Caso Sinner: NADO Italia svela perché non ha fatto ricorso sulla sospensione

Un fulmine a ciel sereno per Sinner

Il mondo del tennis italiano è stato scosso da un episodio inatteso: Jannik Sinner, simbolo della nuova generazione azzurra, si è trovato coinvolto in un caso di doping involontario legato alla presenza di Clostebol, uno steroide anabolizzante, riscontrato in un controllo antidoping. Inizialmente assolto dall’ITIA (International Tennis Integrity Agency), il giovane altoatesino ha poi dovuto affrontare un improvviso ricorso presentato dalla WADA al TAS di Losanna, il Tribunale Arbitrale dello Sport.

L’esito finale, però, non ha previsto alcuna udienza. Prima che il caso potesse diventare un confronto formale in aula, è stato trovato un accordo tra le parti: Sinner ha accettato una sospensione di tre mesi, decidendo di chiudere la vicenda con una sanzione che lui stesso ha definito una scelta dolorosa ma necessaria.

“Non ero d’accordo, ma dovevo scegliere”

Parlando a Sky Sport, il tennista ha raccontato la sua versione con toni amari ma consapevoli: “La decisione della sospensione dei tre mesi è stata molto rapida, abbiamo accettato in poco tempo anche se io non ero tanto d’accordo. Alla fine però si deve scegliere il male minore e questo ho fatto. Anche se a volte quello che sto passando è un po’ ingiusto, poteva anche andare molto peggio, con ancora più ingiustizia. È andata così.”

Sinner ha scelto, in sostanza, di evitare un possibile inasprimento della pena che avrebbe potuto compromettere seriamente la sua stagione e forse anche la sua carriera. Una scelta difficile, ma guidata dal pragmatismo.

La posizione di Nado Italia

Nel dibattito, un ruolo cruciale è stato quello di Nado Italia, l’Agenzia nazionale antidoping. Intervenuta sul tema durante la presentazione di un nuovo protocollo d’intesa tra Federcalcio e Federfarma, la direttrice generale Alessia Di Gianfrancesco ha chiarito il motivo per cui l’agenzia italiana ha deciso di non ricorrere contro l’assoluzione iniziale: “L’istituzione preposta ha fatto tutte le valutazioni sulla base di documenti che aveva. Hanno rispettato le procedure. Nado non ha presentato ricorso perché riteneva che non ci fossero elementi tali, mentre la WADA sì.”

Una differenza di approccio che si spiega anche con la maggiore rigidità della WADA in merito ai casi di contaminazione o assunzione inconsapevole di sostanze proibite. Di Gianfrancesco ha comunque sottolineato che questi scenari sono sempre più frequenti e già oggetto di studio: “La WADA ha già comunque preso in esame questo genere di casi, quelli di doping inconsapevole e di contaminazioni.”

Verso un nuovo codice antidoping

Il caso Sinner riaccende anche i riflettori sulla necessità di aggiornare le norme in materia antidoping. In questo senso, Di Gianfrancesco ha annunciato che nel 2027 entrerà in vigore un nuovo codice mondiale antidoping, destinato a rivedere e migliorare gli standard internazionali. Un cambiamento che vedrà Nado Italia protagonista attiva nei lavori di aggiornamento.

Una vicenda chiusa, ma con riflessi futuri

La sospensione di Jannik Sinner, seppur breve e frutto di un compromesso, rappresenta un campanello d’allarme per il sistema antidoping. Il rischio di contaminazioni, le differenze di giudizio tra enti nazionali e internazionali e l’impatto umano sulle carriere degli atleti sono tutti elementi che richiedono maggiore chiarezza e uniformità.

Per Sinner, questa esperienza si traduce in una pausa forzata ma, si spera, in un rapido ritorno in campo. Con la consapevolezza, però, che anche per i campioni più brillanti la partita più difficile può giocarsi fuori dal campo.

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