Dopo due anni di assenza, Djokovic è tornato a Madrid, accolto dal calore del pubblico spagnolo che tanto ama: “Mi sono mancati i tifosi del Mutua Madrid Open, sono tra i migliori del circuito. Riesco sempre ad esprimere un ottimo livello quando gioco questo torneo”. Reduce da una sconfitta precoce a Monte-Carlo, il serbo punta a ritrovare il ritmo giusto in vista del Roland Garros. L’obiettivo è chiaro: lavorare per ritrovare la condizione ideale, accumulare minuti importanti in campo e, magari, andare a caccia del centesimo titolo in carriera.
Il primo test sarà contro Matteo Arnaldi, ma è l’assenza di Alcaraz a lasciare un vuoto importante nel tabellone. “La sua assenza non è una buona notizia per il torneo di Madrid, perché è la nuova stella del tennis spagnolo. Il pubblico gli dà molta forza”, ha detto Djokovic, che ora si trova inevitabilmente al centro dell’attenzione.
Parlando della differenza tra epoche, Djokovic ha ribadito come sia complesso fare paragoni diretti. I due decenni passati sono stati dominati da lui, Nadal, Federer e Murray, un’era irripetibile secondo molti. “Quando i miei grandi rivali si sono ritirati, si è creata una breccia con la nuova generazione. Molti hanno fatto fatica ad accettare l’addio di Federer e Nadal, ma io sono ancora qui, cerco di rappresentare la mia generazione”.
Il serbo ha anche sottolineato il peso che comporta essere un atleta di vertice in uno sport individuale come il tennis. “Serve essere al 100% fisicamente e mentalmente, sempre. Ti assorbe anni di vita, tempo con la famiglia, energia. È una scelta, sì, e siamo fortunati a fare ciò che amiamo, ma richiede tanto sacrificio”.
Djokovic ha anche rievocato con ironia e rispetto una delle sconfitte più dolorose della sua carriera, quella contro Stan Wawrinka nella finale del Roland Garros 2015: “A volte scherziamo su quella partita e gli dico che ha giocato così bene solo per via dei pantaloni. Ma è un giocatore straordinario, uno dei più sottovalutati del circuito”. E non ha escluso, in futuro, una possibile collaborazione con Juan Martín del Potro, definendolo un grande amico e un uomo dai valori autentici.
Con il Roland Garros nel mirino e il peso di un’intera generazione ancora sulle spalle, Djokovic torna a Madrid non solo per competere, ma per difendere, ispirare e – ancora una volta – prendersi la scena.
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