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Un sogno chiamato Slam

Sono 4, come i Fantastici di un famoso fumetto della Marvel. Sono romantici, perché rispettano tradizioni centenarie. Sono irresistibili e richiamano migliaia e migliaia di tifosi da tutto il mondo. Sono i tornei del Grande Slam. Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Us Open, le 4 meraviglie del tennis che ogni giocatore, fin da quando prende la racchetta in mano per la prima volta, sogna di conquistare. Un traguardo che negli ultimi anni, soprattutto in campo maschile, si è dimostrato un affare per pochissimi, straordinari eletti, rendendo i 4 ancora più ambiti.

SOLDI E SOGNI – Ma cos’altro rende i tornei dello Slam così speciali? Sicuramente i ricchissimi montepremi, che crescono praticamente ogni anno. Wimbledon 2016 ha messo in palio più di 28 milioni di sterline, di cui due destinate solo ai vincitori dei tornei di singolare, mentre il torneo più ricco resta lo Us Open, con ben 37 milioni di premio totale.
Oltre al fattore economico, i 4 sono unici per un motivo ben più romantico: grazie ai tornei di qualificazione, possono provare ad entrare nel tabellone principale centinaia di tennisti di “seconda fascia”, quelli per cui già esserci è una vittoria. Ve lo ricordate Marcus Willis, numero 781 del ranking, che all’ultimo Wimbledon arrivò a sfidare al secondo turno nientemeno che Roger Federer?
E poi c’è la tradizione: i rituali, l’abbigliamento, l’atmosfera, il tifo. Una “festa”, anzi quattro, a cui tutti vogliono essere invitati e da cui tutti vogliono andare via il più tardi possibile.

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TRAGUARDO DIFFICILE – Ma se da un lato tutti vogliono gli Slam, dall’altro gli Slam non vogliono tutti. Anzi. Nel circuito Atp, 35 degli ultimi 40 major sono stati vinti dagli “altri” fantastici 4, Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Nello stesso periodo i principali rimpianti sono di chi lo Slam l’ha appena sfiorato: da Nishikori a New York 2013 nella finale a sorpresa contro Cilic, a Tsonga agli Australian Open 2008 con Djokovic, passando per Berdych nel 2010 a Wimbledon contro Nadal. Nessuno dei 3 è più tornato a giocare una finale Slam (ad oggi).
Tra le donne è emblematico il caso di Caroline Wozniacki, in cima al ranking Wta per 67 settimane, ma ancora a secco di titoli Slam (due finali perse a New York). Ma gli Slam, a volte così crudeli e insormontabili, possono essere teatro in una gloria inaspettata, che vale una carriera: Flavia Pennetta agli Us Open 2015 e Marion Bartoli a Wimbledon 2013 ne sanno qualcosa.

Marco Castro

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