L’annuncio da parte degli organizzatori di Wimbedon di aumentare del sette per cento il prize-money a coloro che usciranno al primo turno, portando così il cash a ben 29mila sterline, ha reso maggiormente felici coloro che prenderanno parte a questo torneo.
Difatti in caso di uscita anticipata il corrispettivo assegnato li consolerà ampiamente della delusione. Va da sé che in questo torneo i lucky loser scompariranno del tutto e qualunque tennista pur di non perdere il cachet scenderà in campo con una gamba sola.
Le “sole” 2mila sterline di aumento rispetto allo scorso anno non sono niente paragonate alle oltre 100mila di differenza tra il compenso del prossimo campione rispetto a quello percepito dall’uscente. E qui si parla, come ben saprete, di cifre milionarie: basti pensare che i detentori del titolo di singolare, Novak Djokovic e Petra Kvitova, hanno percepito dalla vittoria del torneo qualcosa come un milione e 700mila sterline.
Queste cifre da capogiro non sono neanche le più alte in assoluto nel circuito; l’US Open garantisce, infatti, una vincita maggiore, quantificata in circa 2 milioni di sterline, sterlina più sterlina meno. Il torneo Major più povero resta quello francese, dietro anche allo Slam australiano. I transalpini, in piena spending review, garantiscono al vincitore quasi 1 milione e 300 mila sterline. Anche a livello di primi turni il torneo d’oltralpe è più povero, attribuendo agli sconfitti “appena” 17mila sterline, così come agli Australian Open.
La cosa sconcertante è, però, la crescita vertiginosa del prize money inglese negli ultimi anni, specialmente dal 2004 in poi. Da allora il gap tra le somme messe a disposizione dagli organizzatori ha subito una forte impennata, passando dagli scarsi 10 milioni di allora ai quasi 27 attuali, con uno sbalzo, avete capito bene, del 170%!
Forse rischieremo di cadere nel qualunquismo e nella demagogia se iniziassimo a parlare dell’enormità di quelle somme, rapportate al povero tennis di categoria, senza scendere troppo in basso, degli ITF, Futures e Challenger.
Un cambiamento in questo senso resta comunque auspicabile, appellandoci anche al buon senso degli organizzatori di questi tornei e alla Federazione internazionale tutta. Questa abnorme disparità non è assolutamente positiva e rischia di scavare un solco sempre più profondo tra le due categorie, impedendo anche ai più meritevoli di accedere ai ranghi che essi meritano di ricoprire.
Di Simone Marasi