Ops, he did it again. L’ha fatto di nuovo Stan Wawrinka: terza finale Slam e terzo titolo, con il trofeo degli Us Open pronto a raggiungere quelli dell’Australian Open e del Roland Garros in una bacheca diventata straordinaria. Una tripletta nei major al primo tentativo come prima di lui solo Fred Perry e Jimmy Connors. Un traguardo che fino a poco tempo fa non era neanche nei pensieri dell’uomo da Losanna.
TURNING POINT – 22 giugno 2013: Stan perde la finale di Hertogenbosch contro Mahut in due set. Questa data assume dimensioni storiche perché segna l’ultima sconfitta dello svizzero nella finale di un torneo. Da allora 11 apparizioni all’ultimo atto e 11 W. Ma soprattutto cambia il prestigio dei tornei conquistati. Prima della sconfitta col francese Wawrinka “vantava” 4 titoli Atp, tutti categoria 250. Dopo, conquista i 3 titoli dello Slam, 3 tornei 500 e il suo primo (e per ora unico) Master 1000, a Montecarlo. Ma soprattutto cresce la consapevolezza nei propri mezzi da parte sua e il rispetto dei suoi avversari, che capiscono che uno così non può mai essere sottovalutato.
BIG FIVE? – Da anni ormai si sente parlare dei Big Four. Federer, Djokovic, Nadal e Murray hanno conquistato 42 degli ultimi 47 Slam, 62 degli ultimi 70 Master 1000 e gli ultimi 3 titoli olimpici. “Valuteremo la sua candidatura” ha scherzato Djokovic dopo la finale persa a New York. Se la grandezza di un tennista si misurasse “solo” con il numero degli Slam in bacheca, lo svizzero starebbe alla pari di Murray: 3 major a testa, perfetta parità. Se poi si valutasse il numero di diversi tornei dello Slam vinti Wawrinka sarebbe addirittura davanti allo scozzese. Stan però si schernisce: «Loro quattro sono ai vertici da anni, arrivano sempre in fondo ai tornei, sono di un altro livello». Riferendosi al solo Murray però, una domanda sorge spontanea: meglio essere ai vertici per un decennio o solo per un paio d’anni, vincendo lo stesso numero di grandi tornei?
SUI GENERIS – La verità è che Stanislas Wawrinka è un giocatore unico nel suo genere. Potrà essere considerato il favorito di un torneo alla pari degli altri quattro ma non farà mai parte di quel gruppo. Potrà anche avere qualche passaggio a vuoto ma quando gioca senza pensare (come all’inizio del terzo set della finale di New York) sembra provenire da un altro pianeta.
Ha raggiunto la maturità tennistica tardi, alla soglia dei 30 anni e proprio per questo sembra non aver più tempo da (per) perdere. Chi l’ha definito fortunato per aver vinto due delle tre finali Slam contro avversari non al meglio (Nadal in Australia, Nole a Flushing Meadows) non vuole rendersi conto della maturazione di un giocatore che quando ha raggiunto una grande finale ha sempre giocato da campione.
“Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio”. Queste le parole di Beckett incise sulla pelle di Stan, che una carriera fallimentare, o quantomeno mediocre, l’ha abbandonata già da un po’.