Si è concluso agli ottavi di finale l’Australian Open 2020 di Nick Kyrgios. Il numero 23 del tabellone si è arreso dopo quattro set al numero uno del mondo, Rafael Nadal. Lo spagnolo ha vinto esattamente come a Wimbledon per 6-3 3-6 7-6(6) 7-6(4), ma anche Kyrgios ha conquistato il pubblico. Da grandissimo appassionato di basket, il giovane aussie ha voluto rendere omaggio a Kobe Bryant, tragicamente scomparso ieri insieme alla figlia Gianna ed altre sette persone, dopo uno schianto in elicottero nella contea di Los Angeles.
L’entrata di Nick Kyrgios sulla Rod Laver Arena, con la “jersey” numero 8 dei Los Angeles Lakers è destinata a rimanere impressa come scena principe di questi Australian Open e non solo. Una scena che racchiude tutto quello che la leggenda Nba ha costruito in venti anni di carriera, riuscendo a sconfinare l’ambito puramente cestistico, fino ad essere un modello e una fonte di ispirazione per chiunque pratichi anche sport differenti. Un simbolo di dedizione, volontà, ambizione, sacrificio e umanità. La stessa che mostra Kyrgios nel vano tentativo di trattenere le lacrime dopo il boato del pubblico, in una delle immagini più potenti e toccanti degli ultimi anni nel mondo tennistico. Di seguito, il video dalla pagina Facebook degli Australian Open:
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Della passione enorme che Kyrgios nutre per il basket, specialmente l’Nba, sappiamo proprio grazie a delle sue dichiarazioni di qualche anno fa, che ovviamente fecero scalpore. “È bello quando sei là fuori su un campo da tennis. Non hai nulla da nascondere. Sei solo tu con tutto quello che hai: la tattica, il fisico e la testa. Ma io amo la pallacanestro”. Molto più di un hobby per lui che “cerco di non guardare video di basket durante i tornei per non distrarmi”, disse. A 14 anni Kyrgios ha deciso di dedicarsi al tennis spinto dai genitori, eppure il basket cattura ancora il suo cuore. È tifoso dei Boston Celtics, ma di fronte alla tragedia che ieri ha colpito la leggenda dei Lakers e dello sport in toto, non contano davvero nulla i colori. E il pianto, lo stesso, spontaneo, di milioni di appassionati in giro per il mondo, dimostra che non vi è nulla di forzato. Non si indossa una maglietta che ha segnato e cambiato le persone se non se ne capisce appieno il significato. In special modo prima di una delle partite più importanti della tua carriera. E per chi ha imparato a conoscere il ragazzo di Canberra, non importa se da dietro un televisore, il sincero tributo non sorprende affatto. Durante l’Atp Cup il campione di Washington si era già commosso parlando degli incendi che stavano e stanno devastando gli ecosistemi dell’Australia. E sempre facendo leva sulla grande sensibilità del 24enne, John McEnroe ha tentato probabilmente di dare ulteriori stimoli al tennista, donando mille dollari per ogni set vinto nel corso del torneo.
Dopo la prima partita contro Lorenzo Sonego, di set ne sono arrivati altri sette. Solo le 2015 ne aveva vinti di più, spingendosi nei quarti. Ma quello del 2020 è un risultato che ha tutt’altro sapore, e per lui, e per tutti gli appassionati. Perché dopo l’esperienza in Atp Cup, che a detta di Kyrgios è stata una delle più emozionanti esperienze in carriera, in casa ha giocato alla grandissima anche a Melbourne. Non sono mancati episodi che l’hanno distolto un po’ dal campo, come nel terzo set del secondo turno contro Gilles Simon. Ma a questi, Kyrgios ha reagito più prontamente di quanto fosse capace di fare in passato. Quando poi al terzo turno gli si è posto davanti Karen Khachanov, l’avventura nel Major di casa si è fatta epica. Bisogna dare credito al russo, con buona pace dei suoi detrattori, perché dopo due set sempre a rincorrere è riuscito a far valere la sua maggiore freschezza atletica. Fattore che ha cambiato la partita, gli ha dato più tempo, più opzioni, ha reso tutto più semplice. Nei tie-break del terzo e del quarto set è semplicemente stato più lucido, più propositivo e coraggioso. Coraggioso, e con idee chiare, anche lui, quanto mai prima. E non è un caso che l’unicità del linguaggio del corpo dei due abbia generato una delle più belle partite del torneo. Infatti, contro tutte le aspettative, con l’inerzia a sfavore, Kyrgios non ha cercato alibi o sceneggiate per irretire l’avversario. “A fine partita le mie gambe pesavano quaranta chili”, ma mentre la fatica aumentava è rimasto aggrappato alla partita. Talmente tanto che sembrava destinato a soccombere, sotto 8-7 nel super tie-break con la testa di serie numero 16 al servizio per chiudere. Ed invece la voglia di spendersi completamente l’ha premiato con quella che considera la sua vittoria più emozionante, dopo quattro ore e ventiquattro minuti di battaglia.
Al netto delle minori energie, per la fatica pregressa, mentale e fisica, s’avvertiva anche oggi quell’abnegazione singolare nella sua attitudine. Anche di fronte al numero uno del mondo. S’è avvertita col cinismo con cui ha riaperto la partita prendendosi il break e conducendo il secondo set. E s’è avvertita nel 5-4 del quarto set, col break a tenerlo in vita. Coi colpi che tornavano a colpire le righe e la folla che si riaccendeva. “Mi è piaciuto il Kyrgios di questo torneo”, ha detto Nadal a fine match, “è uno dei più grandi talenti, e spero continui così”. Tutto davanti alla profonda approvazione dello stesso McEnroe, da sempre cosciente dell’importanza che una personalità come quella dell’australiano, che regala spettacolo e muove i cuori con gesti come quello di oggi, può avere. Lo stesso McEnroe che fu il più duro ad attaccarlo, quando il giovane parlò orribilmente della terra rossa. A Kyrgios non si chiede di snaturarsi. Si chiede di essere ciò che è stato oggi il più a lungo possibile. Perché le sue “follie”, non sono mancate. Non sono mancate seconde illogicamente vicine ai duecento orari che regalano punti d’oro all’avversario. E non sono mancati colpi in controtempo, dropshot fintati e colpi in chop a mandare al bar persino uno come Rafa Nadal. Ma Kyrgios è stato più maturo che mai in questo Open d’Australia. E quando si pensa a questa sua esperienza e alla canotta che oggi indossava, la mente ci suggerisce due termini. Uno angloamericano, che doveva per forza piacere a Kobe Bryant, l’altro italianissimo. Due parole dalla stessa radice e dal significato differente: committment e committenza. Il primo rimanda al secondo. L’impegno, la dedizione e l’umanità riversate sul campo in questa settimana, rimandano alla commissione che è affidata a tutti quelli dotati di sensibilità umana e talento tennistico. La committenza è infatti l’abitudine di commissionare la creazione di opere d’arte, che sono anche momenti di emozione pura, ad uso pubblico e privato. Alla prima settimana in cui Kyrgios coniuga entrambi, si regala i momenti più alti della sua carriera. Non può essere un caso. Perché non continuare, Nick?
1 comment
Articoli come questo fanno piangere e allo stesso tempo fanno bene al cuore. Grazie, è bello sapere che qualcuno sa osservare le cose con una tale sensibilità e scriverne di conseguenza.