Sono tempi cupi e confusi. Via via che le notizie peggioravano e la vita intorno a noi si restringeva, ci siamo aggrappati alle piccole certezze, finché anche queste ci si sono sgretolate in mano. Il nostro amato sport è rimasto per un po’ sospeso, illudendoci di correre in un’altra dimensione, ma non è così, non si scappa. Dobbiamo stare chiusi in casa, perciò il senso metaforico dell’evasione negata coincide quanto mai con la condizione reale. Onestamente adesso pensare allo sport e parlare di sport è più difficile che mai. È come se quel piano a noi tanto caro, quello delle cose-ludiche-prese-molto-seriamente fosse all’improvviso crollato, rendendo impossibile il sommo godimento di appassionarsi come matti per attività che altri considerano futili. Mi viene in mente il mitico alter ego di David Foster Wallace che si sloga la mascella di fronte a un colpo di prestigio di Roger Federer e scatena le ansie della moglie con i suoi grugniti inumani. Ecco, per un po’ faremo a meno di questi sublimi rapimenti, e non sarà certo la più grave delle rinunce. Adesso si ferma tutto, perché c’è in ballo una partita più grande che riguarda l’intera umanità. Non sappiamo quanto durerà né cosa succederà, ma non sarà facile né breve.
Ne usciremo diversi, forse anche più forti e più consapevoli, ma niente sarà come prima. Spero che sapremo vivere e cogliere meglio il senso di ciò che facciamo, passioni incluse. E allora, mentre ancora fatico a convincermi che questo incubo sia reale, mi lascio tentare da un piccolo sogno confortante.
È un’immagine infantile senza né capo né coda, ma dopotutto un pensiero positivo non può certo far male – ok è vero che in questo periodo stiamo imparando che persino un abbraccio può diventare letale per cui è meglio non dare niente per scontato. Nel mio stupido sogno sovrappongo il ricordo di quando ho visto per la prima volta Roger dal vivo a ciò che spero per il prossimo giugno. La scenografia è dominata dall’erba di Halle, con tanto di profumo, e io mi vedo la stessa emozione, amplificata dal periodo oscuro trascorso. Federer entrerà in campo e sarà una Pasqua pagana: celebreremo la resurrezione sua, nostra, vostra, loro e soprattutto del gioco.
Nel frattempo la notizia è che Roger ha recuperato le sue inziali e in assenza di altre buone nuove ci accontentiamo. Il logo Rf che l’ha accompagnato per molti anni era rimasto incastrato fra le pieghe del suo contenzioso con la Nike quando, nel 2018, lo svizzero aveva scelto all’improvviso di cambiare sponsor, accettando il ricco contratto propostogli da Uniqlo. Mentre i suoi avvocati erano al lavoro, Roger è tornato più volte sull’argomento, dicendosi fiducioso in una risoluzione della questione in tempi ragionevoli. È una faccenda economica, certo, inutile fare finta di niente, ma anche qualcosa di privato e quasi intimo – sono le mie iniziali, ripeteva Roger, quasi incredulo che un dettaglio tanto personale potesse restare di proprietà altrui. Ora il nome di RF torna suo e potrà farne ciò che vuole. Speriamo di vederlo presto, magari come nel mio sogno di Halle, oppure a Wimbledon, quando torneremo a gioire e soffrire per la più importante delle cose meno importanti (cit.). Intanto teniamo duro, lontani ma insieme.