“Pecunia non olet” (il denaro non puzza) diceva Svetonio in riferimento a Vespasiano, colpevole di aver imposto una tassa sull’urina raccolta nelle latrine private (i vespasiani appunto ndr); non disdegnerà il prezioso assegno che gli verrà consegnato nemmeno il vincitore dell’edizione 2017 degli US Open, il cui montepremi per la prima volta nella storia del tennis toccherà l’esorbitante cifra complessiva di 50 milioni di dollari, divenendo il più opulento slam della stagione: osserviamo nel dettagli la seguente tabella, per farci un’idea di quanto guadagnerà ognuno dei 128 partecipanti allo slam statunitense:
Piazzamento | Premio |
Campione | $3.7m |
Finalista | $1.8m |
Semifinalista | $928k |
Quarti di finale | $468k |
Ottavi di finale | $252k |
Terzo turno | $144k |
Secondo turno | $85k |
Primo turno | $49.7k |
Il vincitore potrà godere dell’impressionante premio di 3,7 milioni di dollari, superiore di quasi 1 milioni di dollari rispetto alla seconda ricompensa per più alta per un vincitore, quella messa in palio dagli Open d’Australia, pari a 2,9 milioni di dollari. Il finalista, vistosi sfumare il titolo a pochi passi dal traguardo, potrà consolarsi con la modica cifra di 1,8 milioni di dollari, soldi coi quali Andy Roddick avrebbe potuto forse pagare la terapia necessaria per dimenticare quella sciagurata volèe alta di rovescio del secondo set della finale di Wimbledon 2009 (per chi non se la ricordasse, il video è qui. Coloro che raggiungeranno le semifinali dovranno accontentarsi di poco più di un milione di dollari, mentre 468 mila saranno i dollari che finiranno in tasca a chi si fermerà invece ai quarti di finale. Sorvolando sulla ragguardevole cifra che spetterà ai giocatori in grado di raggiungere il terzo od il secondo turno, soffermiamoci invece sul premio che il torneo disputato sui campi di Flushing Meadows metterà a disposizione di tutti coloro i quali dovranno arrendersi già al primo turno: 49.700 dollari, un ammontare non indifferente, una manna dal cielo per quei tennisti che, attraverso il duro percorso delle qualificazioni (o godendo magari di una wild card, oppure ancora da LL), riusciranno ad issarsi sino al tabellone principale, riuscendo a tirare fuori la testa da quel mare di giocatori che, lontani miglia dalle vette del ranking, lottano ogni giorno per aggrapparsi a qualche boa che permetta di proseguire la carriera da professionisti, la quale comporta spese che sono, a dispetto di quanto si possa pensare, elevatissime.
Se gli US Open riusciranno quest’anno ad innalzare l’asticella del montepremi sino ad un livello mai toccato prima, vediamo quanta strada ci sarà da fare per gli inseguitori, i tre restanti slam, in una corsa che ogni anno vede raggiungere livelli sempre più vertiginosamente alti. Serviamoci ancora una volta di una tabella:
Slam | VINCITORE | Finalista | 1° TURNO |
Australian open | $2.9m | $1.5m | $38.7k |
Roland Garros | $2.3m | $1.1m | $38k |
Wimbledon | $2.8m | $1.4m | $45k |
US open | $3.7m | $1.8m | $49.7k |
Il confronto pare quasi impietoso, soprattutto quando i termini di paragone presi in considerazione sono il più ricco ed il meno opulento fra gli slam, ovverosia rispettivamente US Open e Roland Garros: evidentemente ciò è riconducibile a motivazioni di natura, se vogliamo, anche geopolitica, ma ciò non toglie che l’Open di Francia abbia ancora da lavorare, in questa direzione ma non solo (qualcuno ha detto “tetto sul centrale”?). Chiaro quindi è come lo Slam statunitense costituirà, quest’anno come non mai, una ghiotta occasione, soprattutto in considerazione dei numerosi forfait dai quali sarà probabilmente viziato, i quali apriranno la strada a giocatori che potranno in tal modo spingersi più avanti nel torneo, incrementando parallelamente la cifra che vedranno scritta sui loro assegni. Non ce ne voglia il buon Noam Chomsky, ma, per lo meno tennisticamente parlando, non è ancora il momento per un “Requiem for the american dream”.
Pare interessante inserire, a chiusura di questo articolo, una breve riflessione sulla portata di tali premi e sulla loro, reale o presunta tale, eccessività. Spesso si sente dissertare circa gli sproporzionati guadagni dei calciatori (si veda il recente caso Neymar), e se è vero che gli introiti dei migliori tennisti al mondo siano del tutto paragonabili in termini quantitativi a quelli percepiti dai migliori calciatori sulla piazza (soprattutto considerando gli utili derivanti dalle sponsorizzazioni), è necessario fare una doverosa precisazione .Il tennista professionista, soprattutto qualora competa a livelli alti od altissimi, è infatti tenuto a sostenere spese elevatissime nel corso della sua carriera: coach, mental coach, preparatore atletico, manager, dietologo, e chi più ne ha più ne metta, elementi che vanno a comporre staff sempre più numerosi, che i tennisti hanno la necessità di portare con sé nei loro viaggi intorno per il mondo, il che comporta spese di spostamenti e soggiorno elevatissime, che si sommano agli stipendi percepiti da tali professionisti; in merito ha voluto esprimersi la fresca vincitrice del WTA Premier di Montreal, la bella ucraina Elina Svitolina, la quale, alla domanda: “Hai appena ricevuto un assegno da 500.000 dollari. Non è la tua prima vincita importante dell’anno, ma come gestisci il tuo successo economico? Ti sei mai concessa un acquisto importante?” ha risposto “Lo so che sembrano tanti soldi e lo sono. Ma giochiamo e viaggiamo tutto l’anno insieme al nostro staff e non sappiamo quanto durerà la carriera. Per questo non ci soffermiamo troppo sui guadagni. Spendiamo tantissimi soldi in viaggi, per i soggiorni la famiglia, i collaboratori. È bello guadagnare tanto ma allo stesso tempo spendiamo più di quanto la gente possa immaginare. Per andare al prossimo torneo, per esempio, devo prendere un volo last minute, che è molto costoso”. Insomma, pecunia non olet sì, ma cui prodest?
Di Davide Lhamid