Juan Martín del Potro, uno dei tennisti più amati e sfortunati della sua generazione, sembra aver trovato una nuova serenità lontano dal circuito ATP. Dopo l’emozionante addio giocato accanto a Novak Djokovic in Argentina, l’argentino si divide oggi tra la gestione della sua accademia a Boynton Beach, in Florida, e una quotidianità finalmente più leggera, anche se segnata da dolori fisici che non lo abbandonano. “Il dolore continua, purtroppo. Ma oggi sono più tranquillo. Non ho più quel pensiero di voler tornare, di provarci di nuovo. Quella fase è finita per me”, ha raccontato in un’intervista intima al sito Olympics.
Il legame tra Del Potro e Novak Djokovic va ben oltre il campo da tennis. Non a caso, durante il Masters 1000 di Miami, Delpo è stato avvistato dietro il box del serbo, accanto ad Andy Murray, oggi suo coach. Djokovic, visibilmente emozionato, ha ringraziato pubblicamente l’argentino: “È stato incredibile vedere Delpo, un vecchio amico e rivale. Sono molto felice che fosse lì e di avere il suo supporto dal box. Gli voglio davvero dire grazie per essere venuto”.
Questo affetto reciproco si riflette anche nelle parole di Del Potro quando parla del serbo come del miglior tennista ancora in attività: “Finché Djokovic continuerà a giocare, sarà il migliore. Ha esperienza, forza mentale e fisica. Se sta bene, può vincere ancora Slam”. Per lui, il segreto del successo del cosiddetto Big Four (Djokovic, Federer, Nadal, Murray) è stato un mix di talento e resilienza: “Non è solo tennis. È mentalità, fisico, personalità, la capacità di gestire la pressione. Loro lo hanno fatto meglio di tutti, soprattutto nei momenti più importanti”.
L’idea di diventare allenatore non è fuori discussione per Del Potro, anche se al momento resta un’ipotesi remota. “Allenare a tempo pieno significa ricominciare a viaggiare molto, e io l’ho fatto per vent’anni. Sono stanco. Però, certo, se Novak me lo chiedesse, sarei felice. Non potrei dirgli di no”, ha confessato con un sorriso. Una porta socchiusa, dunque, per un futuro che potrebbe riservare nuove sorprese, magari proprio accanto a Djokovic.
Nel frattempo, Del Potro si dedica con entusiasmo alla sua accademia, dove allena ragazzi di ogni età e livello. “Questo mi entusiasma davvero. È bello vedere la passione nei giovani e poter restituire qualcosa al tennis”.
Nonostante le cicatrici lasciate dagli infortuni, Del Potro conserva vividi i ricordi delle sue esperienze olimpiche, soprattutto a Rio 2016, quando sconfisse Djokovic nel primo turno. “Quando mi dissero che avrei affrontato Nole, fu orribile. Era il numero uno al mondo. Pensavo fosse impossibile vincere. Ma alla fine, il pubblico brasiliano iniziò a tifare per me. È stata una delle settimane più belle della mia carriera”.
Guardando al futuro del tennis latinoamericano, Del Potro ripone grandi speranze nel giovane brasiliano João Fonseca, da molti visto come suo erede: “Ha un gioco potente, un servizio e un dritto che ricordano il mio. Ma deve prendersi cura del suo fisico e crescere con intelligenza. Ha tempo per diventare uno dei migliori”.
Secondo Delpo, il tennis moderno offre oggi maggiori possibilità rispetto all’epoca dominata dai Big Four: “Prima c’erano solo sei posti nel top-10, gli altri erano occupati da Djokovic, Nadal, Federer e Murray. Ora è tutto più aperto, anche per gli argentini. Sarebbe bellissimo vedere un connazionale lottare in fondo a uno Slam”.
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