Il tennis moderno è diventato un tour de force continuo, dove talento e preparazione atletica rischiano di non bastare. Lo sa bene Carlos Alcaraz, uno dei volti più promettenti del circuito, che nelle ultime settimane è finito sotto i riflettori non solo per i suoi risultati, ma anche per le scelte legate alla sua programmazione.
Dopo aver disputato il Masters 1000 di Monte-Carlo, il giovane spagnolo ha partecipato al torneo ATP 500 di Barcellona, dove non è riuscito a confermare le attese, lasciando il titolo al danese Holger Rune. Alcaraz, alle prese con alcuni acciacchi fisici, ha comunque intenzione di proseguire senza sosta con i tornei di Madrid, Roma e Roland Garros, in una maratona che solleva più di un dubbio sulla gestione delle energie.
A puntare il dito contro questa frenesia è stato Adriano Panatta, che durante l’ultima puntata de La Domenica Sportiva ha espresso con lucidità le proprie perplessità. L’ex campione del Roland Garros ha analizzato con attenzione il calendario dello spagnolo e ha sollevato un interrogativo cruciale: “Si tratta di un problema di calendario o di programmazione?”
Panatta non ha dubbi: la responsabilità ricade sulle scelte dei giocatori e dei loro team. “Questi ragazzi non si fermano mai. Dopo Monte-Carlo è andato a Barcellona, poi farà Madrid, Roma e Parigi senza soluzioni di continuità”, ha osservato, mettendo in discussione la logica di un’agenda così fitta. Secondo lui, è impensabile rendere al massimo in ogni competizione. “Non ci riesce nemmeno uno come Alcaraz che ha un fisico pazzesco”, ha aggiunto.
Il tennis attuale impone ai top player di partecipare a una lunga serie di eventi per conservare posizioni in classifica e soddisfare obblighi contrattuali. Ma questo approccio mette a rischio la salute e la longevità degli atleti. Panatta ha sottolineato che “i tennisti di questo livello dovrebbero puntare ai quattro tornei del Grande Slam e a 7-8 altri eventi importanti”, evidenziando come un numero eccessivo di impegni possa generare infortuni, “perché tirano troppo forte e si muovono a velocità clamorose”.
Non è un caso se lo stesso Alcaraz ha espresso pubblicamente il proprio malcontento verso i Masters 1000 che durano due settimane, considerati troppo lunghi e faticosi. Ma per Panatta la critica è poco coerente con la scelta di partecipare a così tanti tornei in sequenza: “Poi si lamenta dei 1000 che durano due settimane, ma vediamo attentamente il suo programma… Dopo Monte Carlo è andato a Barcellona, poi farà Madrid, Roma e Parigi senza soluzioni di continuità. Questi ragazzi non si fermano mai.”
Se Alcaraz ha faticato a Barcellona, altri colleghi sembrano trarre beneficio da una gestione più mirata. A Monaco di Baviera, Alexander Zverev ha conquistato il titolo in casa, dimostrando una forma brillante e guadagnando punti preziosi nel ranking. A Barcellona, invece, ha brillato Holger Rune, spesso sottovalutato ma capace di riportare l’attenzione su di sé con una prestazione solida.
Panatta ha voluto ricordare che “Rune ha appena 21 anni ed è sempre nei primi 10: non è certo un giocatore qualunque”, a dimostrazione che il talento va misurato con il tempo e la continuità, non con giudizi affrettati.
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