Zverev torna volto della NextGen, a Melbourne salva un bilancio molto negativo

Alexander Zverev, Australian Open 2020

Bisogna obiettivamente ed ufficialmente chiedere scusa ad Alexander Zverev. Dopo la disastrosa esperienza, umana e tennistica, in Atp Cup, gli scenari erano nerissimi. Ritrovata la serenità nella vita privata, col padre di nuovo stabilmente al suo fianco e la nuova fidanzata, non c’erano più giustificazioni per le sue performance di scarsa consistenza. Il 22enne tedesco, che ha fallito nell’annata della consacrazione, è riuscito a rimanere in Top-10 nonostante mille problemi, dentro e fuori dal campo. All’Atp Cup, contro Denis Shapovalov, Alex De Minaur e Stefanos Tsitsipas, ha raccolto però solo sconfitte, e nei confronti coi suddetti tre, si era mostrato, sotto tutti i punti di vista, più di una categoria inferiore. Nei Grand Slam, poi i problemi erano ancora più vistosi. In diciotto apparizioni nei tabelloni principali, solo due quarti raggiunti negli ultimi due Roland Garros. Per il resto un’enormità di partite sofferte, vinte solo in extremis contro giocatori sulla carta nettamente alla sua portata. Nel frattempo, Tsitsipas raggiungeva la prima semifinale a meno di 21 anni a Melbourne, Daniil Medvedev la prima finale a New York a 23 anni. Alla medesima età Matteo Berrettini in semifinale nella Grande Mela, e a fine 2019 anche le prospettive di De Mianur e Shapovalov, classe 1999, sembravano ben più rosee per il 2020 rispetto alle sue. Non per la classifica, e non perché gli altri avessero improvvisamente più potenzialità di lui. Ma gli altri progredivano inesorabilmente, mentre lui, oltre a rimanere lo stesso dal punto di vista tecnico, aveva perso pure i suoi punti di forza, in primis il servizio. E in tutto il mondo, poi, si cominciava a parlare proprio per questo più dell’ascesa di Jannik Sinner che delle sue difficoltà. Ma al primo Major dell’anno, mentre tutte le nuove leve (che qui consideriamo i nati dopo il 1995) hanno profondamente deluso, Zverev è stata la sorpresa più inattesa, perciò la più dolce. 

Contro Marco Cecchinato, l’esordio all’Australian Open ha avuto molti punti in comune con tutti gli altri. Tre set a zero contro un giocatore che deve ancora ritrovare sé stesso. Ma Zverev ha concesso più che a ogni altro proprio a Cecchinato. Il siciliano si è trovato sempre avanti di un break nei tre set, e persino al servizio per chiudere il secondo perso solo al tie-break. Viste le premesse, già il secondo turno contro Casper Ruud sarebbe potuto essere molto rischioso, considerato anche l’ottimo rendimento del norvegese nella prima Atp Cup della storia. E invece il 21enne di Oslo si è fermato al quinto davanti al bielorusso Egor Gerasimov, dando probabilmente inizio ad un torneo diverso anche per il ragazzone di Amburgo. Anche col numero 98 del mondo un divario tutt’altro che abissale con lo score di 7-6(5) 6-4 7-5. Ma una vittoria da giocatore maturo, che accetta le grandi qualità dell’avversario al servizio, si affida alla stessa arma con un rendimento ancora migliore, e nei momenti importanti tira fuori la sua esperienza. Già una vittoria sorprendente per il punteggio finale è stata quella del terzo turno contro Fernando Verdasco, surclassato per 6-2 6-2 6-4. Un giocatore esperto, che sulla risposta alla seconda ha vinto tredici punti su ventuno, ma a cui Zverev non ha concesso davvero nulla. Rendimento devastante con la prima, quattro palle break annullate su cinque e, soprattutto, nessuna pressione avvertita proprio con la seconda, con soli due doppi falli. È chiaro che qualsiasi buon risultato di Zverev passi soprattutto dai numeri con il colpo di inizio gioco. E i soli sei doppi falli nella prima settimana di torneo (zero contro Gerasimov), possono sembrare numeri stupidi, ma a cui né lui né noi eravamo più abituati. Se poi la media delle prime in campo, e  dei punti vinti con questa, supera il 78%, per Zverev può diventare tutto dannatamente facile. Come lo fu tra Madrid e Roma nel 2018, quando andò vicino a battere anche Rafael Nadal in Italia.

MELBOURNE, AUSTRALIA – JANUARY 29: Alexander Zverev of Germany celebrates after winning a point during his Men’s Singles Quarterfinal match against Stan Wawrinka of Switzerland on day ten of the 2020 Australian Open at Melbourne Park on January 29, 2020 in Melbourne, Australia. (Photo by Daniel Pockett/Getty Images)

Nel frattempo, al termine della prima settimana, il bilancio della NextGen andava oltre ogni più negativo pronostico. Agli ottavi, tra i post 1995, con Zverev solo Medvedev e Andrey Rublev. Tante le illustri cadute tra i più giovani. A cominciare dal crollo al primo turno di Shapovalov e di Felix Auger-Aliassime, oltre a Frances Tiafoe e l’irriconoscibile Borna Coric. Sebbene vadano tributati grandi elogi al torneo di Marton Fucsovics, giustiziere di Shapovalov e Sinner, la delusione più grande della nuova generazione rimane proprio il biondo canadese. Una performance, la sua che ha ricordato più quelle della prima parte del 2019, che quelle dopo l’avvento di Mikhail Youzhny sulla sua panchina. Scarsa lucidità e impazienza da ragazzo alle prime armi, tutt’altro che un Top-20. Al secondo turno, poi, fuori anche Hubert Hurkacz e Berrettini, seppur con delle piccole attenuanti. Il polacco, in rapida ascesa è arrivato scarico per via degli ottimi risultati in Atp Cup e la semifinale ad Auckland. Berrettini, invece, al primo torneo in stagione, non era esattamente prontissimo. La forza con cui ha retto, arrendendosi solo al quinto contro Tennys Sandgren, lascia tuttavia ben sperare per i prossimi tornei. Con lo statunitense in grado di eliminare Fabio Fognini e fermatosi ad un punto dall’estromettere anche Roger Federer, inoltre, la sconfitta di Berrettini si ridimensiona in positivo a distanza di una settimana.

A Milos Raonic appartiene tuttavia lo scalpo più importante del terzo turno, con il successo per tre set a zero su una versione molto rivedibile di Tsitsipas. Non si può gridare al fallimento, perché ben si conoscono le qualità del canadese numero 32 del tabellone. In relazione alle aspettative, tuttavia, il livello espresso dal greco è stato il peggiore tra i giocatori di primissima fascia. Nonostante i problemi di adattamento all’aria poco respirabile all’arrivo in Australia, dal campione in carica delle Atp Finals ci si poteva aspettare molto di più. E invece anche nella conferenza stampa post match è sembrato particolarmente giù di tono, frustrato, tanto da etichettare il tennis dell’avversario come noioso. Una dichiarazione piuttosto inelegante, ma figlia dell’incapacità di rispondere al servizio di Raonic, che nelle giornate di grazia, se non lo si è mai affrontato come per l’ellenico, sa essere davvero inavvicinabile. Tra le eliminazioni del terzo turno, anche due note liete tra gli Under 25: Taylor Fritz e Karen Khachanov. Il primo è in continua crescita: meglio al servizio e sempre più regolare e sciolto da fondo nonostante diverse lacune. Il secondo sembra aver invece ritrovato lo smalto e l’intensità del 2018. Contro Nick Kyrgios ha rischiato una rimonta epocale in quello che forse rimane il match più bello del torneo. Atleticamente, quando è al meglio, Khachanov può essere considerato uno dei più resistenti al mondo.

Stefanos Tsitsipas Australian Open 2020

Meglio di lui, davvero pochi giocatori da questo punto di vista, tra cui senz’altro i suoi connazionali Rublev e Medvedev. Il primo, in ottavi nulla ha potuto proprio contro l’amico Sascha Zverev. Le vittorie ai tornei di Doha e ad Adelaide l’hanno forse penalizzato alla lunga. Ma il suo torneo rimane comunque da premiare. Proprio sapendo di aver speso tanto prima dell’appuntamento clou di gennaio è riuscito a risparmiare nei primi due turni, per poi consumarsi probabilmente del tutto contro David Goffin, battuto in quattro intensi set. Guai a sminuire la prestazione di Zverev, vincitore per la quarta volta in altrettanti scontri, e con un triplo 6-4. Ma se su settantadue punti al servizio il numero 7 Atp ne ha portati a casa addirittura sessanta, non possono non mancare alcune colpe del russo. Per la maggior parte forse riconducibili alla scarsa freschezza mentale ancor prima che fisica. Il più atteso dei russi però era Medvedev, non solo finalista allo Us Open, ma già in grado di creare diversi grattacapi a Melbourne a Novak Djokovic nella stagione passata. Dopo un buon inizio e una solidità crescente di avversario in avversario, il numero 4 del mondo non ha superato l’ostacolo Stanislas Wawrinka. La vittoria al quinto set, però, non è poi un caso. I due si erano già affrontati nei quarti dello Us Open, e nella vittoria di Medvedev avevano giocato un ruolo decisivo gli errori di Wawrinka. Errori fortemente limitati questa volta, soprattutto negli ultimi due parziali. In generale ha fatto la differenza la propensione offensiva del gioco dell’elvetico. Rimane difatti questo il limite chiaro di Medvedev. La sua fase difensiva è tra le migliori al mondo, ma quando non votata al contrattacco, dunque abbandonandosi ad un atteggiamento più attendista, rischia di soffrire contro i giocatori molto solidi, che poco regalano. Di vincenti infatti Wawrinka ne metterà a segno settantuno in tre ore e ventinove minuti di gioco.

E ieri mattina, proprio guardando questi numeri, sembrava poter essere lui il primo giocatore a mettere in seria difficoltà nel torneo Zverev. E invece ne è venuta fuori la più bella, importante e significativa vittoria a livello Major in carriera per l’ex campione di Roma. Una rimonta dopo l’1-6 iniziale che sembrava improbabile. È bastato invece il primo passaggio a vuoto di un Wawrinka spentosi col passare dei minuti, per accendere Zverev. Per una versione del numero 7 del mondo risoluta e determinata come mai prima in questi palcoscenici. In due ore e ventidue  la contesa è terminata 1-6 6-3 6-4 6-2 grazie ai soliti numeri strabilianti alla battuta e a tanta attenzione. Ha saputo attendere Sascha, ha saputo ritrovarsi, e nei tre set finali ha chiuso con un +13 nel saldo vincenti errori dopo il -7 della prima frazione. Con la testa avanti nel punteggio, diventa solido anche dal lato destro Zverev, che si regala la prima semifinale a livello Slam. Sul cemento sarà la prima anche per il suo avversario, che però conta già due finali al Roland Garros, l’austriaco Dominic Thiem. L’occasione è ghiotta per entrambi, ma di pressione, a parte quella che graverà su di loro per personale ambizione, non dovrebbe essercene molta. Thiem ha battuto Nadal con una performance stellare, mentre Zverev è tornato ad essere il volto della NextGen. È quello che prima di tutti è sbocciato, perché dotato di una battuta degna del big server e di una solidità e mobilità da fondo mai vista prima per uno di 198 cm. Si è passati dal chiedergli la luna dopo i primi risultati del 2017, a non aspettarsi più nulla da lui. Ha attraversato momenti durissimi, un problema con il vecchio manager e ferite sentimentali. Ora sembra risvegliatosi dal torpore e pronto a nuovi traguardi. It’s just the beginning, Sascha…

 

 

 

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