Wimbledon: le maggiori sorprese dell’era Open

Dalla finale conquistata da Chris Lewis a quella vinta da Marion Bartoli. Una rapida carrellata sugli episodi più sorprendenti negli ultimi 50 anni di storia dei Championships.

[tps_title]Una finale unica (forse)[/tps_title]

 È quella del singolare maschile nell’anno di grazia 1996. In mezzo al settennato targato Pete Sampras, l’unico giocatore in grado di fermare lo statunitense in quel periodo a Wimbledon fu Richard Krajicek. Accadde nei quarti di finale della suddetta edizione e l’olandese si impose in tre partite combattute (7-5, 7-6, 6-4). Il cammino di Krajicek nel torneo fu autoritario, tanto che arrivò in finale con un solo set al passivo (il secondo della sfida di terzo turno contro Brett Steven). Nel frattempo, dalla parte bassa del tabellone emerse uno statunitense di colore che ebbe il grande merito di battere il n°9 Enqvist nei primi giorni di torneo e di recuperare da 1-2 sotto sia il quarto con Radulescu che, soprattutto, la semifinale con Todd Martin (10-8 al quinto). Quella tra Krajicek e MaliVai Washington (preceduta dalla passerella di una spettatrice che ebbe la bella idea di balzare in campo completamente nuda) fu la sola finale della storia del torneo in cui non erano presenti teste di serie anche se, in realtà, all’olandese era stata attribuita la n°17 (quando ancora però il seeding era limitato a 16) dopo il ritiro di Thomas Muster. In ogni caso, Krajicek dispose senza patemi di Washington e mise in bacheca l’unico major della sua peraltro brillante carriera.

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