L’inizio della rincorsa su terra rossa
Novak Djokovic torna al Rolex Monte-Carlo Masters con una missione chiara: conquistare il suo 100° titolo ATP in carriera. A 37 anni, con un palmarès da leggenda, il serbo non ha ancora alzato un trofeo in questa stagione, e l’ultimo trionfo resta l’oro olimpico di Parigi 2024, che però non rientra nei titoli ATP ufficiali.
Reduce dalla finale di Miami — persa contro il sorprendente teenager ceco Jakub Mensik — Djokovic approda nel Principato con sensazioni contrastanti: da un lato l’amarezza per una sconfitta arrivata al termine di due tie-break, dall’altro la consapevolezza di aver espresso un tennis di altissimo livello. “È stato un po’ amaro perdere la finale, ma ho servito bene, ho giocato bene. Sono stato solo un po’ sfortunato, lui è stato migliore nei momenti decisivi. Questo mi dà tanta motivazione e positività”, ha dichiarato.
Il ritorno delle emozioni e la presenza del fratello Marko
Uno degli elementi che distingue questa tappa nel calendario del campione serbo è la presenza del fratello Marko Djokovic, al suo fianco durante il torneo. Un dettaglio tutt’altro che marginale. “Avere mio fratello con me mi aiuta a un livello diverso, sul piano emotivo. Passare del tempo con lui, anche in viaggio, è qualcosa di speciale”, ha confidato Djokovic, sottolineando quanto il supporto familiare incida sul suo stato d’animo in campo.
L’assenza questa settimana del nuovo collaboratore Andy Murray, con cui ha iniziato un’inedita partnership all’inizio del 2025, non sembra pesare troppo. Lo scozzese, presente nei tornei di Melbourne, Indian Wells e Miami, tornerà probabilmente per il Masters di Madrid.
La condizione fisica e la sfida alla terra
Il cammino di Djokovic sulla terra rossa inizia in salita anche dal punto di vista fisico. A Miami ha accusato un’infezione virale e una fastidiosa infiammazione all’occhio, che hanno influito sulla prestazione finale. “È iniziato tutto il giorno delle semifinali e mi ha condizionato anche in finale, ma ora si sta attenuando”, ha spiegato, lasciando intendere di essere sulla via del recupero.
Il numero cinque del mondo, due volte vincitore a Monte Carlo, ha ammesso di non avere grandi aspettative per questa prima tappa sul rosso: “Non ho avuto molto tempo per abituarmi alla superficie, quindi non punto troppo in alto. Però quando gioco bene, come a Miami, ritrovo l’ispirazione e la voglia di andare avanti”. Una dichiarazione che rivela l’eterna lotta tra il desiderio di superarsi e i dubbi che accompagnano ogni nuova stagione a questa età.
Gli avversari e la corsa al titolo
Djokovic parte come terza testa di serie del torneo e, grazie al bye del primo turno, esordirà contro Stan Wawrinka o il cileno Alejandro Tabilo. Un eventuale duello con Wawrinka sarebbe la 28ª sfida in carriera tra i due, con un bilancio nettamente favorevole al serbo (21-6).
Monte Carlo ospita anche altri big del circuito, tra cui Alexander Zverev, Carlos Alcaraz e Jack Draper, in un torneo che si preannuncia ricco di spunti e dal valore speciale per chi sogna di arrivare in forma perfetta al Roland Garros.
Un traguardo simbolico e una nuova motivazione
La caccia al centesimo trofeo ha un peso simbolico per Djokovic, così come l’obiettivo — ancora irrealizzato — dell’oro olimpico in singolare. Ma a emergere, più di ogni altro obiettivo, è il suo bisogno di sentirsi ancora vivo sul campo. “Quando giochi bene e vinci partite, ti senti ispirato. Quando perdi presto, i dubbi aumentano”, ha confessato con trasparenza.
In un momento della carriera in cui molti colleghi hanno già appeso la racchetta al chiodo, Djokovic continua a cercare motivazioni nei dettagli: una buona prestazione, un feeling ritrovato, o semplicemente qualche giorno in più accanto al fratello.
E forse è proprio questo equilibrio tra ambizione e affetti, agonismo e introspezione, a renderlo ancora oggi uno dei protagonisti più affascinanti del tennis mondiale.