Probabilmente Nick Kyrgios non avrebbe mai chiesto ad un nume tutelare vero e proprio come André Agassi cosa fare per la sua carriera. Di sicuro c’è però che il forte e promettente giocatore australiano è in cerca di un allenatore col quale programmare uno snodo decisivo della sua carriera.
Essere arrivato alle soglie della top15 del ranking è un grande risultato. Ora Kyrgios sa che la pressione da gestire è aumentata, ma soprattutto sono aumentate le variabili da tenere in considerazione, più difficili le scelte di programmazione da fare, le strade da scegliere in tema di preparazione fisica. Insomma, ha bisogno di consigli professionali, di spalle su cui appoggiarsi per non commettere errori che potrebbero rivelarsi fatali. Ballano tanti soldi, ma sopratutto la realizzazione di un sogno agonistico e sportivo che ha, per ovvie ragioni, forti implicazioni psicologiche.
Già, la psicologia, e sopra ogni altra cosa, il rapporto col tennis. André Agassi è forse l’uomo più indicato per dare consigli, anche se non richiesti esplicitamente, sul tema. Come chiaramente scritto nella sua autobiografia, “Open”, Agassi non ha mai avuto un rapporto lineare con il gioco. Anzi, per dirla tutta, l’ha odiato, per conto terzi, in quanto evidentemente era suo padre l’obiettivo di questo disprezzo e di tanta insofferenza. Suo padre, che lo aveva costretto a giocare da bimbo, per ore, invece di farlo giocare spensieratamente con i suoi coetanei, programmandolo a tavolino per raggiungere l’unico obiettivo che contava: essere numero uno del mondo. Un obiettivo raggiunto con immani sacrifici, passando attraverso fughe, vere e proprie, dai campi di allenamento, ascese velocissime e rapide cadute.
Oggi Agassi è un punto di riferimento per chi vuole programmarsi, giocare a lungo, raccogliere risultati straordinari. Lo stesso André afferma, attraverso ii perthnow.com, che uomo chiave per tornare a vivere il tennis in maniera positiva, per cercare nuove motivazioni e raccogliere le meritate soddisfazioni, è stato Darren Cahill, ex giocatore di buonissimo livello e grande conoscitore, sono parole di Agassi, del gioco del tennis. Kyrgios è molto apprezzato dal campione statunitense, ma serve, per lui un team vero e proprio che lo supporti in un momento cruciale: l’assalto ai primi dieci giocatori del mondo, obiettivo raggiungibile per Nick, ma non senza un adeguato aiuto a tutto tondo per mandarlo in campo nelle migliori condizioni possibili e che, soprattutto, non lo limiti ad una vittoria Slam, “che con due settimane di grazia tutti potrebbero raggiungere”, dice Agassi, “ma che lo porti stabilmente ad avere la continuità che solo i grandissimi hanno a certi livelli”. Insomma: Agassi consiglia a Kyrgios di affidarsi ad un coach come Cahill, visto che c’è l’ha in patria.
E così, per quelle regole che sono scritte nelle “Affinità elettive” del buon Goethe, un uomo che ha “odiato il tennis”, consiglia ad un altro più giovane di lui ma ugualmente talentuoso, che come lui ha dichiarato “di preferire altri sport al tennis, il basket ad esempio”, di seguire le sue orme anche in certe scelte. Vista la carriera di Agassi, fossi in Kyrgios, accetterei il consiglio, ripeto, non richiesto.