L’edizione 2020 dell’Australian Open rientra a pieno titolo tra quelle più chiacchierate di sempre sia per motivi extra-campo sia per questioni più prettamente tennistiche. Se in un primo momento l’incerta qualità dell’aria aveva instillato dubbi sul regolare svolgimento del primo Major stagionale, il ricco programma delle prime giornate di tennis ha declassato qualsivoglia tipo di dibattito non legato al campo, eccezion fatta ovviamente per la drammatica e sconvolgente situazione australiana legata agli incendi.
Tutto ciò era da ritenersi indubbiamente corrispondente al vero fin quando, all’incirca verso le 4 del mattino italiane, una divinità del tennis femminile come Maria Sharapova, gettava facilmente la spugna al suo attesissimo esordio contro Donna Vekic. 6-3 6-4 in un’ora e venti circa di gioco in cui, pur con la parziale scusante di un sorteggio non agevolissimo, poco o nulla si è visto di quella ragazzina glaciale e feroce che per anni ha entusiasmato i suoi tifosi ed il pubblico di tutto il mondo. La gentilezza e la delicatezza con cui Masha ha costantemente espresso la sua devastante forza tennistica, hanno lasciato spazio ad espressioni ed atteggiamenti di sfiducia profonda che hanno tarpato le ali ad ogni timida ed estemporanea reazione d’orgoglio.
“Estemporanea” è l’aggettivo che meglio rappresenta al momento l’ex numero 1 del mondo WTA. Le sue ridottissime presenze in campo (solo quindici partite disputate nel 2019, con uno score di otto vittorie e sette sconfitte) sono sempre caratterizzate da fiammate improvvise ma isolate, spinte da un ardore interiore latente che tanto fatica a riemergere. Non c’è spazio per la continuità e la brillantezza; tutto il suo piano di gioco non è altro che la proiezione di un ego ribelle che drammaticamente non vuole ancora arrendersi alle costanti difficoltà degli ultimi anni.
Cinque titoli dello Slam, oltre trenta tornei conquistati su tutte le superfici ed il raggiungimento del prestigioso Career Grand Slam: questo e molto altro era, è e sarà Maria Sharapova, entrata in punta di piedi sul prato più glorioso del tennis ed uscita, nemmeno maggiorenne, già formata e tecnicamente e mentalmente pronta e devastante. Nell’incredulità e nello stupore generali, la russa ha bruciato rapidamente le tappe, ritagliandosi da subito la sua privilegiata posizione tra le grandi. Un ottimo mix di potenza e controllo, nascoste dietro un’apparente “delicatezza tennistica”, sono sempre state le armi migliori di Maria, che ha saputo adattare il tuo tennis a tutte le superfici. Nonostante frequenti infortuni, specialmente alla spalla, è rimasta aggrappata ai vertici del ranking per molti anni. Ecco perché, nonostante l’età che avanza, desta enorme tristezza la sua sconfitta all’esordio in Australia.
Per inquadrare meglio la sua situazione, bisogna compiere qualche passo indietro e fermarsi proprio in Australia, terra che nel bene e nel male si trova sovente intrecciata al destino della siberiana. Esattamente quattro anni fa, in una conferenza stampa passata alla storia del tennis, Sharapova annunciava al mondo intero di essere risultata positiva ad un controllo antidoping. Il suo indomito spirito guerriero le ha però permesso di rientrare nel circuito, pur senza punti nel ranking, di combattere e tornare alla ribalta con la conquista dell’Open di Tianjin nel 2017, che rimarrà purtroppo il suo ultimo trofeo. Ed anche la sua ultima finale. Da quel momento in poi, la risalita è risultata sempre più impervia e difficoltosa, intrisa di continue contraddizioni, fino a quello che può essere considerato l’ultimo vero ruggito prima della resa, ancora una volta in Australia nel 2018, dove si spinse fino al terzo turno e fu sconfitta da una perfetta Angelique Kerber.
Dopo aver chiuso il 2019 al 133° posto del ranking mondiale, Masha ha beneficiato di una wild card da parte degli organizzatori del primo Slam dell’anno. L’arduo compito era proprio quello di difendere il bottino dell’anno precedente, così importante e vitale per controllare una classifica sempre più complessa da gestire. Il risultato, purtroppo, ha disatteso le speranze ed ha implacabilmente spedito la campionessa russa fuori dalla top 300. Il post partita ai microfoni, tuttavia, è stato ancora più sintomatico del suo periodo.
La solita sorridente campionessa Slam ha lasciato il posto ad una donna estremamente provata nell’animo, quasi fuori contesto, con il capo spesso chino e lo sguardo perso alla ricerca di quel temperamento glaciale che sembra essersi dileguato nel tempo. Nell’arco di pochissimi giorni, le sensazioni di Maria Sharapova appaiono totalmente diverse, in sostanza antitetiche. Al principio del nuovo anno, un cauto ottimismo ispirava le sue parole, tutte rivolte a scacciare l’ipotesi ritiro e foriere di un forte desiderio di tornare a combattere. La conferenza stampa che ha fatto seguito alla partita ha però trasmesso tutt’altro messaggio. Dietro quell’ “I don’t know, i dont’know…”, ripetuto ben due volte ad una domanda sulla sua presenza in Australia l’anno prossimo, si celano mille dubbi e perplessità.
Maria Sharapova, l’incredibile ragazzina che sconvolse il mondo del tennis demolendo la regina Serena Williams all’età di 17 anni, impossessandosi del torneo più prestigioso della storia sull’erba londinese, ha definitivamente e pubblicamente aperto la sua crisi interiore. Il Career Grand Slam che l’ha proiettata di diritto nella storia del nostro sport, sembra lontano anni luce. Probabilmente non siamo ancora pronti, probabilmente non lo è nemmeno lei. Se tutti questi elementi depongono inevitabilmente verso un prossimo ritiro, non ci si può esimere dallo sperare che Masha, la ragazzina di ghiaccio, possa ancora offrire un sussulto degno della sua carriera.