Una carriera tra regole e passione
Giorgio Tarantola è una figura che ha attraversato il mondo del tennis da protagonista silenzioso ma centrale: quello dell’arbitro. Con oltre quattromila partite dirette nei tornei più prestigiosi, da Wimbledon all’Australian Open, passando per Roma e il Roland Garros, Tarantola ha trasformato una curiosità giovanile in una carriera internazionale lunga oltre vent’anni.
Al Corriere della Sera, racconta la sua storia, che inizia in modo quasi casuale: “A diciotto anni giocavo a tennis con ogni tempo, ma soprattutto leggevo di tutto e volevo conoscere bene il regolamento”, racconta. Spinto dalla voglia di capire il gioco fino in fondo, si iscrisse a un corso per arbitri senza alcuna ambizione professionale. Ma tutto cambiò quando, a 23 anni, venne chiamato all’ultimo momento per sostituire un collega bloccato a Dubai durante un torneo a Milano. “Erano gli anni di Lendl e McEnroe, l’arbitraggio andò molto bene. L’ATP mi fece il primo contratto e iniziai a girare il mondo”.
Il primo grande torneo fu in Tasmania, e da lì fu un susseguirsi di appuntamenti nei teatri più celebri del tennis mondiale. Nel 2008, dopo due decenni di viaggi e sfide arbitrali, decise di cambiare direzione: lasciò la sedia dell’arbitro per dedicarsi all’organizzazione di tornei.
Monza, dal ricordo di Djokovic alla sfida del futuro
Oggi Tarantola è il direttore del Challenger ATP di Monza, in corso nel circolo che definisce la sua “seconda casa”. Una realtà nata quasi per scommessa, con la data confermata solo tre mesi prima dell’inizio e una corsa contro il tempo per garantire il livello dell’evento: “In pochissimo tempo abbiamo raccolto i fondi necessari e rivoluzionato il circolo. Siamo gli unici ad aver installato perfino l’occhio di falco”.
Non è la prima volta che Monza ospita il grande tennis. Dal 2005 al 2012 si era già giocato un torneo ATP, seppur di livello inferiore. Proprio nel 2005, Giorgio Tarantola conserva un ricordo vivido che oggi risuona con emozione e tenerezza: “Un giovane diciottenne varcava il portale neogotico del circolo, accompagnato dai genitori. Sua madre mi chiese dove fosse il supermercato più vicino per comprare pane e formaggio al figlio. Non potevano permettersi il pranzo al ristorante”. Quel ragazzo si chiamava Novak Djokovic. Un episodio che rivela quanto la strada verso il successo possa partire da gesti semplici, e da sacrifici spesso invisibili.
Tarantola spera che il Challenger di Monza diventi un appuntamento fisso del calendario ATP, certo che la città e il suo contesto — il parco e la Villa Reale — siano cornice ideale per un evento di grande richiamo: “Anche Monza è un luogo incantevole”.
Tra Wimbledon e Henri Leconte
Nonostante oggi la sua attività si sia spostata dietro le quinte, Giorgio Tarantola non ha perso il legame con il tennis che conta. Con alcuni dei grandi del passato è rimasto in contatto, come Ivan Lendl, che ha invitato a Monza per una partita a golf nel parco. Ma a chi piacerebbe giocare davvero? “Mi piacerebbe giocare con Henri Leconte — sorride — era un grande creativo, mai un colpo prevedibile”.
Il cuore, però, batte ancora per Wimbledon: “È unico, si respira la tradizione. Ricordo l’emozione di entrare da solo sul campo centrale”. Ma non nasconde l’affetto anche per gli altri grandi tornei: “Amo molto l’Australian Open per il contesto e Roma per quei pini marittimi e le statue del campo centrale”.
Un ponte tra sport e cultura
Oltre al tennis, Tarantola coltiva una seconda, radicata passione: i libri. La sua è una famiglia con una lunga storia nel settore, iniziata nel 1859 e proseguita con la libreria fondata dal nonno Umberto a Sesto San Giovanni. Un’eredità culturale che affianca quella sportiva, contribuendo a definire una figura poliedrica e appassionata, capace di unire la precisione dell’arbitro alla curiosità del lettore.
Giorgio Tarantola oggi guarda i giovani che calcano i campi del Challenger di Monza con lo stesso sguardo con cui, anni fa, osservava un giovane Djokovic affamato non solo di pane e formaggio, ma di tennis. Forse, tra quei ragazzi, si nasconde il prossimo campione del mondo. E se così sarà, è probabile che anche lui ricorderà Monza come il primo passo di un lungo viaggio.