Una difesa che va oltre il campo
Nel mondo del tennis professionistico, dove la competizione è serrata e l’immagine pubblica è cruciale, le accuse di doping possono avere conseguenze devastanti, anche quando si tratta di incidenti. È in questo contesto che Casper Ruud, numero 6 del ranking ATP, ha voluto esprimere il proprio sostegno pubblico a Jannik Sinner, coinvolto in un controverso caso di positività al clostebol, sostanza anabolizzante vietata.
Il tennista italiano era risultato positivo nel marzo 2024 e, dopo un’indagine della WADA (Agenzia mondiale antidoping), ha accettato una sospensione di tre mesi. La sua difesa si è basata sulla teoria di una contaminazione accidentale avvenuta tramite un massaggio, ipotesi ritenuta plausibile dagli investigatori, anche se non priva di polemiche.
“Non ho mai pensato che volesse imbrogliare”
Ruud ha espresso parole di forte empatia nei confronti di Sinner: “L’ho sempre considerato innocente ed estremamente sfortunato per quanto riguarda il modo in cui la sostanza è entrata nel suo organismo”. Il norvegese ha poi sottolineato quanto possa essere difficile per un atleta controllare ogni singolo dettaglio durante la stagione: “Siamo estremamente vulnerabili perché esposti a molte persone e luoghi diversi, a una miriade di cibi e paesi diversi…”.
Il caso, secondo Ruud, non solo è raro, ma rappresenta una situazione limite che mette in luce quanto sia sottile la linea tra precauzione e fatalità. “È dura essere sospesi per tre mesi quando sei innocente. Non ho mai visto Jannik come qualcuno che avrebbe intenzionalmente drogato o imbrogliato”, ha aggiunto, mostrando chiaramente la propria fiducia nella buona fede del collega.
L’importanza della prevenzione
Per evitare situazioni simili, Ruud ha raccontato di adottare misure personali di sicurezza, viaggiando sempre con una propria scorta di medicinali acquistati in Norvegia. Una scelta prudente, che riflette la crescente consapevolezza tra gli atleti riguardo ai rischi di contaminazione involontaria. Il suo approccio evidenzia un aspetto spesso trascurato del professionismo sportivo: la necessità costante di vigilanza, anche fuori dal campo da gioco.