Oggi soffierà su 37 candeline Jelena Dokic, in concomitanza con la Pasqua. L’ex tennista australiana, ma di origini slave – è nata nell’attuale Croazia -, oggi è serena, ha da qualche anno cominciato a costruire una vita dopo il tennis, ma mai senza il tennis, cimentandosi come coach, scrittrice, giornalista e telecronista. Jelena è stata troppo spesso sotto ai riflettori per le tante vicissitudini avute nella sua vita privata, mettendo in ombra un inizio di carriera da predestinata, un tennis talentuoso, potente e completo, che poteva portarla in cima al mondo. Ma quella ragazzina australiana non giocava solo contro le avversarie. Quando il match finiva aveva tutto un altro mondo da gestire, un mondo che la opprimeva, che la soffocava.
A soli 16 anni Dokic metteva a segno uno dei più grandi upset dell’era moderna, quando da qualificata demoliva la numero 1 del mondo Martina Hingis, issandosi poi fino ai quarti di finale, in quello che era appena il suo secondo torneo dello Slam disputato. Solo la prima delle numerose vittorie su una numero uno del mondo. Se è vero che la sua carriera è iniziata presto, c’è da dire che è anche finita ben prima del previsto. Ma cosa ha fermato Jelena, per chi non conoscesse la sua storia? Gli elementi sono stati due: l’ambiente famigliare e gli infortuni. Un anno dopo, nel 2000, Jelena tornava a Wimbledon con più esperienza e metteva a segno la sua migliore prestazione in un Major, raggiungendo le semifinali ma cedendo poi a Lindsay Davenport, vera esperta dell’erba londinese. Un altro grande exploit per una ragazza di appena 17 anni che stava scalando il ranking a gran velocità e che era agli occhi di tutti una promessa del tennis non solo australiano, ma mondiale. Non tutti però erano così entusiasti di quel risultato. “Sei patetica, sei una mucca senza speranza, non tornare a casa. Sei un imbarazzo. Non puoi stare al nostro hotel. Devi andartene e trovare un altro posto dove dormire. Stai a Wimbledon e dormi lì da qualche parte, non mi interessa”. Sono queste le parole che sente Jelena al telefono subito dopo quel match. Dall’altra parte, a parlare, c’è suo padre Damir, il grande avversario della sua carriera.
A raccontare la vicenda è lei stessa, nel suo libro “Unbreakable”, pubblicato nel 2017 e andato in cima alle classifiche australiane nelle prime 24 ore. Per la prima volta vengono chiaramente confermati i dubbi di abuso, verbale e fisico, a cui Jelena era stata sottoposta fin dalla sua prima volta sul campo. Damir le sputava in faccia, le tirava i capelli, la prendeva a calci, una volta persino vicino alle orecchie e al viso, mentre lei era sdraiata a terra. È tardi per prendere provvedimenti, li avrebbe voluti anni fa, quando invece la federazione australiana non indagò a sufficienza. Quella volta a Wimbledon fu ritrovata in tarda serata da sola nella zona giocatori e il tournament referee le trovò un alloggio. Fu il padre a scegliere per lei di giocare per la Iugoslavia e poi per la Serbia e Montenegro, decisione che non andò mai giù a Jelena, che sarebbe infatti tornata australiana poco tempo dopo, rompendo così i legami con la famiglia. Passarono altri anni e ci fu la riappacificazione anche con il padre-padrone, dopo che tempo prima si era allontanata anche da madre e fratello. Era però già troppo tardi per ridare serenità alla carriera di Jelena,q e comunque quella pace non restò a lungo.
L’altro grande ostacolo è stato il suo fisico, troppo fragile. Nel corso degli anni si è perso il conto del numero di ritiri, tra quelli prima di scendere in campo e quelli arrivati a partita in corso. Tanti, troppi, per motivazioni sempre diverse. Ci sono state anche assenze lunghe mesi, dovute a cause non specificate, e troppe volte Jelena ha dovuto ricominciare quasi da zero. Nel 2005 era ripartita dagli Itf, ma il vero ritorno ad alti livelli arriva solo nel 2009, quando dopo essersi guadagnata la wildcard per il main draw degli Australian Open regala a sé stessa e al pubblico un’ultima grande corsa, un’ultima occasione per sognare in grande. Dopo le vittorie lottate contro Tamira Paszek e Anna Chakvetadze è arrivata la vittoria in rimonta sulla numero 11 del mondo Caroline Wozniacki e a seguire la quella al fotofinish contro Alisa Keybanova, raggiungendo così per la prima volta i quarti di finale dello Slam di casa. C’è uno stato di euforia generale, un senso di rivalsa, una seconda chance. Ai quarti c’è Dinara Safina a sbarrarle la strada, ma la via del ritorno sembra intrapresa. Nel corso del torneo l’allora 26enne rivela di non avere ancora contatti con il padre ma di aver ripreso i rapporti con madre e fratello. Nel corso dell’anno ritrova anche una buona classifica, a ridosso delle prime 50, ma nel 2010 gli infortuni la tengono ferma gran parte del tempo, facendola uscire di nuovo dalle prime 100.
Nel 2011, a Kuala Lumpur, torna a vincere un trofeo WTA dopo ben 8 anni, e lo fa battendo Lucie Safarova in finale. Pochi mesi dopo, a s’Hertogenbosch, Dokic si spinge ancora in finale e sfiora il trofeo, ma deve cedere dopo una dura lotta ad una sontuosa Roberta Vinci nella sua ultima grande apparizione. Nei mesi seguenti Jelena si vede poco sui campi e in autunno gioca il suo ultimo match della stagione, poco dopo la riconciliazione, forse definitiva, col padre. Dal 2012 tutto comincia a cadere a pezzi. Il fisico dà sempre più problemi, costringendola a mesi di stop durante i quali pianifica un grande ritorno, che però non avverrà mai. A inizio 2014 prova a guadagnarsi la wild card per Melbourne, fallendo e annunciando la fine della sua travagliata carriera. Come già detto, si è poi messa in gioco in altre vesti, da coach di Daria Gavrilova – in crisi nera da diverso tempo ormai – a telecronista, passando appunto dal suo libro. Ad oggi, quando si parla di Jelena Dokic si pensa immediatamente agli abusi, alle difficoltà, in modo molto simile a quanto accade con un’altra giocatrice con cui condivide tanto, tantissimo, ovvero Mirjana Lucic.
Oggi, nel giorno del suo compleanno, prendiamo un impegno. Festeggiamo Jelena la guerriera, la grintosa, la bombardiera, la ragazza che prendeva a pallate tante esperte del circuito, e andiamo tutti a vedere almeno qualche punto di uno dei talenti più puri degli ultimi decenni, perché se lo merita. Tanti auguri Jelena, mancata leggenda.