I record di precocità e longevità nel mondo dello sport non sono sempre limpidi esempi di talento uniti a forza di volontà e condizioni favorevoli, motivo per il quale è sempre bene documentare bene la differenza tra una passerella giunta quasi per caso e una storia degna di superare gli scogli di tempo e memoria sportiva.
Nel caso del tennis, e più precisamente della Coppa Davis, a detenere contemporaneamente i record di giocatore più giovane e giocatore più vecchio della competizione è il piccolo stato di San Marino, anche se le polemiche dietro a questi due riconoscimenti si sono fatte così insistenti che hanno portato ad un bisogno di fare chiarezza, con le adeguate risposte che sono arrivate tra le pagine del The New York Times: quattro storie a confronto, quelle di Kenny Banzer, Marco De Rossi, Gadonfin Yaka e Vittorio Pellandra, tutti protagonisti in un modo o nell’altro di una pagina indelebile del tennis.
Banzer, oggi 30enne e già da tempo lontano dal mondo del tennis professionistico, è stato protagonista di uno spareggio di Davis nel lontano 2000, e se i suoi 14 anni e 5 giorni gli avevano permesso di stabilire di fatto un nuovo record come giocatore più giovane in assoluto in un match di Coppa Davis, la regola ITF che non permette di scendere in campo in un match ufficiale prima del raggiungimento dei 14 anni di età sembrava aver chiuso definitivamente la possibilità di perdere il primato. E’ stata una sorta di deroga che ha portato Marco De Rossi, tennista sammarinese che nel 2011 ha giocato nel prestigioso torneo a squadre per il suo paese uscendo sconfitto per 6-0 6-1 contro il tennista di Andorra Jean-Baptiste Poux-Gautier, a battere Banzer in virtù dei suoi 13 anni e 319 giorni.
La stessa ITF, nella figura di Nick Imison, ha ammesso che la motivazione di tale decisione è stata probabilmente un’eccezione, forse per via della difficoltà di San Marino nel presentare un team al completo, con l’ipotesi non del tutto da scartare di un eventuale errore nel controllo della richiesta del permesso da parte della Federazione sammarinese.
“Non penso sia stato giusto o corretto nei miei confronti” ha detto Banzer a proposito della perdita del suo record. “Non avrei alcun problema se qualcuno battesse il mio record, a patto che egli abbia 14 anni e un giorno, due giorni, tre giorni o quattro. Quasi 14 non vuol dire avere 14 anni.”
E’ addirittura più curiosa la storia del togolese Yaka, che attualmente vive negli USA dove ha ottenuto la cittadinanza: se a 29 anni non aveva ancora preso in mano la racchetta per la prima volta, appena un anno più tardi era riuscito a diventare il miglior giocatore del suo paese, con la grande occasione di una vita che si sarebbe presentata qualche anno dopo in occasione dello spareggio tra Togo e Mauritius del 2001.
Con il giocatore designato impossibilitato a giocare a causa di un ritardo e la conseguente discesa in campo nel doppio, Yaka ha scolpito il suo nome nella storia della Davis con i suoi 66 anni di età, in un match decisivo perso comunque 3-0 durante il quale c’è stata comunque battaglia, con l’attempato togolese che si è ben distinto ed ha conquistato i presenti per quanto di buono fatto vedere in campo.
“A quel tempo riuscivo a battere tennisti più giovani nonostante avessi sessant’anni” ha dichiarato Yaka a proposito del suo passato da giocatore. “Non ero neanche a conoscenza del record, fino a quando un giornale sudafricano nel 2006 ha parlato di me e di quanto era successo.”
A causa di un’errata trascrizione del suo nome e delle lacune degli archivi dell’ITF, gli stessi conoscenti di Yaka non gli avevano creduto in un primo momento, ed è stato solo grazie ad una correzione pubblicata nel 2010 che tutto è rientrato, allegato alla notizia che, sfortunatamente per lui, il suo record era già stato infranto nuovamente tre anni prima.
Nel 2007, in occasione del match di round-robin contro l’Egitto, la squadra di San Marino era stata costretta a convocare solamente due giocatori a causa della mancanza di alternative, con il 66enne allora capitano Vittorio Pellandra che aveva aggiunto il suo nome all’elenco giocatori per raggiungere il minimo consentito di tre giocatori.
Con uno dei suo giocatori impossibilitato a prendere parte al doppio, fu proprio Pellandra a scendere in campo facendo segnare il nuovo record nonostante un problema alla gamba che lo costrinse al ritiro dopo appena 10 minuti di gioco.
“Non ero solo un giocatore di una certa età sceso in campo per battere un record”, ha poi concluso Yaka. “Questo riconoscimento è molto importante per me, ma mi chiedo se l’ITF prenda queste cose seriamente. Hanno ragione a dire che basta colpire la pallina un paio di volte per aver giocato in Davis, e magari qualcuno adesso vorrà fare lo stesso e prendersi il record così.”
Storie di Davis, con i nuovi primati che probabilmente resteranno a San Marino per diverso tempo, anche se le storie di Banzer, e soprattutto di Yaka, devono servire indubbiamente da pilastri per la memoria sportiva riguardante questo particolare aspetto nel torneo a squadre più importante della storia del tennis. Non è sempre un numero a scrivere un nuovo capitolo, ma la determinazione e la capacità di andare oltre al tempo ed alle situazioni inaspettate nelle quali ci si può imbattere.