Con semplicismo minimalista l’editore Adelphi ha scelto di intitolare “Tennis” la raccolta dei due saggi “Livelli di Gioco” e “Twynam di Wimbledon” di John McPhee.
Scritto nel 1969 e ripubblicato in italiano nel 2013, “Levels of game” (fedelmente tradotto “Livelli di gioco”) è il fedele racconto della semifinale degli Open degli Stati Uniti, quando si giocavano a Forest Hills, del 1968 tra Arthur Ashe e Clark Graebner.
Lo stile di McPhee è di grande leggerezza ed eleganza. Non troppo indulgente, mai troppo severo nei confronti del lettore, sempre pronto a narrare in modo imparziale una contesa dal sapore fortemente sociologico, oltre che psicologico. Quel match infatti è non solo un confronto di stili: Ashe, tecnica, coraggio, una forte dose di imprevedibilità, ma dentro una solida costruzione morale fatta di rigore e concentrazione. Graebner è la potenza in campo, il giocatore che non concede svolazzi al pubblico ma bada alla sostanza. Nero e proveniente dalla working class il primo, rigidamente teutonico l’altro, trapiantato da qualche generazione negli USA ed integratosi perfettamente nell’ordine borghese w.a.s.p.
McPhee coglie questo doppio aspetto, questa ambivalenza che si riunisce però nella complicità tra i due giocatori che sono i singolaristi della squadra statunitense di Coppa Davis (quando era La competizione per nazioni, e non un passatempo spesso noioso per campioni costretti a prendervi parte) nonché nell’essere entrambi dei giocatori occhialuti, una curiosità ma anche una rarità. E ci racconta quel match, vinto in quattro set da Ashe, che dopo aver perso il primo set trova le corde più delicate e difficili del suo tennis, le fa vibrare, proiettandosi verso una carriera di primissimo piano.
Lo stile del libro gioca su una trovata di grande acume: i colpi del tennis, il modo di stare in campo dei giocatori, l’atmosfera di quel match vengono raccontate stando all’interno della testa dei contendenti. La partita si lega al storia personale dei due, lasciando emergere quelle forti tensioni sociali che gli Stati Uniti a cavallo degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso si presentavano in modo spesso violento.
A completare questo racconto c’è poi un altro piccolo saggio: “Twynam di Wimbledon”, la storia di uno dei più famosi giardinieri dell’All Englad Lawn Tennis and Croquet Club. Come cresce un campo in erba? Anzi, come viene coltivato il centrale più famoso del mondo, il tempio della racchetta? Quanto lavoro c’è dietro, quante speranze, quale sapienza. L’aplomb britannico comparato con l’arte di scegliere l’erba giusta, coltivare il terreno in modo da garantirne la solidità e quindi il giusto rimbalzo. L’occhio del giardiniere che scruta i giocatori, e li divide tra quelli che “trascinano e quelli che corrono”, preferendo i secondi, e soffrendo fisicamente per il “suo” campo costretto a subire le angherie dei piedi pesanti. Chissà cosa avrebbe detto Robert Twynam, l’uomo che considera ogni filo d’erba un individuo, delle scivolate di Rafa Nadal e Nole Djokovic!
Insomma, uscite e andate ad acquistare “Tennis” di John McPhee, non ve ne pentirete.