Sono passati solo pochi giorni dalla grande prova della Nazionale britannica in Coppa Davis, e nonostante l’ottimo risultato che permetterà al team capitanato da Leon Smith di giocarsi il trofeo, le insidie sono già dietro l’angolo, con ben due incognite che rischiano di condizionare non poco l’esito della tanto agognata finalissima.
Il problema evidenziato dal N.1 britannico Andy Murray, a margine della conquista del terzo decisivo punto ai danni di Bernard Tomic nella scorsa semifinale di Glasgow, è sicuramente qualcosa su cui riflettere seriamente, visto anche ciò che è avvenuto nella scorsa edizione di Davis.
La finalissima, che si terrà in Belgio, si disputerà tra il 27 ed il 29 di Settembre, con il primo singolare che prenderà il via appena 5 giorni dopo l’ultimo atto delle ATP World Tour Finals di Londra, appuntamento di fine anno per i migliori 8 della classifica Race ATP tra i quali già figura Andy Murray: l’incognita vera e propria sembra rappresentata dalla scelta che verrà comunicata nei prossimi giorni dalla Federtennis belga, ovvero quella relativa al palcoscenico di tale evento, che con ogni probabilità dovrebbe cadere sulla terra rossa, più precisamente sulla Flanders Expo Hall di Gent.
Innanzitutto non è da sottovalutare il dispendio fisico e nervoso nei vari match tra top players in quel della O2 Arena (da un minimo di 3 del round robin ad un massimo di 5 in caso di finale e/o vittoria), al quale verrebbero sommati i giorni di riposo necessario e quelli fisiologici di adattamento ad una superficie già finita in archivio da qualche tempo per i protagonisti ATP, il tutto naturalmente da circoscrivere nel limitato periodo di tempo di pochi giorni, senza contare i vari spostamenti e gli impegni di rito.
Lo scorso anno, come già accennato, al centro di una situazione molto simile si ritrovò Roger Federer, impegnato nelle ATP World Tour Finals e nella finalissima di Davis a Lille in Francia: il tennista elvetico riuscì a superare il round robin ed a eliminare il compatriota Stan Wawrinka in semifinale a Londra, salvo poi essere costretto a consegnare per ritiro la vittoria finale a Novak Djokovic a causa di un fastidioso e debilitante infortunio alla schiena.
Con un periodo di riposo ridotto all’osso e la necessaria preparazione a dei match così importanti sul “rosso” di Lille, Federer dovette subire non poco nel suo primo match perso contro Gael Monfils, salvo poi tornare competitivo nel doppio e nel decisivo singolare contro Richard Gasquet che consegnò alla Svizzera l’ambita Davis Cup.
Se Federer ha potuto contare, in singolare e in doppio, su un compagno di lusso come Stan Wawrinka, Andy Murray sa di doversi portare sulle spalle il peso di una nazionale britannica senza un vero N.2 di livello, con gli avvicendamenti di James Ward e Daniel Evans che non possono essere considerati una sicurezza, bensì una speranza per un punto che risulterebbe comunque fondamentale.
Se la Federazione belga sembra essere in procinto di mettere lo zampino in una situazione già complicata per Murray e compagni, ad alzare i toni in maniera decisa ci ha pensato il N.1 ATP Chris Kermode, il quale ha ricordato in un’intervista delle scorse ore che “Le Barclays ATP World Tour Finals sono un evento obbligatorio nel circuito: chiunque si qualifichi, salvo infortuni, deve necessariamente partecipare all’evento, Andy Murray compreso, vista l’ottima stagione disputata e la grande mole di punti conquistati che gli hanno permesso di stare tra i primissimi.”
Dietro ad una figura istituzionale così importante non possono che trovarsi le dichiarazioni più funzionali rispetto alle necessità della ATP, che con Murray perderebbe uno dei principali protagonisti del tie di Londra:”Siamo consapevoli delle dichiarazioni che hanno seguito l’evento di Coppa Davis a Glasgow, tuttavia le nostre aspettative vogliono Andy Murray in campo per le Finals, fisico permettendo. Finché non arriverà la comunicazione di un ritiro in via ufficiale, ricordo che Murray è regolarmente inserito nei primi 8 ed è atteso al via di tale competizione.”
Essere o non essere, dunque? Giocare o non giocare? Scelta difficile per lo scot che ha conquistato il pubblico britannico in questi anni portando il proprio team in finale dopo tanto tempo, con un posto nella storia a portata ma tutto ancora da scrivere.