Tra gli anglismi più detestabili entrati nel nostro linguaggio vi è, senza meno, la parola outfit. Per solito è largamente utilizzata dagli (auto)definiti fashion-blogger, coloro che in molti casi, non avendo nulla da dire su alcunché ma sentendo comunque l’impellente bisogno di comunicarlo ugualmente (il nulla, s’intende), aprono un blog di moda. Ora, si chiederanno i miei 12 lettori, per quale ragione si discuta di questioni di socio-linguistica a proposito di un match di tennis? Nel rivelarvi che un po’ me lo chiedo anch’io che sto scrivendo, la vera ragione sta nella notizia del giorno fornita da Nick Kyrgios: la richiesta di uscire dal campo per cambiare, per l’appunto, i suoi pantaloncini (ovvero parte fondamentale del suo outfit da agonista).
Federer: “Kyrgios merita un’altra possibilità”
Fin qui nulla da segnalare. Talvolta si cambiano scarpe, molto spesso (anzi quasi sempre) si cambia maglietta, pantaloncini più raramente. Il problema sorge perché il talentuoso quanto irrequieto tennista australiano ha chiesto ed ottenuto di uscire dal campo nel bel mezzo del finale del secondo set, per di più a game iniziato e con il suo avversario, Pablo Cuevas, al servizio. La motivazione addotta brevemente da Kyrgios è stata che i pantaloncini indossati erano troppo corti per contenere la pallina per il secondo servizio, tanto da dover richiedere al raccatapalle di tirargliela tra prima e seconda palla. Ora, a parte che molti giocatori lo fanno per abitudine, la domanda sorge abbastanza spontanea: ma la folgorazione sulla via di Damasco è avvenuta realmente in quel momento, anche di una certa delicatezza, del match? L’arbitro poteva rimandare al cambio campo tale operazione? Stava forse influendo, tale pantaloncino così attillato sull’andamento del match?
Punteggio e regolamento alla mano, la risposta a tutte queste domande è: no. Ragionevolmente un professionista prepara il suo abbigliamento (per altro sponsorizzato e quindi già deciso) prima di entrare in campo, si scalda con quello e se qualcosa non va lo cambia subito. Il regolamento non prevede motivazioni di questo genere per interrompere un game e addirittura consentire l’uscita dal campo di uno dei due giocatori e, di sicuro, visto che l’australiano era piuttosto in controllo del match, il punteggio non risentiva del pantaloncino così corto. Quindi ci chiediamo: perchè?
L’ipotesi più fattibile è un mix tra guasconeria e maleducazione. Due specialità di Casa Kyrgios che fanno a pugni con il suo indiscusso talento. Aggiungerei, al netto dei suoi risibili tagli di capelli, anche quel tocco di eccentricità da teenager in difficoltà col concetto di eleganza. Pablo Cuevas ha incassato con educazione, ben disposto e concentrato, da professionista. Ma c’è qualcosa che non va nel comportamento di Kyrgios. Nei giorni dell’affaire Wawrinka, da questa tribuna, abbiamo scritto che in fondo, una ragazzata deve restare tale e che calcare la mano sulla giusta punizione da infliggere all’australiano poteva farlo diventare una “vittima del sistema”, e magari glorificarlo presso i giovani, più sensibili alla mitizzazione facile in questi anni di bassa cucina culturale. Ora però chiediamo che a queste guasconate si metta un freno. L’educazione ed il rispetto sono dei valori, non dei passatempi.