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Simone Vagnozzi sul caso Sinner: “Staccarci dal tennis per un po’ non ci ha fatto male”

Un talento da gestire

Allentare le redini di un cavallo di razza senza spezzarne lo slancio. È questo il difficile equilibrio che Simone Vagnozzi, insieme a Darren Cahill, ha saputo trovare nell’allenare Jannik Sinner, uno dei tennisti più promettenti e ormai affermati del panorama mondiale. Quando nel 2022 prese il posto di Riccardo Piatti, in molti sollevarono dubbi. Ma i fatti hanno dato ragione al coach marchigiano: sotto la sua guida, il campione altoatesino è cresciuto in tutti gli aspetti del gioco, fino a raggiungere la vetta del ranking ATP e conquistare tre titoli dello Slam.

L’approccio meticoloso e il lavoro sui dettagli tecnici e mentali hanno permesso a Sinner di esprimere finalmente il suo pieno potenziale. Ma il cammino verso la gloria è stato tutt’altro che lineare.

Il caso doping: uno shock per tutti

Il 2024 è stato un anno di successi ma anche di scosse. La positività al Clostebol — derivata da una contaminazione involontaria a Indian Wells — ha imposto uno stop di tre mesi al tennista italiano. Una situazione surreale, che ha colpito profondamente sia l’atleta che il suo staff.

“È stato uno shock”, ha ammesso Vagnozzi in un’intervista, riferendosi al momento in cui è arrivata la notizia. “Gli ho detto che dovevamo andare in giro a testa alta. Non aveva fatto nulla di sbagliato e chi ha letto i documenti lo sa”. Nessuna ombra volontaria, solo una sfortunata vicenda di contaminazione che si è conclusa con un accordo con la WADA e un periodo lontano dai campi. Ma non tutto il male vien per nuocere.

“Staccarci dal tennis per un po’ non ci ha fatto male”, ha spiegato il coach. “Il circuito è una giostra che non si ferma mai. Quando sei in cima ti chiedono il 100% ogni settimana. Era l’occasione per rifiatare, riflettere, fare un reset”. E proprio da quel tempo sospeso è nata una nuova consapevolezza, un nuovo Sinner, pronto a tornare in campo agli Internazionali BNL d’Italia con fame rinnovata.

Un rapporto costruito sul rispetto, non sull’amicizia

In un ambiente così esigente, anche il rapporto tra atleta e allenatore richiede un equilibrio delicato. Vagnozzi ha sottolineato come sia fondamentale non oltrepassare la sottile linea che separa la complicità professionale dall’amicizia: “Viviamo insieme 24 ore al giorno in certi periodi. Non bisogna diventare troppo amici, perché l’amicizia può impedirti di prendere decisioni importanti”. La chiave, secondo lui, è “un compromesso tra tecnica ed empatia”.

E se il cammino è stato quasi sempre in salita, non sono mancati i momenti di frizione. Uno in particolare è rimasto impresso nella memoria del coach: il secondo turno del Roland Garros 2023, quando Sinner fu sconfitto da Altmaier. “Il suo body language era troppo negativo. Nel tennis non devi mai mostrare cosa provi, e quell’atteggiamento ha dato forza all’avversario. Ci siamo confrontati a lungo, ma non è più successo nulla del genere”. Un passaggio di crescita fondamentale, che ha lasciato il segno.

Verso la storia, passo dopo passo

Nonostante le difficoltà, il sentiero di Jannik Sinner continua. E anche se ha già raggiunto traguardi che per molti sarebbero il punto d’arrivo, per lui rappresentano solo l’inizio. La sospensione ha temporaneamente interrotto il ritmo di vittorie, ma non ha scalfito la determinazione.

“Il tennis è una metafora della vita”, ha riflettuto Vagnozzi. “Richiede adattamento continuo: palline diverse, superfici diverse, continenti diversi. Non puoi fare altro che accettare ciò che arriva e provare a tirar fuori il meglio”.

Ed è proprio quello che hanno fatto. Adesso, con lo stop ormai alle spalle e il ritorno imminente a Roma, Sinner ha una nuova opportunità: dimostrare che anche dalle cadute più amare può nascere qualcosa di grande. E magari, scrivere un altro pezzo di storia.

Redazione Tennis Circus

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