La scorsa settimana Novak Djokovic è stato l’unico top ten a giocare la Coppa Davis. Pare evidente che la rincorsa alla prestigiosa insalatiera non sia molto più allettante per i grandissimi giocatori. Tra i tanti assenti dalla competizione per nazioni c’era anche Jo-Wilfred Tsonga, il quale è stato raggiunto da Le Figaro proprio per parlare di questa tematica.
TENNIS E BUSINESS – Il francese non ha precisato la motivazione personale per cui non ha giocato, ma ha provato ad analizzare le motivazioni delle varie assenze: «Non è nulla di nuovo, io amo la Coppa Davis, ci fa veramente vivere l’essenza di questo sport. Tuttavia va anche detto che, al giorno d’oggi, lo sport è anche business. La Coppa Davis ti permette di giocare per il tuo paese, rappresenta la difesa dei valori, l’altruismo. Ho vissuto momenti veramente forti in Davis, probabilmente non comparabili con nessuno di quelli vissuti nell’ambito di un torneo ATP. Però sarebbe giusto ridurre un po’ la durata, magari giocare al meglio dei tre set. Sarebbe bello organizzare anche delle riunioni per discuterne con tutte le parti coinvolte».
Su Caroline Garcia, che ha deciso di non giocare l Fed Cup quest’anno, Tsonga ha dichiarato: «Non siamo obbligati a giocare. Ognuno può scegliere. Certo, se si è in buona forma converrebbe sempre giocare».
ORGOGLIOSO RIVALE DI ROGER E RAFA – Cambiando tema e spostandosi sul recente Australian Open, l’ex numero 5 al mondo ha detto: «sono rimasto veramente sorpreso di vedere nuovamente una finale tra Federer e Nadal. Penso sia stata una grande notizia per il tennis che fa cambiare un po’ le carte in tavola. Anche se ho sempre pensato che questi due grandissimi campioni avrebbero potuto ancora vincere un torneo dello Slam».
Alla precisa domanda se si sente contento o no di aver giocato nella stessa epoca di Roger e Rafa, Tsonga ha risposto ridendo che «al momento è doloroso», per poi continuare più seriamente asserendo che «alla fine della mia carriera sarà profondamente orgoglioso di aver condiviso momenti belli con questi due giocatori e di essere stato competitivo nei match contro di loro, anche se ho perso più volte di quanto ho vinto». Tuttavia il numero 4 al mondo ha qualche rimpianto: «Tutta la mia carriera è stata influenzata dagli infortuni. L’anno scorso il ginocchio, ad esempio, ma ero comunque in grado di fare il mio anche in condizioni precarie. Sono convinto di aver sempre fatto del mio meglio».