MUNICH, GERMANY - APRIL 18: Alexander Zverev of Germany reacts during his quarter final match against Tallon Griekspoor of the Netherlands on day seven of the BMW Open at MTTC IPHITOS on April 18, 2025 in Munich, Germany. (Photo by Alexander Hassenstein/Getty Images for BMW)
Alexander Zverev, numero uno del tennis tedesco e finalista all’ultimo Australian Open, continua a fare i conti non solo con gli avversari in campo, ma anche con il proprio passato. Le accuse di violenza domestica mosse da due sue ex compagne, Olga Sharypova e Brenda Patea, nonostante siano state archiviate o risolte fuori dalle aule di tribunale, continuano a riemergere in modo doloroso e pubblico.
Lo scorso 7 giugno, il tribunale di Berlino ha chiuso definitivamente il procedimento legato alla denuncia di Brenda Patea, madre del figlio di Zverev, dopo che le parti hanno raggiunto un accordo extragiudiziale, evitando così un processo. Nessun dettaglio è stato reso noto, ma la decisione ha suscitato non poche polemiche, soprattutto tra gli attivisti e una parte del pubblico che non ha accettato l’archiviazione come sinonimo di innocenza.
Non è la prima volta che l’argomento riemerge durante gli incontri del tedesco. Già a Melbourne, durante la cerimonia di premiazione degli Australian Open, una spettatrice ha gridato dallo spalto: “Olya e Brenda, l’Australia vi crede”, trasformando un momento di grande esposizione mediatica in un palcoscenico per un’accusa pubblica.
Pochi giorni fa, un episodio simile si è verificato a Monaco, durante l’ATP 500. In pieno match contro l’olandese Tallon Griekspoor, un tifoso ha gridato: “Frauenschläger” – termine tedesco che si traduce letteralmente con “picchiatore di donne”. Zverev, visibilmente infastidito, ha subito chiesto l’intervento del giudice di sedia Fergus per l’espulsione dell’autore dell’insulto.
Non era un caso isolato: sempre durante il torneo, un altro spettatore si è fatto sentire urlando: “Vai, maledetto maltrattatore”. Anche in questa circostanza, il tennista ha reagito prontamente durante il cambio campo, rivolgendosi nuovamente all’arbitro per richiedere l’allontanamento del responsabile.
Nonostante le vicende giudiziarie si siano concluse, l’opinione pubblica e una parte dei fan sembrano non voler dimenticare. Il caso Sharypova, mai giunto in tribunale, e quello di Patea, chiuso senza processo, hanno lasciato ombre profonde sull’immagine del campione tedesco.
L’eco delle accuse e la loro risonanza mediatica restano forti, soprattutto in un’epoca in cui le questioni di violenza di genere sono al centro del dibattito pubblico. I tifosi più critici sembrano voler ricordare, anche con veemenza, che la fine legale di un caso non sempre corrisponde a una piena riabilitazione morale.
La vicenda Zverev dimostra come lo sport ad alti livelli non sia immune dalle tensioni sociali e dalle responsabilità che derivano dalla notorietà. Ogni partita può trasformarsi in un’arena non solo sportiva ma anche etica, dove le voci dagli spalti si fanno portatrici di opinioni, accuse e memorie collettive.
Finché la ferita dell’opinione pubblica resterà aperta, episodi come quelli di Monaco e Melbourne rischiano di diventare una costante per Zverev, con o senza nuove prove, con o senza processi.
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