Musetti e Bellucci, due facce della stessa medaglia

Lorenzo Musetti approda ai quarti dell’ATP 250 di Chengdu, Mattia Bellucci deve arrendersi agli ottavi del torneo parallelo di Hangzhou dello stesso calibro

Di Damiano Battiato

Dopo una lunga pausa di tre settimane, dopo una lunga trasferta e dopo una lunga attesa dovuta all’ottavo di finale parallelo giocatosi sullo stesso campo, Musetti incrocia la racchetta contro l’australiano Christopher O’Connell nel Center Court di Chengdu, in Cina, tant’è vero che l’ora indicativa programmata all’inizio risultava le 8:20 italiane, circa due ore dopo è effettivamente iniziata la partita visto che il francese Mannarino ha faticato molto per battere il giovanissimo padrone di casa Zhou.

Parte alquanto rilassato Musetti, forse anche troppo per aver steccato il primo colpo della partita; ancora bisogna ingranare, il rendimento a servizio non è il massimo desiderabile, ma è sufficiente qualche scambio non troppo consistente per portarsi a casa il game. Anche al turno di servizio dell’avversario trapela una discontinuità da sistemare: proprio quando lo scambio sembra impostato in una situazione stabile dopo il servizio dell’avversario, Musetti replica un’involontaria steccata simile a quella inaugurale non facente altro che spedire la palla in tribuna.

Situazione molto paritaria dunque, inoltre, se da un lato O’Connell scambia bene lungo la diagonale mettendo in difficoltà il rovescio di Musetti, dall’altro lascia degli spazi invitanti che vengono sfruttati molto bene dalle accelerazioni di dritto di Musetti, fino a qui la sua arma più efficiente.

Bisogna attendere il quinto game per il primo vero scambio della partita, giocato molto sulla pazienza, sulla fisicità, sull’errore avversario, come in una partita di scacchi: oltre a riproporsi i punti di forza e di debolezza dei due tennisti, a riproporsi lo è anche il rovescio di Musetti che esce in accelerazione dallo scambio spiazzando O’Connell.

Stiamo sul 3-2 per Musetti, ed è qui che il rovescio ad una mano diventa il punto chiave degli scambi, lo stesso che permette all’italiano di portarsi a due palle break a disposizione, prima dopo essere uscito da un assestato scambio diagonale, poi dopo un beffardo passante in risposta al tentato serve and volley dell’australiano; chiude Musetti con una smorzata eccellentemente eseguita a cui O’Connell arriva, ma a cui in risposta non riesce a calibrare il passante che si spegne sul corridoio laterale, 4-2.

Il break lascia il tempo che trova, sia per un pizzico di sfortuna che fa toccare all’avversario il nastro modificando bruscamente la traiettoria a Musetti oramai piazzato davanti alla rete, sia per altrettanta sfortuna che lo sfavorisce su una seconda di servizio, risultante fatale per aver ceduto il pallino del gioco all’avversario, tra l’altro rimanendo a secco, tutto da rifare e 4-3.

Partita molto equilibrata fino alla fine del set, perché da un lato è Musetti ad esprimere il suo stile di gioco elegante sin dal servizio, volto a defilare eccessivamente l’avversario per poi assestare un dritto millimetricamente parlando perfetto nel toccare la linea laterale opposta, dall’altro è O’Connell che gode di un’iniziativa più offensiva e propositiva, condita con accelerazioni profonde che costringono Musetti a giocare qualche metro di troppo dietro la linea di fondo campo.

Il tie-break quindi è inevitabile, vi sono fino al 5-5 solamente una palla break a testa: Musetti la ottiene procedendo passo dopo passo, colpo dopo colpo verso la rete per poi apparecchiarsi una volèe molto comoda, O’Connell allo stesso identico modo per via di un errore grossolano finale da parte di Musetti sotto rete. L’italiano alla fine serve bene, ma non riesce successivamente a far partire lo scambio per il suo mal posizionamento in campo, impatta troppo in basso la palla e altrettanto bassa la deve rinviare, verso la rete, regalando dunque un set sofferto all’avversario.

Dopo una perfezione iniziale a servizio da parte dei due che li porta sull’1-1, Musetti non sfrutta al meglio un rendimento al servizio poco ideale dell’avversario, dovrebbe essere già alla seconda di servizio inoltrata pronto ad aggredire e guadagnare campo e, seppur si concede due palle break, segue la quasi perfezione dell’australiano, si toglie il quasi se a completare l’ottimo lavoro fatto a servizio si aggiungono i suoi contropiedi eseguiti col giusto tempismo.

Bisogna aspettare il quinto game per il break di Musetti, giunto sul 40-30 dopo un lungolinea da manuale così convertito dopo una smorzata poco convincente dell’australiano. Da questa fase in poi l’italiano appare piuttosto altalenante, alternando colpi martellanti, volti a concedergli una pregevole palla sotto rete da accomodare nel campo avversario, a delle costruzioni dal basso, giuste sia nelle intenzioni che nelle esecuzioni, fino alla volèe finale, sbagliata persino a fronte di un avversario che chiude male gli spazi disponibili.

Se quando serve O’Connell sul 4-2 lo stile di gioco di Musetti è più sperimentale, volto alla continua ricerca di rovesci lungolinea, quando serve quest’ultimo l’australiano deve sempre ricevere la prima esattamente all’altezza di dove si trova la scritta della città sul cemento se vuole poi impensierire Musetti eseguendo qualche passettino avanti a servizio effettuato, con lo scopo di partire subito aggressivo e guadagnare preziosi tempi di gioco; tuttavia, Musetti si difende bene ed è più abile nei batti e ribatti ravvicinati ora frequenti più che mai, 5-3. I conti sono fatti alla fine del set, i due tennisti servono bene ma è Musetti a vincere il secondo set 6-4.

Quando sul terzo set i servizi mediamente diventano inefficaci (e a questo punto sono già passati tre game), servono scambi pazienti, fisici e metodici per assicurarsi il punto, talvolta richiedenti un livello tecnico elevato: Musetti si porta a casa così il quarto game, grazie a dei dritti profondi che già mancavano da qualche game.

Musetti è ben più che sufficiente anche quando si parla di smorzate, una soluzione poco frequente ma molto efficiente: questo è uno dei punti che gli permette di avere l’occasione di portarsi in vantaggio di game lungo il set, vinto per aver giocato bene, cosa che però va a pari merito con un’insufficienza evidente da parte dell’australiano che esegue la giocata sbagliata al momento sbagliato (come ad esempio tentare una palla tagliata e profonda quando si ritrova svariati metri dietro la linea di fondocampo e da posizione defilata, di fatto rinviando a rete), 3-2.

Analogamente a quanto accaduto a primo set, anche nel terzo il break lascia il tempo che trova a fronte di un Musetti troppo permissivo a servizio che lascia spazio a giocate di classe dell’australiano, spesso accelerazioni diagonali, 3-3.

Sembra KO Musetti da questo punto in poi, la sua smorzata esce di poco a lato con O’Connell superato sotto rete che la guida con lo sguardo e un po’ di brivido, lo stesso a cui deve reagire Musetti in un momento cruciale della partita dopo essere sotto ancora una volta a servizio sullo 0-40, reazione che non viene fuori.

Se sul 3-5 con O’Connell che serviva per l’incontro vi era un barlume di speranza per il suo primo doppio fallo dell’incontro, questo barlume diventa la luce fuori dal tunnel dell’oscurità dopo che O’Connell sbaglia di misura uno scambio fondamentale, rinviando la palla appena di un pelo oltre la riga di fondocampo, 4-5.

Anche qui bisogna chiudere i conti al tie-break visto l’ottimo rendimento a servizio dei due: a fare il primo passo è Musetti, letteralmente visto che è il primo a ricevere, virtualmente nel senso che è il primo a conquistare un preziosissimo e pesantissimo punto a servizio contro che lo porta sul 3-1; la racchetta a questo punto pesa tantissimo, ma il servizio eccellente di Musetti non lo dà a vedere, neanche sul 6-4 per lui.

Così recitando il punteggio, 6-7 (5-7), 6-4, 7-6 (7-4), Musetti si assicura il passaggio ai quarti di finale contro il francese Mannarino.

Musetti era, dunque lo è ancora, l’ultimo baluardo azzurro rimasto a Chengdu dopo le eliminazioni dei colleghi connazionali Sonego e Fognini nel turno precedente gli ottavi; Mattia Bellucci si ritrova in una situazione analoga, ma all’ATP 250 di Hangzhou dopo le eliminazioni di Nardi e Darderi, e diametralmente opposta sulla carta per l’avversario che deve affrontare, il cinese Zhang, 48° al mondo (Bellucci è 108° per dare un’idea), nonché miglior tennista del suo paese in circolazione, tra l’altro in un campo in cui veste i panni del beniamino dei tifosi.

La tipologia di campo sembra essere quella più congeniale al cinese, soprattutto se si considera che la stragrande maggioranza dei suoi punti deriva da degli scambi inoltrati dal fondo del campo dalla profondità disarmante, di fatto ulteriormente accelerati: sin da subito, Bellucci si ritrova estremamente in difficoltà, non può concedere una palla sulla destra di Zhang che questi replica con un dritto irraggiungibile, difficoltà che si ripercuote spesso e poco volentieri nei turni di servizio dell’italiano. Appare infatti molto altalenante e discontinuo Bellucci in questa fase dell’incontro, tentenna persino il suo servizio, e a giocate efficienti in cui allarga il gioco per ricavarsi spazi invitanti in cui ribattere, alterna steccate da dimenticare. Gli va bene fino al 3-3, il sesto è il miglior game per lui, quello in cui non concede neanche un punto all’avversario, contrariamente ai suoi turni a servizio precedenti dalle oltranze infinite.

Se prima Zhang non arrivava a chiudere per un’imprecisione dovuta ad una spasmodica fretta di chiudere lo scambio della palla break, oppure per delle smorzate rare ben assestate da Bellucci che lo costringevano ad accentrarsi a rete con poche idee sul da farsi a seguire, si porta sul 5-3 grazie a degli errori sfortunati da parte dell’italiano, sia millimetricamente parlando quando questi gioca cercando le linee laterali, sia tecnicamente parlando, perché gli errori di Bellucci non fanno mettere le mani tra i capelli, si trattano per lo più di giocate che rallentano il gioco ma che di fatto agevolano di più il cinese.

La vittoria del set da parte di Zhang viene di conseguenza, non si può neanche togliere alcun merito a Bellucci perché il cinese gioca davvero molto bene, non mancando neanche di entusiasmare il pubblico molto partecipe pure in una partita del calibro di un ATP 250. Più che altro forse Bellucci dovrebbe cercare di cambiare stile di gioco provando più soluzioni corte e giocando di più sul rovescio dell’avversario, perché altrimenti il dritto di Zhang diventa veramente ingiocabile.

Non parte nel migliore dei modi il secondo set per Bellucci, al contrario, è il cinese a lasciarlo a secco al suo turno di servizio e portarsi in immediato vantaggio. Quando serve questi invece, la metà delle volte concretizza a servizio, il resto delle volte non deve neanche scambiare troppo, potendo costringere l’avversario, dopo avergli fatto fare il tergicristallo, ad un campanile che nel migliore dei casi si spegne qualche metro oltre il fondo campo. Bellucci prova tutte le soluzioni che ha in mente durante il suo turno di servizio, ma ognuna di esse risulta essere inefficace: quando sembra avere l’iniziativa, Zhang ribalta le carte in tavola piegando il suo sinistro, il servizio non inquadra il rettangolo apposito nel tentativo di cercare una soluzione tagliente e ad uscire, portarsi fuori dalla traiettoria dritta di Zhang è impossibile senza cedergli il punto, o per una potenza non adeguatamente controllata o per la fretta di cercare soluzioni angolate che si spengono tuttavia largamente a lato.

Così Bellucci, costante vittima di un gioco enigmatico che eccellentemente detona la sua potenziale esplosività, addirittura subisce un cappotto da dimenticare, 6-0 è il risultato più onesto per quello che è stato espresso in campo da parte dei due tennisti.

Dopo appena un’ora e 17 minuti di gioco, anche Bellucci, dunque il pezzo di Italia rimasto, è fuori dai giochi di Hangzhou.

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