti che hanno raggiunto le 500 vittorie in carriera. Nando si piazza al nono posto di questa speciale classifica fra i tennisti ancora in attività, subito dietro Richard Gasquet, che ha raggiunto quota 500 durante il recente torneo di Montecarlo.
Con tutti i match che ha giocato e vinto, è difficile per Verdasco elencare le vittorie più belle. “E’ difficile sceglierne una. Il primo torneo vinto a Valencia ha un valore speciale, ma le vittorie su Murray e Tsonga agli Australian Open del 2009 le ricorderò sempre, così come i tornei vinti a San Josè (finale contro Roddick) e Barcellona (contro Soderling) nel 2010, e ci aggiungo anche la mia prima vittoria qui a Madrid (contro Bjorkman, nel 2004)”. Ma Verdasco, protagonista di diverse vittorie contro big e di autentiche maratone, è ancora estremamente competivivo.
“Ho 34 anni anni, e ancora combatto contro ragazzi di 20, 21, 22 anni, molto più giovani di me. Loro hanno molti meno chilometri di me nelle gambe, quindi devo lavorare duro, rimanere concentrato e crederci sempre, di poterli battere. Ognuno, nella vita, affronta delle avversità; fare il tennista professionista è un lavoro duro, ci sono volte in cui vorresti solo rilassarti su una spiaggia o divertirti con i tuoi amici. Ma quando ci resto lontano (dal tennis, ndr) per una settimana, mi manca. Ho voglia di tornare in campo, allenarmi in palestra, lavorare duro per continuare a migliorarmi ed essere in grado ancora di competere con i migliori del mondo. Spero di avere ancora margini di miglioramento e spero di avere ancora alcuni anni come tennista professionista competitivo”.