Lucie Safarova, la ragazza “occhi di ghiaccio”

Lucie Safarova, la ragazza “occhi di ghiaccio” che con charme, eleganza, compostezza e con il suo essere affabile, ha fatto innamorare il pubblico parigino, scenderà in campo domani, sul maestoso Chatrier per spodestare la numero uno del mondo Serena Williams ed alzare al cielo una coppa che la ripagherebbe di tutti i sacrifici compiuti e di tutte le delusioni passate.

Comunque vada, diceva qualcuno, sarà comunque un successo. Ed è difficile pensare il contrario. Parte sfavorita, ma con un grande punto interrogativo che incombe sulle condizioni di Serena, apparsa non nella sua migliore condizione di forma. “Sembra di vivere un sogno”, ha ammesso la ceca, euforica ed allo stesso tempo incredula per il traguardo raggiunto. La cosa sorprendente, ma forse quasi non più allo stato attuale, è la sua esplosione tardiva, quasi alla soglia dei 30 anni, sintomo che la sua maturazione tennistica sia andata di pari passo con quella umana e personale.

La crescita, in questo senso, l’ha aiutata a sconfiggere gli spettri che hanno coronato negativamente la sua carriera e che ora le permettono di gestire l’emotività senza che essa sia più un nemico satanico. In un tennis ormai per trentenni ed ultra, basti pensare alla stessa Williams, ma anche a Flavia Pennetta, Na Li prima del ritiro, Jelena Jankovic, la stessa Lucic-Baroni che ha ritrovato la retta via dopo anni bui, c’è posto anche per lei.

TENNIS : Roland Garros 2015 - Internationaux de France - 01/06/2015

Nata a Brno nel febbraio del 1987, una città della zona sud-orientale della Repubblica Ceca che ha dato i natali anche al padre della genetica Mendel, Lucie si affaccia al circuito ITF proprio in Italia, a Bergamo, dove da lucky loser vince il suo primo titolo. Da subito sono chiare le doti tecniche della ceca, dotata di un dritto mancino ficcante e preciso, con il quale riesce a trovare gli angoli più spettrali del campo, ma che molte volte l’ha abbandonata proprio sul più bello, entrando in black-out totale. Da junior è stata la più forte del Paese, status che le ha permesso di ricevere importanti finanziamenti dalla sua federazione.

Poi, quando è diventata professionista, le hanno trovato un manager che curasse la sua immagine anche lontano da Praga. “Senza quegli aiuti, la mia famiglia non sarebbe mai stata in grado di aiutarmi. Ok, mio padre fa il maestro, ma l’attività internazionale è troppo dispendiosa”. Oggi, famosa e ricca, non ha dimenticato l’umiltà e l’abnegazione che rendono tale un campione. Sono queste le sue doti più importanti, che esulano da qualsiasi analisi tecnica. Anche perché, per quanto mostrato in campo, Lucie ha saputo migliorare ogni minimo aspetto del suo gioco, a partire dagli spostamenti.

Finalmente non sembra più goffa, ma riesce, grazie ad un ottimo timing, a giocare vicina alla riga di fondo senza perdere campo. Il doppio, l’ha invece aiutata per il gioco di volo, soprattutto per la lettura del gioco a rete più che per i fondamentali. Dopo la vittoria all’Australian Open 2015, è di nuovo in finale, proprio qui a Parigi, la città che sta rivoluzionando completamente la sua carriera. E pensare che quasi un anno e mezzo fa, proprio in Australia, in una calda giornata a Melbourne Park, conduceva per 6-1 6-5 e match point contro Na Li, prima di aver visto sfumare tutti i suoi sogni di gloria. Una batosta che difficilmente dimenticherà, ma che a quanto pare le è servita. Se quel rovescio lungo linea, uscito di appena un millimetro, fosse rimasto in campo, forse non staremmo ancora qui a parlare delle sue possibilità, ma di cose concrete.

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Nel tennis i “se” ed i “ma” servono a poco. Anzi a nulla, solo ad alimentare le chiacchiere. Ha trovato anche, durante questo “cammin de la sua vita” un punto di riferimento che le ha dato sul campo, proprio da quando la responsabilità tecnica è passata nelle mani del canadese Rob Steckley (lo scorso anno), con il quale ha effettuato l’intera preparazione invernale in Florida, a Boca Raton, presso l’Accademia di Chris Evert, proprio nel pre-stagione. Ma qualche avvisaglia l’avevamo ricevuta già dal torneo di Doha di quest’anno, dove, dopo aver impressionato contro la Suarez Navarro, ha messo k.o. anche l’ex numero uno del mondo Victoria Azarenka in finale, infliggendole un sonoro 6-4 6-3.

Ma torniamo ancora indietro. A Wimbledon. In un’edizione ricca di colpi di scena, la Safarova, come accaduto al Roland Garros quest’anno, approda in semifinale senza aver perso un set, ed in uno stato di forma forse poco inferiore a quello mostrato in questa stagione. Lì a fermarla fu la sua amica e connazionale Petra Kvitova, amante dell’erba londinese, sulla quale aveva alzato il suo primo trofeo dello Slam, tre anni prima. Il tabù semifinale è stato sfatato, senza perdere alcun set. Come per sua stessa ammissione, la rottura con Berdych, alcuni anni fa è stato tanto dolorosa quanto sintomatica del fatto che qualcosa stesse cambiando in lei. Lucie ha finalmente riscoperto le sue priorità, è cresciuta ed è diventata forte, con le sue sole forze. E’ in finale a Parigi, e può gridarlo al cielo. Se vincerà o meno, dovrà comunque essere felice. Il passato è ormai alle spalle, il futuro è imminente.

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