Delle affermazioni spesso controverse di Novak Djokovic dell’ultimo periodo, quello pandemico, si è parlato a lungo ma ormai sembra che proprio su questi atteggiamenti, tra mille luci e ombre, il serbo abbia costruito un personaggio e che non sia intenzionato a smettere quei panni.
Che sia un’ottima prova da attore o semplicemente sia così nella realtà, al momento poco importa. A volte però – ed è giusto sottolinearlo – anche tutto quello che viene definito il contorno, dall’organizzazione dei tornei alle autorità locali, non aiutano a placare le polemiche.
Ecco che la scelta di concedere un “Green pass”, parola abusata negli ultimi mesi, alza un polverone difficile da contenere. Ognuno ha la sua opinione, come è giusto che sia, ma serve fare un po’ di chiarezza. Un barlume di sole in mezzo ad un temporale, anche mediatico, di cui solo Tennis Australia e il primo ministro australiano, Scott Morrison, possono esser fautori.
Per giocare gli Australian Open servirà esser vaccinati e non saranno concesse deroghe era il diktat di Craig Tiley, CEO di Tennis Australia e direttore del torneo che, per sottolineare l’autorevolezza, e l’autorità delle sue affermazioni, aveva aggiunto: “Nessun trattamento di favore per Novak Djokovic”.
Quando il numero 1 del ranking ATP comunica sui social la sua partenza per l’Australia, direzione Melbourne dove prenderà parte al primo Slam dell’anno, ovviamente scatta l’indignazione popolare. “Ci sono delle regole e vanno rispettate” è il mantra che si ripete. Giustissimo, per carità.
Ma a rompere quella “promessa” non è stato Djokovic ma gli stessi organizzatori. Il motivo ufficiale, forse, non lo si saprà mai. Certo un torneo senza il serbo campione in carica, senza Roger Federer e con un Rafa Nadal a mezzo servizio non avrebbe lo stesso appeal per sponsor, diritti tv e, per esser un po’ più romantici, anche per i tifosi.
Con il tennista già in volo e con una bufera ormai difficile da arginare torna la stoicità del governo australiano con Scott Morrison che tuona: “Se non sarà in grado di fornire prove sufficienti a sostegno delle motivazioni che lo hanno portato ad ottenere l’esenzione alla vaccinazione sarà rimandato a casa con il primo aereo”.
Affermazioni che, forse, se fossero state fatte con leggero anticipo avrebbero rasserenato un po’ gli animi e calmato i toni. Usare il condizionale ovviamente in queste situazioni resta un obbligo. Nessuno potrà mai sapere come sarebbero andate le cose ma qualche ipotesi più o meno plausibile resta.
L’edizione 2022 degli Australian Open inizia, come lo scorso anno, con polemiche che metteranno in secondo piano alcuni risultati che matureranno sul cemento di Melbourne. L’anno scorso le quartante “forzate” e la disparità di trattamento, quest’anno l’esenzione concessa ma non a tutti.
Niente pace per il torneo, niente pace per gli organizzatori, niente pace nemmeno per Novak Djokovic che, per un errore di compilazione del visto da parte del suo staff è stato costretto a rimanere a bordo dell’aereo perché non in possesso del visto per sbarcare in Australia.
I primi due episodi di una serie, un misto tra telenovela e sit-com per fare il paragone con i format televisivi, destinati a non rimanere gli unici. E gli Australian Open devono ancora iniziare.