Raggiungere l’apice

Durante la pausa off season, i tennisti si riversano in località sparse per il mondo alla ricerca di nuove energie fisiche e mentali, a cui si associa un lavoro di analisi e miglioramento del proprio gioco. In quali aspetti devono ancora migliorare i giocatori che hanno disputato le Finals?

Andy Murray, nuovo numero 1 del ranking mondiale, ne è perfettamente consapevole: una volta arrivati in testa, dopo tanti sacrifici e sudore, non si può e non si deve mollare la presa. Errore più grosso non esiste; per restare al top, bisogna necessariamente essere impeccabili, pressoché perfetti, ed andare quindi sempre alla ricerca di qualcosa da migliorare. Questo discorso vale per tutti i giocatori di vertice, nella specie per quelli che hanno partecipato alle Finals londinesi.

I DUE PROTAGONISTI – Viene quasi da sorridere quando ci si chiede cosa possano migliorare i primi due del ranking, Andy Murray e Novak Djokovic, dominatori quasi assoluti della stagione 2016. Eppure, loro stessi sono consapevoli di avere qualcosa da affinare, specialmente a livello mentale: lo scozzese potrebbe migliorare il suo atteggiamento in campo, spesso corredato da monologhi poco gradevoli, e focalizzarsi maggiormente sul punto successivo; il serbo, invece, ha “semplicemente” bisogno di ritrovarsi: ha perso lo smalto dei giorni migliori, è diventato improvvisamente battibile. A livello tattico, nei loro periodi migliori, risultano essere quasi impeccabili. A ciò si lega inevitabilmente l’aspetto tecnico: Murray potrebbe ancora lavorare sul dritto, soprattutto in spinta, e sulla seconda di servizio, a volte corta e poco pesante; anche Nole dovrebbe concentrarsi maggiormente sulla seconda palla che, specialmente nei momenti più difficili, è facilmente attaccabile, mettendolo così in una posizione difensiva.

RAONIC, NISHIKORI, THIEM – Rispettivamente al terzo, sesto e ottavo posto della classifica mondiale, questi tennisti vanno raggruppati per motivi principalmente anagrafici (Thiem 23, Raonic 25, Nishikori 26), poiché dovrebbero rappresentare il vertice del tennis del futuro. Sono anche coloro che devono lavorare maggiormente per affinare alcune lacune piuttosto evidenti contro i top. I miglioramenti più sorprendenti hanno riguardato il canadese: chi avrebbe mai ipotizzato un Raonic al terzo posto e con una finale di Wimbledon in tasca? Con McEnroe in panca, Milos ha già compiuto progressi evidenti sia a livello mentale (manifesti nella semifinale di Wimbledon contro Federer) che a livello tecnico: il rovescio ha compiuto un discreto salto di qualità, soprattutto considerata la variante in back; resta tuttavia il punto su cui insistere maggiormente. Veniamo poi a Nishikori. Il giapponese è un giocatore troppo monocorde, con un piano tattico poco vario (back quasi inesistente), ma solidissimo da fondo e con un buon servizio. Fa della mobilità e della rapidità le sue armi principali. Dove migliorare? A livello mentale, obbligatoriamente: difetta in modo evidente del killer instinct proprio dei giocatori di vertice; arriva spesso in fondo salvo poi perdersi nei momenti migliori. E infine troviamo il giovane Thiem, tennista che ha disputato il maggior numero di tornei tra i top (ben 28). Un talento finissimo, uno splendido rovescio ad una mano corredato da un repertorio completo. Al giovane austriaco, si richiedono essenzialmente due cose: programmare in modo migliore la stagione (con 28 tornei all’anno, si corre il rischio di bruciarsi troppo rapidamente a livello fisico) ed insistere sulla concentrazione, che latita a tratti nei momenti clou delle partite. Per tutti, quindi, tanto lavoro “di testa” e affinamento di alcuni dettagli del proprio gioco.

WAWRINKA, CILIC, MONFILS – Chiudono il gruppetto dei magnifici otto, altri tre straordinari protagonisti della stagione 2016. In primis, indubbiamente, Stan Wawrinka. Un’altra commovente performance allo US Open gli ha permesso di portare a casa il suo terzo Slam, entrando di diritto tra i giocatori più forti di sempre. In modo unanime, però, lo svizzero ha un grande difetto: non è minimamente continuo. A 31 anni, se riuscisse ad affinare tale aspetto, potrebbe ancora regalare emozioni di un certo tipo. Le prospettive migliori riguardano però Marin Cilic, protagonista fino a pochi giorni fa con la nazionale croata in finale di Davis. Finalmente, da ormai un po’ di tempo, può essere considerato un giocatore maturo; anche il buon Marin, però, tende a perdersi, e soprattutto non riesce a mantenere il livello per lungo tempo. Nel tennis, la mente è troppo importante. Ditelo a Gael Monfils. Il francese ha disputato la miglior stagione della sua carriera a 30 anni, dopo continui alti e bassi. Con tutta franchezza, viene difficile immaginare un’altra stagione simile per lui, anche perché si attende la crescita di altri profili, quali Goffin, Zverev e magari il ritorno di Nadal e Federer. Tanto spettacolare quanto folle, Gael ha ricevuto con le Finals il giusto premio alla carriera.

Nell’ottica di apportare miglioramenti al proprio gioco, detiene un ruolo determinante la pausa off season, che ogni singolo atleta decide di trascorrere nel luogo che ritiene più congeniale alle proprie esigenze (Murray ad esempio si trova a Miami). Questo periodo è utile per esaminare il bilancio della stagione e per analizzare nel dettaglio i punti nevralgici su cui lavorare maggiormente, anche attraverso l’ausilio di video e di riprese ad hoc. E’ tempo di sudare nuovamente, nell’attesa di una nuova entusiasmante stagione.

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