“Vite brevi di tennisti eminenti”, un viaggio nel tennis del passato

Matteo Codignola, editor di Adelphi, ha raccolto in un libro le storie più interessanti delle icone del tennis del secondo dopoguerra, da Gottfried Von Cramm fino a Eleanor Teach Tennant. L'autore, in una bella intervista per "Il Giornale", ha parlato del suo progetto e dell'assidua ricerca della perfezione che contraddistingue sia il tennis che la letteratura.

Matteo Codignola, editor e traduttore tra i più apprezzati della casa editrice Adelphi, nonché grande appassionato di tennis, ha pubblicato un libro che ripercorre la vita e le storie delle personalità più interessanti del panorama tennistico degli anni ’50 e ’60, prima dell’inizio dell’era Open (1968), vero e proprio spartiacque tra dilettantismo e professionismo.

Come raccontato dallo stesso autore al quotidiano “Il Giornale”, l’ispirazione per “Vite brevi di tennisti eminenti” (il titolo del libro ndr) è giunta in maniera inaspettata e casuale; qualche tempo fa, infatti, Vincenzo Campo, editore di Henry Beyle e carissimo amico di Codignola, trovò in un mercatino antiquario una vecchia valigia piena di fotografie d’agenzia, tra queste ve ne erano un centinaio relative al tennis, scattate sul circuito amatoriale del secondo dopoguerra. Di fronte alle immagini di questi atleti e di queste atlete di altri tempi, raffigurati non solo in campo, ma anche nella semplicità della loro vita quotidiana, Codignola capì: “che avevo trovato le storie giuste da raccontare. Ho scelto venti fotografie e per ognuna ho scritto una lunga didascalia, diciamo un capitolo”.

In un testo che si pone a metà tra cronaca e biografia, l’autore ripercorre le vite di personaggi iconici del tennis del passato come il barone tedesco Gottfried Von Cramm, da sempre celebrato per la sua infinta classe e sportività, o come la prima grande coach della storia della racchetta, Eleanor Teach Tennant, donna libera e indipendente, fino ad arrivare a Pancho Gonzales, che, senza esitazioni, viene definito “il più grande di sempre”.

Storie meravigliose per campioni del passato, una ricostruzione abbastanza lontana dalla freddezza che contraddistingue le conferenze stampa dei campioni di oggi: “C’è quello che loro vogliono che tu sappia. Sono giocatori straordinari, intendiamoci. Ma sopratutto grandi personaggi mediatici dei quali, al di là di ciò che ti dice il loro portavoce, non sai niente. Una volta i tennisti giocavano di meno ma giravano di più. Li vedevi, ci parlavi, di loro si sapeva molto… Le cronache giornalistiche di quegli anni – ricchissime di aneddoti, battute, curiosità dentro e fuori dal campo – sono stupende… Un po’ meno i libri. Erano ragazzi che a 35-40 anni si ritrovavano senza sapere più cosa fare, e così si mettevano a scrivere un’autobiografia, con l’aiuto di un ghost, e quasi mai divertente: poco più di un elenco di match. Il tennis ha sempre prodotto un’editoria sotterranea mediamente noiosa”.

Finché non arrivò Open, una vera svolta: “Open è un notevolissimo caso di scuola, un libro che alla storia di Agassi aggiunge molto, e toglie anche qualcosa – diciamo così – di spinoso. Ma è un libro che si è fatto leggere da milioni di persone proprio perché è stato costruito da un grande scrittore, J.R. Moehringer, sull’impalcatura del Grande Romanzo Americano. È qualcosa un po’ più del tennis, qualcosa un po’ meno della letteratura”.

Sul rapporto tra tennis e letteratura, Codignola ha un’idea ben precisa: “Mi sono fatto l’idea che nel tennis, rispetto a tutti gli altri sport, c’è una indubitabile ricerca della bellezza, del bel gesto, un desiderio di eleganza formale che si può accostare a quell’armonia, o equilibro, che qualcuno – non tutti… – ricerca scrivendo. Di più: nel tennis c’è la stessa ossessione e la stessa incontentabilità che trovi in letteratura. Cerchi sempre la partita perfetta, senza sbavature, come nella scrittura. Se sbagli un quindici, appallottoli e butti via il foglio…”.

Per continuare a leggere l’intervista a Codignola sul sito de “Il Giornale” clicca qui.

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