Si è dapprima insinuata silenziosamente nelle nostre case per poi prendere il sopravvento su ogni singola azione quotidiana: si tratta della tecnologia. Inutile ormai dire che quest’ultima sia diventata parte integrante delle vite di milioni, anzi, miliardi di persone, e se dal punto di vista social risulta essere un alienante e “velenoso” mezzo per gonfiare il nostro ego a furia di pollici versi, questa continua necessità di sentirsi connessi, se applicata allo sport può in realtà dare vita a qualcosa di straordinariamente unico e rivoluzionario.
Negli ultimi decenni siamo stati testimoni di una cospicua evoluzione tecnologica a cui è stata sottoposta anche la classe degli sportivi. Il mondo del tennis si è mostrato più che propenso a questa conversione hi-tech, partendo dalla sperimentazione di nuovi materiali per i telai delle racchette, sino ad arrivare alle app che forniscono dati obiettivi sulle prestazioni e suggeriscono di migliorale, passando per l’introduzione di occhio di falco e superfici “giovani” come il plexicushion. Ma vi siete mai chiesti quanto può influire la tecnologia sulle performance degli atleti?
TELAI IN EVOLUZIONE — Un contributo significativo all’universo tennistico è stato sicuramente dato dalle nuove tecniche e materiali impiegati per la realizzazione delle racchette, che con il passare degli anni e l’incalzare del progresso tecnologico, hanno assunto le sembianze di veri e propri arti bionici. Ciò è constatabile semplicemente mettendo a confronto i telai in legno di una volta (che tendevano a deformarsi), quelli in in alluminio degli anni ’60, e quelli realizzati in grafite; materiale subentrato verso la fine degli anni ’80. Di fatto, con il miglioramento dei materiali e l’aumento delle dimensioni del grip e del piatto corde, è stato possibile garantire una migliore presa, un impatto con la palla più centrato e, conseguentemente, una maggiore possibilità di rispondere all’avversario ed allungare gli scambi. L’ultima frontiera scientifica in campo tennistico è rappresentata dalla tecnologia “CrossBow” che ha alla base lo stesso sistema di una molla o di un arco: all’impatto con la palla il telaio si carica grazie alla dinamicità del ponte, rilasciando la potenza immagazzinata in fase di risposta. Il telaio è costituito, quindi, da due parti, la cui caratteristica principale è il ponte che si muove indipendentemente e che concede alla racchetta di accumulare complessivamente più potenza.
OGGETTO PENSANTE— Restando sempre in tema racchette, interessante è il caso di “Play & Connect”, un sistema di raccolta dati ideato da Babolat e adottato persino dal loro testimonial più illustre, Rafael Nadal. Si tratta di una racchetta hi-tech (vietata durante i match ufficiali) dotata di un manico “sensoriale”, in grado di rilevare tutti i colpi giocati distinguendoli tra diritto, rovescio, servizio, colpi piatti, in slice o in top spin; e monitorare la velocità con la quale si muove la racchetta e la sezione della testa in cui si è colpita la palla. Al termine di ogni allenamento è possibile scaricare i dati raccolti collegando la racchetta stessa, tramite Wi-Fi o Usb, a computer o dispositivi mobili tramite app. La domanda che sorge spontanea, a questo punto, è se si avverta o meno la presenza del sensore quando si impugna l’attrezzo. In realtà la risposta è più semplice di quanto non si creda poiché – a detta dei giocatori – sottraendo al manico il peso corrispondente a quello dell’apparecchio il fastidio è praticamente nullo.
SOTTO I NOSTRI PIEDI — Passi da gigante sono stati fatti anche nella costruzione dei campi, in particolare nella composizione di nuove superfici di gioco in grado di venire incontro alle necessità dei giocatori. Prendiamo per esempio il Plexicushion Prestige, materiale utilizzato agli Australian Open che ha sostituito il 30 maggio 2007 il Rebound Ace (superficie ufficiale dello Slam dal 1988 costituita da un’imbottitura di gomma, poliuretano, vetroresina, su una base di asfalto o cemento armato). Questa miscela di lattice, gomma e particelle plastiche, e dalla superficie in 100% acrilico Plexipave, può godere di un organizzazione a sei strati che permette, al contempo, di ammortizzare le sollecitazioni fisiche per i giocatori e di ottenere un rimbalzo uniforme, contrariamente al Rebound Ace, il quale, oltre a poter procurare traumi, presentava avvallamenti e non permetteva uno sviluppo di gioco pulito. Ad oggi, tra gli uomini, Novak Djokovic è il giocatore con più successi su Plexicushion (Australian Open 2008, 2011, 2012, 2013, 2015 e 2016) mentre fra le donne è Serena Williams ad aver ottenuto il maggior numero di risultati positivi su questa superficie (A.O. 2009, 2010, 2015, 2017).
HAWK EYE — Di recente applicato anche al calcio con il sistema goal-no goal adottato dalla FIFA, il cosiddetto occhio di falco è un moderno sistema tecnologico che ripercorre la traiettoria precisa percorsa dalla palla. Nel tennis, ciò avviene attraverso 10 telecamere posizionate in alto lungo tutta la struttura del campo, che registrano tutti i rimbalzi della palla (in particolare gli ultimi 5) dal momento in cui il giocatore fa richiesta di challenge all’arbitro sull’ultimo punto giocato. Ogni giocatore ha diritto di chiedere 3 volte per set la verifica di una chiamata con occhio di falco (+ 1 in aggiunta ad ogni inizio tie-break). Se il tennista ha ragione, il numero delle verifiche resta invariato, se invece ha torto le possibilità si riducono. Nonostante si chiami “occhio di falco”, bisogna però dire che il challenge è una di quelle risorse controverse su cui è meglio non fare troppo affidamento. Molti giocatori si sono dichiarati scettici riguardo il suo impiego. Infatti, soprattutto agli esordi dell’utilizzo di questo sistema elettronico, i problemi ci sono stati eccome. Il topic più discusso riguarda la tempistica, in quanto i tennisti impiegano troppo tempo nel formulare la loro richiesta all’arbitro creando discussioni in campo. Con il trascorrere degli anni è stata poi messa in discussione anche l’attendibilità dei risultati del sistema poiché non è possibile eliminare ogni singolo dubbio sull’eventuale zona di court colpita dalla pallina. Dunque, esiste sempre un margine di errore legato alla tecnologia, che molte volte ha dimostrato di poter fallire clamorosamente, ed è proprio il caso di questo video che vede protagonisti Fabio Fognini e Steve Johnson:
Insomma, statistiche alla mano verrebbe da dire che l’evoluzione, anzi, la rivoluzione dei materiali, lo sviluppo delle tecnologie e gli studi di biomeccanica abbiano sicuramente reso più spettacolare lo sport. Ma oggigiorno, per quanto la tecnologia giochi un ruolo fondamentale nelle nostre vite – dentro e fuori dal court – resta ancora un’incognita irrisolta se sia l’uomo a migliorare la propria tecnica grazie al supporto scientifico o se sia la stessa scienza il fattore che determina il progresso dell’uomo.