Mardy Fish sicuramente non è il primo giocatore a cui si pensa quando si parla di tennisti americani di successo, tuttavia la sua storia è unica nel suo genere e grazie al documentario Netflix Untold:Fish vs Federer tutti possono conoscerla. Nato in Minessota nel 1981, Fish era un prodigio della racchetta sin da bambino e a metà degli anni novanta si è trasferito ad allenarsi nella Saddlebrook Academy in Florida. In quegli anni è nata l’amicizia con Andy Roddick, i cui genitori hanno ospitato Mardy a casa loro nel 1999. Il documentario racconta attraverso le parole dirette dei due protagonisti come il vivere e allenarsi assieme abbia aiutato entrambi a migliorarsi continuamente. Un altro aspetto rilevante riguarda l’immensa tensione che all’epoca Fish e compagni dovevano sopportare a causa dell’incredibile successo che i tennisti americani ebbero nei precedenti decenni: da McEnroe, Agassi, Sampras passando per Connors.
Fish racconta come Andy fosse sempre un passo avanti a lui in termini di visione di gioco e tenuta mentale; i due si affrontarono diverse volte nei primi anni 2000 e fu sempre Roddick a trionfare. Andy vinse gli US Open 2003 e divenne numero uno del mondo, tuttavia quello fu l’unico successo slam in carriera a causa soprattutto di Federer a Wimbledon. Nel corso degli anni Fish stava avendo una carriera anonima, nessun titolo Masters 1000 né piazzamenti significativi negli slam. Il turning point avvenne tra il 2009 e il 2010, periodo in cui Fish raggiunse l’apice della sua forma fisica conquistando ottimi risultati, vincendo nel 2010 e 2011 il torneo di Atlanta e finendo in finale al Master 1000 di Cincinnati. Nell’agosto del 2011 Fish raggiunse il settimo posto nella classifica mondiale e divenne il primo tennista americano: questi risultati gli permisero di partecipare alle ATP Finals di Londra, evento che lui ricorda tutt’ora come uno dei più memorabili della propria carriera.
In un momento di seconda giovinezza, quando il suo amico Roddick stava pensando di appendere la racchetta al chiodo, Fish purtroppo non riuscì ad essere continuo e nel marzo del 2012 emersero i primi problemi psicologici. Al termine del torneo di Miami l’americano ebbe di notte un attacco di panico e si sottopose ad un intervento al cuore che però risolse solo un effetto di un problema ben più profondo. Il momento più complesso arrivò durante gli US Open dello stesso anno in cui per la prima volta i pensieri negativi pervasero la mente di Fish durante la partita. Il match in questione era quello contro Simon, che l’americano riuscì a vincere; tuttavia consumato completamente da pensieri di ogni tipo lo statunitense fu costretto a ritirarsi dal match di ottavi di finale che tutta l’america attendeva contro Federer.
La narrazione si focalizza successivamente sui momenti di riabilitazione che il tennista intraprese per ben due anni. Tutta la famiglia, dai genitori, alla fidanzata agli allenatori che lo hanno cresciuto furono preoccupati in quel periodo: ad ogni modo Fish non solo fu in grado di tornare a competere nel circuito per qualche anno, ma ebbe anche il coraggio di raccontare alla stampa tutto ciò che aveva passato. Questo gesto è emblematico poichè i guru del training mentale nel tennis avevano sempre sostenuto che non bisognava mostrare all’esterno nessun segno di debolezza, che era necessario resistere e tenersi tutto dentro. Fish è nato e cresciuto con questa dottrina ma nel tempo ha compreso che per poter migiorare la sua situazione l’unica soluzione era parlare con professionisti e persone fidate. L’ulteriore apertura di raccontare al mondo quanto vissuto funge da esempio e stimolo per chi si trova in condizioni simili a quelle dell’americano.
La pellicola si conclude con Mardy Fish capitano di Davis della squadra americana, ruolo per cui recentemente è stato criticato vista la scelta di non convocare Ram per il doppio. L’americano è stato franco nel prendersi le responsabilità per quella decisione sbagliata esattamente come è diretto nel descrivere il suo stato di salute mentale: “È come una lotta giornaliera, da vincere ogni giorno”.