2 Luglio 2001: il giorno in cui tutto cambiò nel mondo del tennis. Un passaggio di consegne, uno scambio di testimone sul campo centrale di Wimbledon, tra il veterano Pete Sampras e il giovane Roger Federer. Da una parte il vincitore di 7 delle ultime 8 edizioni dei Championships, il più forte giocatore della terra all’epoca, dall’altra il talentuoso e ribelle “ragazzotto” svizzero, che con il tempo avrebbe eguagliato e poi superato i record del campione americano. Alle 19:20 locali, dopo 5 set combattuti, l’Apprendista elvetico infila il Maestro con uno splendido passante di rovescio e, davanti a una folla incredula, cade a terra in lacrime, faticando a capacitarsi delle gesta appena compiute. “Pistol Pete” si avvicinò alla rete con la testa china, ormai consapevole che il suo regno era giunto al capolinea. Ma Federer, non era pronto per prendere il suo posto… Ancora troppo acerbo, non riuscì a gestire la pressione mediatica dettata dall’incredibile successo su Sampras e venne eliminato nel turno successivo dal britannico Henman.
L’appuntamento con la storia fu rimandato di soli due anni. Nel 2003, infatti, Roger fece il salto di qualità definitivo sotto ogni punto di vista, conquistando il suo primo Wimbledon, in finale su Mark Philippoussis. Coronando il sogno che aveva sin da bambino, “Fed” acquistò sicurezza e serenità che, unite a una tecnica fuori dal comune, gli permisero di diventare numero 1 del mondo e di riscrivere il corso degli eventi di questo sport, inaugurando la cosiddetta “epopea federiana”.
Fino al 2006 il suo dominio fu incontrastato, poi, di punto in bianco, un energico e temerario ragazzino spagnolo, diverso in tutto e per tutto dall’ ormai elegante e raffinato Signore Svizzero, decise di rimescolare le carte in tavola. Quello sbarbatello con tratti da Indios, che girava il circuito con il suo fidato e sapiente zio, è Rafael Nadal. I due, essendo anche grandi amici, hanno dato vita a una delle rivalità più belle e spettacolari di sempre, un confronto di stili e personalità che resterà negli annali. La classe e la leggiadria delle movenze di Roger contro la forza e lo spin del gancio mancino di Rafa.
Il maiorchino, soprattutto sulla terra rossa, ha dato molti dispiaceri a Federer e ai suoi numerosissimi tifosi, ma il Re, evolvendo il suo gioco, è riuscito a trionfare in ogni prova dello Slam e ad essere primatista in quasi tutte le classifiche, divenendo così il tennista più titolato di ogni epoca.
Con gli anni, superati i 30, il fenomeno di Basilea inizia a perdere qualche colpo e, pur confermandosi su ottimi livelli, in diverse circostanze viene sconfitto da avversari più giovani e arzilli.
Nel 2016, un infortunio al menisco, lo costringe a finire sotto ai ferri e a prendersi una lunga pausa dall’attività agonistica. Quando tutti lo danno per finito, lui ritorna in campo e, alla prima occasione, smentisce gli scettici, firmando un’impresa memorabile, che non ha eguali nell’universo sportivo: vince gli Australian Open, tornando a sollevare un trofeo dello Slam a distanza di quasi 5 stagioni, annichilendo in finale proprio chi 8 anni prima, qui a Melbourne, gli diede una delle delusioni più grandi della sua straordinaria carriera. Chi è il giocatore in questione? La sua nemesi: Rafael Nadal, of course…
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Claudio Crescente