Non c’era bisogno che Nadal battesse Basilashvili 18-1 perché venisse ulteriormente rafforzata la sensazione che lo spagnolo vincerà questo Roland Garros. Se poi, di seguito, ci mettiamo che Novak Djokovic si è trovato sotto 1-2 con il “piccoletto” argentino Diego Schwartzman prima di cambiare marcia (e atteggiamento) e chiudere in bellezza con un doppio 6-1, beh resta poco da aggiungere. A Parigi, nel torneo maschile, si lotta per il secondo posto e, ovviamente, questa è una lotta riservata a quelli che si trovano nella metà alta del tabellone e che dunque non affronteranno il mancino di Manacor se non il giorno della finale.
Tuttavia, nel triste giorno in cui il belga Goffin è malamente scivolato sui teloni antipioggia e ha dovuto lasciare il Suzanne Lenglen sorretto a braccia (ma forse l’infortunio è meno grave del previsto, speriamo davvero per lui), ci siamo volutamente concentrati su altre vicende che hanno movimentato il venerdì tennistico della capitale francese.
Ad esempio: Dimitrov. Sì perché, diciamolo, chi non vorrebbe che tanto cristallino talento fosse finalmente accompagnato da adeguata sostanza? Anche se Federer avrebbe dichiarato la seria intenzione di continuare a giocare fino ai 40 anni (che detta così sembra un’enormità, e per certi versi lo è pure, ma comunque in agosto per lo svizzero saranno 36 e quindi parliamo di altri quattro anni, non di un secolo come vorrebbero tutti i suoi miliardi di tifosi), per chi ama Roger il bulgaro è l’unico vero placebo da ingerire a dosi consistenti con lo scopo almeno di attenuare la malinconia.
Ieri Grigor ha perso netto con Carreño Busta. Per carità, il risultato non fa una grinza. Siamo sulla terra, dove lo spagnolo vale qualche posto in più della sua classifica attuale e il nostro di nero vestito qualche posto in meno, ma di nuovo ci è restato in bocca il sapore amarognolo di qualcosa che sarebbe perfetto se non ci fosse sempre un ingrediente che manca. Ciò che può e deve confortare di Dimitrov è l’età (26 appena compiuti) in un tennis che premia i frutti maturi e boccia a più riprese la precocità.
A proposito di questo, non devono stupire le performance di due ex-ragazze che non sembrano sentire i segni dell’età. Oddio, in realtà Svetlana Kuznetsova ne ha appena 31 ma il fatto che abbia vinto il suo primo slam nel 2004 quando ancora le avversarie erano Dementieva, Myskina, Davenport e nello stesso anno in cui gli australiani intitolarono lo Show Court 1 di Flinders Park a Margaret Court (e ci fermiamo qui perché altrimenti sulla questione della lettera di Martina Navratilova dovremmo scrivere cento righe a parte…), ci fa sembrare il tutto molto vintage. Sveta ieri ha fatto piangere di frustrazione una stoica e non sempre fortunata Shuai Zhang ma alla fine l’ha spuntata dopo altre tre ore di battaglia non sempre tecnicamente straordinaria.
L’altra, invece ,anzianotta inizia ad esserlo davvero e tra poco sarà pure zia (di una nipotina? Chissà…) ma intanto sculaccia a suon di dritti (colpo che ha addirittura migliorato rispetto a quando era numero 1) le allieve che le capitano a tiro. Ieri la belga Elise Mertens, una che si presentava con la buona credenziale di aver eliminato al debutto Daria Gavrilova, ha rimediato quattro giochi. Ah, scusate; stiamo parlando di Venus Williams, naturalmente.
Per restare in tema vintage ci sarebbe anche Sam Stosur, che qui ha sempre giocato meglio che in ogni altro major (37-13 il record, una finale e tre semifinali) per poi andarsi a prendere gloria eterna alzando la coppa degli US Open a spese di Serena Williams. Gli scherzi del destino. La miglior australiana dai tempi di Evonne Goolagong (e fortuna che non abbiamo dovuto scomodare un’altra volta la già scomodissima Court…) non ha però dovuto affrontare fin qui ostacoli seri e sarà interessante vederla all’opera contro la giovane emergente Jelena Ostapenko.
Per finire con le donzelle, altro cuore e batticuore da parte della predestinata Kiki Mladenovic che, dopo la polemica (poi rientrata) sfida con la nostra Errani, è tornata sulle barricate per mantenere l’indipendenza dagli Stati Uniti che ci avevano provato con Jennifer Brady al primo turno (battuta 9-7 al terzo) e ci hanno ritentato con Shelby Rogers (8-6 stavolta). Perché abbiate un’idea anche vaga di quanto sia complicato per le tenniste francesi giocare al Roland Garros, sappiate che la Francia non ne piazza tre negli ottavi dal lontano 1994 (allora furono Mary Pierce, Alexia Dechaume-Balleret e Julie Halard-Decugis) pur avendo avuto giocatrici del calibro della stessa Pierce, Mauresmo e Bartoli.
Ci proveranno oggi Alizè Cornet (contro la rientrante Radwanska) e Caroline Garcia (che se la vedrà con la sorprendente Su-Wei Hsieh). Insomma, non è proprio scontato che la Mladenovic debba portarsi sulle spalle la pressione dell’intera nazione.
Ah, ieri sera l’oscurità (tanto invocata dalla danese) ha dato una piccola mano a Caroline Wozniacki e regalato una notte di piccoli demoni alla giovanissima Catherine Bellis. La statunitense è stata fermata mentre stava incamerando il secondo set (è avanti 5-2) ma, se anche perderà, il suo modo di stare in campo la renderà un brutto cliente per tutte quando metterà qualche muscolo in più.
Per finire, stuzzicante il programma odierno con almeno tre o quattro partite degne di nota: scontate Murray-Del Potro (fu finale olimpica a Rio 2016) e Wawrinka-Fognini ma meritano una nota, non fosse altro che di colore, i tre “derby” di giornata: quello sudamericano tra la paraguayana Veronica Cepede-Royg e la colombiana Mariana Duque-Marino, quello tra gli ultimi due francesi Gasquet e Monfils e quello orientale tra il coreano Chung e il giapponese Nishikori. Buon divertimento.