Del Potro e Argentina, una separazione risolvibile?

Contro il nostro team il team argentino è al momento orfano di Del Potro. Ci sono i presupposti per una soluzione?

A pensarci bene non è che poi sia veramente una questione di superfici. La differenza, come sempre, la fanno la classifica e il talento individuale. Si è ben visto nell’ultima finale tra Serbia e Repubblica Ceca, dove i due punti di un Djokovic pressoché perfetto non sono bastati contro un avversario che aveva decisamente più talento da schierare. Lo stesso dicasi, ad esempio, per la semifinale del 2008, quando la Spagna spazzò via una squadra statunitense forte di Roddik, Blake e dei fratelli Bryan, ma che non potè comunque nulla contro Nadal e compagni.

La situazione attuale – il primo turno di Davis Cup 2014 tra Argentina e Italia – sembrerebbe più aperta, ma anche in questo caso sarà la voglia di vincere e lo stato di forma a fare la differenza (sopratutto considerando che il doppio potrebbe essere decisivo), se si tiene conto del buon momento dei nostri singolaristi e del periodo invece non proprio idilliaco di quelli dell’Argentina. Certo, escluso Del Potro. Prima di venire al casus belli, però, ci sembra doveroso far notare un particolare. È vero che le superfici contano, ma quello che conta sul serio è la resa del singolo giocatore su quella determinata superficie in quel preciso momento della stagione. Alla vigilia della finale di quest’anno non pochi avevano preso in considerazione l’idea che la Serbia avrebbe potuto scegliere la terra per limitare la coppia Stepanek-Berdych nel doppio, ma il fatto che Nole avesse giocato sul veloce fino alla settimana precedente avrà certamente orientato la scelta definitiva della Federazione serba, dal momento che senza i due punti di Djokovic il doppio diventava comunque irrilevante.

Lo stesso dicasi per la celebre semifinale del 2008, che vide montare una polemica tra giocatori e Federazione spagnola legata alla scelta di giocare sì sulla terra, ma a Madrid, dove i 650 metri sul livello del mare avrebbero potuto “velocizzare” il già micidiale servizio di Roddick e dei Bryan. Risultato: sul rosso Rafa e soci, altura o no, furono comunque ingiocabili e chiusero il match 4-1 (diteci dove succede che Feliciano Lopez batte Sam Querrey in collina, se non sulla terra). Sia nel caso del 2008 che in quello odierno, però, una situazione che parrebbe logicamente semplice – gli spagnoli giocano sulla terra al livello del mare e l’Argentina schiera Del Potro sul veloce – si complica ulteriormente non a causa di valutazioni tecniche, bensì di fattori commerciali. Furono gli sponsor, infatti, o comunque la loro spasmodica ricerca, a pilotare nel 2008 la votazione di Madrid come sede della semifinale, e sono sempre gli sponsor che oggi, al contrario, auspicano il ricucimento dello strappo tra la Federazione argentina e Delpo. Le dichiarazioni del N°5 del seeding, messe nero su bianco in una lettera indirizzata alla Federazione e al capitano di Davis Martin Jaite, non lasciano molto spazio all’interpretazione: «Non sono mai stato consultato sulla scelta di capitano, superfici, impegni, etc., e l’unica volta che ciò è avvenuto è stato per il match contro la Repubblica Ceca nel 2012, e la mia opinione non è stata tenuta in considerazione».

Difficile districarsi all’interno delle motivazioni reali che hanno portato, nel corso degli anni, ad una simile tensione tra il campione di Tandil e le istituzioni tennistiche del suo Paese, fatto sta che la pietra dello scandalo questa volta sembra essere stato, in primis, l’orientamamento delle Federazione a giocare sulla terra (immaginiamo, per favorire Monaco e Berlocq, ma il tutto resta comunque misterioso considerando le forze in gioco). Come si diceva, il principale partner commerciale della federazione caldeggia invece fortemente il recupero di Delpo, affermando candidamente che: «senza offesa per gli altri giocatori, ma non è la stessa cosa cercare di vendere un turno di Davis con o senza Del Potro, e si tratta semplicemente di una conseguenza logica del mercato».

Si sa comunque che il mondo tennistico argentino non è mai stato compatto ed armonioso, ed evidentemente non intende invertire la tendenza. Certo è che la faccenda appare alquanto spinosa, sia per Delpo che per la federazione, visto che un’eventuale sconfitta contro l’Italia costringerebbe l’Argentina a giocarsi poi lo spareggio per rimanere nel World Group, che non abbandona da quando ci rientrò nel 2001. Nella sconfitta, insomma, perderebbero tutti: Delpo e federazione, e se il primo non vuole diventare un capro espiatorio dato in pasto dalla stampa all’opinione pubblica, e la seconda vuole mantenere alto il livello del suo tennis, una veloce soluzione sembra auspicabile. Continuando naturalmente a tifare Italia!

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