Wawrinka: rovescio d’oro e cucchiaio d’argento

Federica Cocchi della Gazzetta dello sport ha realizzato una simpatica intervista a Stan Wawrinka, vincitore dell'ultimo US Open in cui il tennista di Losanna parla della sua vita di tennista ma anche di uomo e di padre. Dice di non abusare del lusso, ma anzi, afferma che se non fosse diventato un top player avrebbe fatto lo chef
Non sempre i top player rispecchiano l’idea che ci siamo fatti di loro. Quello che non avremmo mai immaginato è sicuramente un Wawrinka-chef che durante i suoi viaggi in oriente va a comprarsi personalmente le spezie per la sua cucina. Di seguito l’intervista di Federica Cocchi
Stan, fino a 28 anni niente finali Slam, poi ne ha vinte tre in tre anni: cosa è cambiato?
«Servono molti ingredienti per arrivare a una finale Slam. Negli ultimi anni sono cresciuto, soprattutto mentalmente. Ho capito di poter superare i top player quando gioco il mio miglior tennis».
E infatti in due finali Slam è riuscito a battere Djokovic: come lo ha disinnescato?
«È anche grazie a Novak se sono arrivato fino a qui. Contro di lui ho bisogno di giocare al mio meglio, andare oltre i limiti, prendere rischi e combattere».
È vero che prima della finale di New York ha pianto?
«Sì, ero abbastanza nervoso prima di uscire dallo spogliatoio. Fortunatamente è tutto diverso quando sei in campo, ti concentri e sai quello che devi fare».
Ha avuto un’ottima settimana anche a San Pietroburgo, un segno di continuità importante.
«Sì sono felice di essere riuscito a dare continuità al mio gioco dal punto di vista fisico ma soprattutto da quello mentale, visto che ero molto stanco dopo lo Us Open. Zverev ha giocato alla grande in finale, sentiremo parlare molto di lui in futuro».
Quali saranno secondo lei i «fab four» di domani?
«Aspetti, mi lasci dare un’occhiata alla mia sfera di cristallo… Scherzi a parte, difficile dirlo ora. Dominic Thiem è già top ten, Lucas Pouille e Zverev hanno già vinto i loro primi titoli. E non dimentichiamo talenti come Taylor Fritz, Borna Coric o Elias Ymer. Sarà interessante vedere dove saranno tra due o tre anni».
Con Magnus Norman lei è cresciuto molto: che cosa le ha dato il suo coach che prima le mancava?
«Magnus è una grande persona. Mi piace molto la sua visione del gioco, è stato lui stesso un top player, quindi sa come comportarsi su un campo centrale o in una finale Slam».
Farebbe il coach «da grande»?
«Ho progetti completamente differenti: aprire un ristorante per esempio. Mi piace tantissimo cucinare, quando vado in Asia amo andare a comprare le spezie per le mie ricette».
Il suo rovescio è una prelibatezza, farebbe cambio con il colpo di qualche collega, anche del passato?
«Oh, grazie! Be’ al momento mi tengo stretto il mio rovescio ma avere le volee di Edberg sarebbe stato fantastico».
Oltre la rete c’è sempre un rivale, si può essere anche amici?
«Sì certo, mi trovo bene con molti colleghi. Ovviamente sono molto vicino a Roger (Federer, ndr) e alcuni francesi come Monfils, Mahut e Benoit Paire».
Col tennis si guadagna molto, qual è il suo rapporto col denaro?
«Non sono il tipo che spende tanti soldi in follie. Mi piace invitare gli amici e la mia famiglia a cena, posso permettermi di stare in buoni hotel o fare splendidi viaggi. Sono consapevole di essere un privilegiato».
C’è anche un altro lato della medaglia?
«A volte è duro viaggiare così tanto, mi perdo il compleanno di mia figlia o il matrimonio di un amico. Ma so che la mia vita cambierà alla fine della carriera e potrò fare tutte le cose che mi sono perso».
Ha parlato di sua figlia: che tipo di padre è?
«A volte morbido a volte severo, dipende sempre dalla situazione. Quando sono in Svizzera provo a passare più tempo possibile con Alexia».
Cosa vorrebbe per lei, in futuro?
«Che sia felice, qualunque cosa decida di fare».
E lei che mestiere avrebbe fatto se non avesse avuto talento nello sport?
«Mi sarebbe piaciuto diventare uno chef».
A quale vizio non rinuncerebbe mai?
«Alla mia tazza di caffè al mattino leggendo i giornali».
Segue altri sport?
«In Svizzera vado a vedere l’hockey su ghiaccio, specialmente il mio club, il Lausanne HC. E mi piace anche il calcio, soprattutto dal vivo».
Ascolta musica?
«Sì, anche italiana, Eros Ramazzotti per esempio è tra i miei preferiti».
C’è altro che le piace del nostro Paese?
«Amo l’Italia, ma chi non lo farebbe? Anni fa venivo per brevi vacanze in Sardegna. Poi ho sempre amato giocare a Roma, sono amico di Seppi e Fognini, ragazzi simpaticissimi».
Non le abbiamo fatto nessuna domanda su Federer: le dispiace?
«Be’ speriamo che il prossimo anno torni forte come sempre, così potrò rispondere a tante nuove domande sul mio amico Roger».
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