Di Steffi Graf potremmo star qui a parlare per ore intere, verseremmo fiumi di inchiostro e probabilmente lasceremmo per strada qualcosa. Non mi dilungherò troppo, per non annoiarvi oltre il consentito, ricordando altresì che la teutonica ha segnato un’epoca con un atletismo fuori dal comune – sostenuto da un paio di gambe tra le più belle del tennis -, un dritto devastante e un talento tale che le hanno consentito di mettere in bacheca ben ventidue titoli del Grande Slam.
Fu bimba-prodigio tanto da infiltrare il professionismo poco più che tredicenne, il padre Peter fu punto di riferimento lungo tutto l’arco della carriera, lo svizzero Gunthardt l’allenò a lungo e dopo aver chiuso l’era di Evert e Navratilova aprì quella di Seles, che il folle Gunther Parche pugnalò un drammatico 30 aprile del 1993, per eclissarsi infine da vincente quando sul circuito iniziavano ad affacciarsi le sorelle Williams. Ergo, un fenomeno, di cui riviviamo l’anno d’oro, il 1988 del Grande Slam, con ciliegina sulla torta del titolo olimpico a Seul.
Open d’Australia. La stagione debutta a Melbourne, nel nuovissimo impianto diFlinders Park che ha adottato la superficie in cemento, archiviando l’erba di Kooyong. Graf è da qualche mese numero 1 del mondo, ha vinto a Parigi nel 1987 il primo Majordella carriera e i pronostici la danno favorita. Sorvola i primi turni contro illustri sconosciute, concedendo quattro giochi alla norvegese Jonsson, uno all’australiana Tremelling, tre all’americana MacGregor. Agli ottavi affronta la svedese Lindqvist, testa di serie numero 13, che entra in partita solo nel secondo set, 6-0 7-5, per poi liquidare il bel gioco d’attacco di Mandlikova 6-2 6-2, e della connazionale Khode-Kilsch 6-2 6-3.
Evert e Navratilova, irriducibili avversarie nonché rivali più accreditate, si sbranano nell’ennesimo duello in semifinale, vince la bionda americana che va a giocarsi l’ultima finale Slam della carriera. Graf non ha problemi nel primo set, 6-1, nel secondo parziale c’è equilibrio e la decisione è rimandata al tie-break che la tedesca fa suo 7-3. Primo titolo australiano, secondo torneo del Grande Slam, nessun set concesso e soli 29 giochi ceduti alle avversarie. E’ l’antipasto di una dittatura che durerà un anno intero.
Roland-Garros. A giugno la terra rossa parigina accoglie Graf come campionessa in carica, ed è la prova che più di ogni altra l’aspetta dominatrice. E così sia. Stavolta Evert e Navratilova non incidono, perdendo l’americana al terzo turno con la giovanissima spagnola Arantxa Sanchez, la cecoslovacca lasciando strada ai quarti alla varietà del tennis della russa Natasha Zvereva. Steffi dal canto suo sbriciola la concorrenza, 6-0 6-4 con la francese Guerree, 6-1 6-0 con l’americana Reis, 6-0 6-1 con l’altra statunitense Sloane, 6-1 6-3 con la francese Tauziat, 6-0 6-1 con l’argentina Fulco.
In semifinale Gabriela Sabatini oppone valida resistenza, 6-3 7-6, annunciando una rivalità che segnerà gli anni a seguire, e poi in finale è record, con il duplice 6-0 ad una smarrita Zvereva, nella finale di Grande Slam più corta della storia, 32 minuti di esecuzione. Secondo trionfo in terra di Francia, secondo Major in stagione e stavolta le avversarie si accontentano di assommare 20 giochi.
Wimbledon. La prova erbivora è la più temuta da Graf, che l’anno prima ha ceduto in finale a Navratilova che sui prati londinesi è padrona di casa incontrastata da almeno un decennio. La cinese Hu Na, 6-0 6-0, la francese Quentrec, 6-2 6-0, l’americana Phelps, 6-3 6-1, sono spazzate via, così come agli ottavi di finale Mary-Joe Fernandez, 6-2 6-2. Ai quarti di finale Graf trova la sorprendente Pascale Paradis, che si è infilata nella fetta di tabellone lasciata sguarnita da Mandlikova, ma la francesina non va oltre una difesa onorevole, 6-3 6-1.
In semifinale la testa di serie numero 4, l’americana Pam Shriver, si fa da parte con un netto 6-1 6-2 e così è l’ora della finale più attesa, la rivincita con Navratilova che ha eliminato tanto per cambiare Evert. Stavolta il gioco di Graf è idoneo al tappeto verde, il dritto al solito è incisivo e si accoppia al rovescio inslice che frena la propensione offensiva della cecoslovacca. Martina vince il primo set 7-5, ed è il primo parziale lasciato da Graf nel corso dei primi tre Grande Slam, dopodiché non c’è più partita e Steffi in rimonta, 6-2 6-1, si iscrive all’albo d’oro più prestigioso del tennis. Con l’aggiunta del titolo in doppio, l’unico in carriera, in coppia con Sabatini e contro le russe Zvereva/Savchenko. E sono tre.
US Open. L’ultimo ostacolo sulla strada del Grande Slam è l’impegno tra gli odori nauseabondi e i rumori assordanti di Flushing Meadows e il percorso di Graf è in discesa. Minter, Bollegraf e Herreman assommano quattro giochi nelle prime tre sfide, 6-4 6-2 all’americana Fendick agli ottavi. Navratilova come sempre sarebbe la rivale più autorevole ma inciampa in Zina Garrison ai quarti di finale, Steffi demolisce la bulgara Katerina Maleeva in due rapidi set, 6-3 6-0, per poi approfittare del forfait di Evert in semifinale. E così in finale trova Gabriela Sabatini, per il primo confronto che vale un Major, ed è partita vera. Graf vince il primo set 6-3, Sabatini varia il gioco e frequenta la rete per far suo il secondo parziale, 6-3, infine l’esplosività atletica della tedesca si impone alla distanza con un netto 6-1.
E’ Grande Slam, come solo l’australiana Margaret Court era riuscita a fare nell’era Open del tennis, 1970, e prima di lei Maureen Connolly nel 1953… aggiungete a cotanta grazia il titolo olimpico di Seul conquistato battendo ancora Sabatini, 6-3 6-3, in finale.
Steffi Graf dominò l’anno 1988, avete qualcosa da obiettare?