Nessuno ha torto e nessuno ha ragione: confronto tra tifosi dei Big 3

Chi è il G.O.A.T., ovvero il più grande di tempi? La storia di Federer, Nadal e Djokovic non è ancora finita e la questione continua a dividere fan di tutto il mondo: impossibile stabilire chi ha torto e chi ha ragione. Di David Carrozzo.

Mancano ormai solo due settimane all’inizio della nuova stagione, che si preannuncia, per la prima volta negli ultimi 15 anni, piena di possibili sorprese e colpi di scena. Sempre relativamente parlando, si capisce, perché in testa al ranking ATP ci sono ancora loro: i soliti, immortali Big 3, i tennisti più vincenti della storia. Nadal, Djokovic e Federer (rispettivamente n. 1, 2, 3 del mondo).

Con loro tre ancora in attività qualsiasi altro giocatore, a prescindere da cosa abbia vinto e da come sia classificato, risulta “forte” in maniera relativa. I pretendenti al podio ormai sono tanti, ma Nole, Roger e Rafa, che fanno 103 anni in tre, non hanno ancora abdicato e continuano a spartirsi la maggior parte dei più importanti tornei del circuito, specialmente gli Slam (55 in tre). Dal 2007 ad oggi, le prime tre posizioni del mondo ad inizio stagione sono state occupate dai Fab 3 per 8 volte su 13 (2007-08-09-10-11-14-18-19): un dominio assoluto e perentorio. Probabilmente mai come in questi anni di Big 3-era, i fans del tennis si sono schierati per uno, per l’altro o per l’altro ancora, alimentando una forma di tifo quasi calcistica, in cui ognuno cerca di trovare più motivazioni possibili per individuare il proprio beniamino come G.O.A.T. (Greatest of All Time).

E così escono fuori i più disparati e (spesso) assurdi confronti tra i tre, basati su statistiche, numeri, stili di gioco e chi più ne ha, più ne metta. Da ormai 15 anni assistiamo in ogni sito, blog e forum sul tennis a “scontri” tra fazioni di federiani, nadaliani e djokoviani. Quasi sempre hanno tutti torto. Quasi mai hanno tutti ragione. Sì, perché ogni schieramento di fan ha ormai sviluppato una “corrente di pensiero tennistico-filosofica”, che dà più importanza a particolari statistiche piuttosto che ad altre, maggior peso ad alcuni tornei rispetto che ad altri e glorifica un’espressione tecnico-tattica del tennis rispetto ad altre. E molto difficilmente (o meglio, praticamente mai) ci si trova tutti d’accordo sull’accreditare ad uno solo dei tre pluricampioni il “titolo” di miglior tennista della storia. Colpa nostra? No, assolutamente. Colpa loro, che hanno vinto troppo da tutte le parti!

Immaginiamo un incontro (o scontro?) tra tre supertifosi convinti, in cui ognuno espone le proprie tesi a favore del tennista preferito. Partiamo dal nadaliano. Sappiamo tutti che Rafa durante la sua carriera ha saltato tanti (e tanti) tornei, specialmente sulla superficie dura, che danneggia particolarmente le articolazioni, anche a causa del suo tipo di gioco. Ovviamente, per il tifoso medio, Rafa avrebbe sicuro vinto di più se solo fosse rimasto fisicamente integro in carriera, come hanno fatto i suoi acerrimi rivali. Per carità, la fragilità del fisico dello spagnolo è palese, ma questo basta per “giustificarlo”?

Un giocatore che fisicamente non regge il ritmo per tutto l’anno per più anni, merita di essere riconosciuto superiore agli altri due? Il tennis si gioca su tre superfici e su undici mesi all’anno, ergo, il migliore è chi si esprime meglio (in media) su tutto l’arco di tempo e non solo su particolari tornei che si giocano sulla superficie più congeniale al suo gioco e al suo fisico. L’integrità fisica incide sulla performance del giocatore e quindi è parte integrante stessa del suo rendimento. Può essere punto di forza o tallone d’Achille, ma va pur sempre considerata come caratteristica del giocatore stesso: se in particolari periodi non ce la fa fisicamente, probabilmente non è lui che merita il gradino più alto del podio. La sfortuna incide sugli infortuni? Sì, anche. Ma pure quella fa parte del gioco…

Ora è il turno del tifoso di Re Roger. In sintesi: stile di gioco più aggressivo degli altri due, che quindi giustifica più unforced errors e più punti persi. Vince chi sbaglia meno, non chi attacca di più. Gli errori sono sintomo di inconsistenza di gioco, ergo, se sbagli di più meriti di perdere. La tattica e la strategia di gioco sono parte integrante della performance di un tennista. Se Federer attua uno stile aggressivo e propositivo, lo fa perché sceglie di farlo ed evidentemente vuole attuare quel gioco per battere l’avversario.

Nel caso in cui non dovesse riuscirci, allora la sua tattica si dimostrerebbe meno vincente di quella avversaria. In poche parole: Federer meriterebbe di perdere. Vedere attaccare Roger è sicuramente un grande piacere per gli occhi di qualunque appassionato, ma il tennis non è (mi spiace per gli amanti del bel gioco) una gara di bellezza stilistica. Nel tennis conta vincere, a prescindere da come, e, tra uno che non attacca e non sbaglia ed uno che attacca ma sbaglia, beh di certo non merita il secondo…

In questo duopolio tra Federer e Nadal, a partire dal 2011, si aggiunge Djokovic. Nole non ha grossi “buchi” nel suo gioco, né ha mai avuto molti infortuni in carriera (a parte il gomito nel 2017), ma si è mostrato spesso discutibile nel comportamento in campo durante i match. Capita un paio di volte all’anno (anche se ultimamente meno) di vederlo, preso dalla frustrazione, rompere racchette o rivolgersi male nei confronti di ball-boys, arbitri e pubblico. Il tennis, più di ogni altro, è uno sport psicologico, in cui facilmente saltano le staffe, ma un campione deve di certo limitare al massimo sfoghi di questo genere.

Quando sei il n.1 rappresenti l’immagine del tuo sport e il modello a cui tutti si ispirano. E un modello sportivo, a prescindere da quanto vinca, deve comportarsi da modello anche nelle sconfitte e quando la situazione non gira come a lui piacerebbe. Non è facile mantenere i nervi saldi in ogni partita neanche per un grande campione, ma leggende lo si diventa anche per la classe e l’etica comportamentale mostrate sul campo…

Spesso queste tre filosofie di pensiero tennistico presentano dei punti in comune, come quando il tifoso di Nole e quello di Roger, osservando le statistiche, considerano maggiormente i numeri su cemento ed erba, mettendo da parte la terra, superficie su cui Rafa ha stra-dominato per l’intera carriera. Troppo facile considerare due superfici su tre, un tennista va giudicato nel suo complesso, ovvero su tutti i terreni di gioco e in tutti i tornei. Troppo facile considerare solo le stats a proprio favore…

Riguardo il serbo, molte volte il suo gioco viene considerato “noioso” dai tifosi delle altre due fazioni, abituati ai punti spettacolari delle sfide Federer-Nadal, in cui si scontrano due stili di gioco opposti. Nole invece è più “ragioniere”, costruisce senza rischiare mai troppo, né cercare il 15 da standing ovation. Sicuramente è meno spettacolare, ma di certo più concreto e redditizio. Vince chi fa più punti, non chi ne gioca di più belli. Se credete che nel tennis lo spettacolo debba prevalere sulla consistenza, beh, avete sbagliato sport…

Se guardiamo la carriera dell’attuale n.3 del mondo, ci rendiamo conto di come la maggior parte dei suoi titoli siano spalmati su un dominio di 5-6 anni in cui Djokovic e Nadal erano ancora poco più che ventenni e non competitivi su tutte le superfici, né in tutto l’arco dell’anno. Questo periodo tennistico è considerato da djokoviani e nadaliani come “weak-era, in cui stravinceva un unico giocatore (Federer per l’appunto) a causa della scarsa competitività ad altissimi livelli.

Di certo i vari Roddick, Hewitt e Safin non sono neanche lontanamente all’altezza di Nole, Rafa ed Andy, ma è veramente demerito degli avversari o è semplicemente merito di Roger che spazzò via tutta la concorrenza? Analogamente, si potrebbe fare lo stesso discorso riferendoci agli ultimi dieci anni, considerandoli anch’essi come weak-era, perché dominati in lungo e largo da soli tre giocatori? Ogni epoca tennistica va contestualizzata, ma i titoli non acquisiscono valore a seconda del momento in cui sono stati vinti. Altrimenti oggi l’US Open di Cilic varrebbe più di qualsiasi altro titolo Slam, perché vinto nell’epoca dei tre migliori di sempre…

Paragonare le carriere di questi tre fenomeni è difficile, individuarne la migliore ancora di più. Ogni tifoso dà importanza a particolari vittorie, numeri e titoli ed è quasi impossibile mettere tutti d’accordo. Forse potremo analizzare tutto al meglio a posteriori, a carriere concluse. Per ora godiamoci questi tre “vecchietti” che, nonostante tutto e tutti, non sono ancora sazi di spettacolo e vittorie… Chapeau, Big 3!

Di David Carrozzo

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