Gli Australian Open sono terminati: abbiamo ancora vivide le immagini della partita di ieri tra Andy Murray e Novak Djokovic, vincitore del torneo. Il match è stato caratterizzato anche da un imprevisto che esula dal tennis giocato.
Durante il cambio campo sul 7-6 4-3 per il serbo, infatti, un gruppo di militanti hanno messo in scena una piccola protesta contro il centro per immigrati clandestini situato a Manus Island, in Papua Nuova Guinea, esigendone a gran voce la chiusura:
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Una parte dei protestanti ha spiegato dei striscioni in tribuna, mentre altri sono entrati in campo, evacuati subito dagli uomini addetti alla sicurezza. Due donne sono state arrestate, mentre altre quattro persone, che indossavano una maglietta con la scritta “Australia Open for the refugees”, sono stati fatti uscire dalla Rod Laver Arena.
I due tennisti sono stati subito circondati dallo staff che si occupa della loro incolumità. Chi ha seguito il match su Eurosport ha magari pensato che si trattasse di qualcosa di più grave, visto che ciò è avvenuto durante la pubblicità, e al rientro le immagini mostravano molta confusione in campo, con gli uomini della security sparsi un po’ ovunque. Il tutto per fortuna si è risolto senza nulla di importante, con Murray che ha tratto anche un vantaggio da questa interruzione, visto che è riuscito a brekkare Djokovic nel primo gioco dopo la ripresa.
Il gruppo ha presto diffuso un comunicato per spiegare meglio il suo gesto: “Abbiamo creato questo ‘spettacolo mediatico’ internazionale per far conoscere a tutti le torture, gli abusi e i miseri trattamenti che si stanno perpetrando a Manus Island. Noi non staremo in silenzio. Se lasciamo che tutto qusto continui, allora non ci sono limiti a ciò che potrebbe fare il governo in futuro”.
In effetti, il centro per rifugiati di Manus Island, che ospita attualmente 1.035 uomini, è da tempo oggetto di polemiche. L’anno scorso qui sono morti due uomini, uno durante una rissa, un altro a causa di una infezione che, se curata in tempo, sarebbe guarita facilmente. Secondo le testimonianze, la violenza è all’ordine del giorno: botte, insulti, fino agli stupri dei detenuti e l’isolamento come punizione per chi non ‘si concede’. In molti hanno messo in evidenza le pessime condizioni sanitarie della struttura, la mancanza di acqua potabile, di cibo e medicine.
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