A oltre 40 anni di distanza dalla leggendaria vittoria della Coppa Davis, Adriano Panatta e l’allora capitano Nicola Pietrangeli sono stati intervistati nella trasmissione Rai “Che tempo che fa”. Tanti gli argomenti che il presentatore Fabio Fazio ha sottoposto ai due miti del tennis italiano, primo su tutti il ricordo di quell’impresa nel Cile di Pinochet. Si è iniziato con un divertente aneddoto raccontato da Pietrangeli: “Era il 9 luglio del 1950, quando io e Ascenzio, il padre di Adriano, stavamo chiacchierando al Tennis Parioli, dove era il custode e diede la notizia che gli nacque un figlio. Tempo dopo fui invitato al Circolo dell’Eur a giocare con dei bambini e mi fu riferito che ce ne fosse uno bravino. Dopo tre palleggi mi fa: “Facciamo la partita”. E io: “Come facciamo la partita?”. Passano degli anni e mi ritrovai a giocare a Milano contro il campione nazionale juniores, tale Panatta. 4-1 per lui, con sole palle corte. Al cambio di campo dissi: “A coso, calma, le palle corte le ho inventate io”. Vinsi la partita e nello spogliatoio mi fece: “La saluta papà”. Rimasi di sasso quando mi disse che il papà fosse il caro Ascenzio”.
TENNIS D’ALLORA E DI OGGI – Poi un confronto sulle racchette di allora e quelle attuali, con il presentatore che sfodera le vecchie racchette dei due e quella attuale di Nadal, chiedendo provocatoriamente: “È lo stesso sport?”. Secca la risposta di Panatta: “No, no. L’attrezzo ha cambiato tantissimo questo sport. Oggi con questa racchetta qui (quella di Nadal, ndr) fai delle cose che con queste nostre era impossibile perché è più grande, molto più potente”. Pietrangeli rincara la dose, misurando il piatto corde della sua Maxima con una spanna: “All’epoca se non sapevi giocare a tennis non ci giocavi, oggi sono bravi ma con questa racchetta oggi li vorrei vedere io”. Sulla differenza da allora ad oggi: “All’epoca non c’erano i computer ma il pallottoliere e anche i prize money erano un’altra cosa: oggi chi vince Parigi vince 3 milioni, quando lo vinsi io guadagnai 150 dollari”.
COPPA DAVIS – Arriva poi il momento in cui si è parlato della mitica Davis: “C’era una parte della sinistra, dell’estrema sinistra”, dice Panatta, “che non voleva assolutamente che noi andassimo in Cile. Ci furono dibattiti, manifestazioni, ma Nicola si batté molto per andare in Cile”. “Sport è una cosa, politica è un’altra – ha aggiunto Pietrangeli – Io dico sempre che la politica fa male allo sport e lo sport fa molto bene alla politica”. Riprende la parola Panatta: “Il problema era che il Coni aveva chiesto al governo di prendere una decisione. Al governo c’era Andreotti, che non decideva, ma alla fine arrivò una lettera del Partito comunista cileno che convinse Berlinguer a farci andare, anche se né il Coni, né Andreotti dettero il loro esplicito assenso.” Poi Adriano ha continuato a parlare, stavolta sul simbolo della maglietta rossa: “Non era il simbolo del comunismo, ma il colore dei fazzoletti delle donne cilene che andavano in piazza contro Pinochet e i loro parenti fatti sparire. Lì per lì non se ne accorse nessuno