Sotto la calura di Indian Wells arriva una nuova bruciante sconfitta per il novello numero 1 del mondo Andy Murray in questo 2017. L’ultima, sul lento cemento californiano, arriva per mano di Vasek Pospisil, talento canadese fin ora sprecat(issim)o in singolare (il curriculum di doppio è decisamente migliore), numero 100 e rotti del mondo (best ranking 25° nel 2014), in due set (6-4 7-6) e in quasi due ore di patemi fra break e contro-break frustranti per lo scozzese che alla fine si è parecchio innervosito. Per sua (di Murray) fortuna a fine torneo non ci saranno grosse novità dal punto di vista della classifica mondiale (difendeva solo il terzo turno dello scorso anno), ma di certo lo scozzese si sta dimostrando fino a un certo punto all’altezza delle responsabilità di leader mondiale.
La stagione è ancora lunga, quindi cercherò di non sbilanciarmi in giudizi affrettati. Dopotutto il beneamino britannico arriva dalla prima vittoria a Dubai e se guardiamo la sua storia ad Indian Wells, fra lui e il torneo per tradizione non scorre buon sangue (tante uscite precoci), per cui possiamo sempre cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno. Però occhio. Potrebbe sembrare che ad oggi (e siamo solo a marzo) il buon Andy si sia giocato già almeno due grossi passi falsi. Il primo a Melbourne contro il serve&volley pieno e sconsiderato di Zverev, il secondo oggi, contro i tre quarti di serve&volley di Pospisil.
Ma si tratta davvero solo di incidenti di percorso?
Può capitare a qualunque grande favorito di incappare in una giornata storta o di incappare in un avversario in stato di grazia. E quando si è un grande favorito come “il numero 1 del mondo” ti può capitare giusto un paio di volte all’anno. Altrimenti sei favorito e basta, senza grande, e quindi i presupposti per la tua leadership cadono come un castello di carte.
Questo “caso Murray” sembra però diverso. Infatti questi due “passi falsi” hanno troppe caratteristiche in comune per essere considerati soltanto eventi determinati dalle contingenze di giornata. Questo può essere un male, ma anche un bene. Andiamo con ordine.
Lungi da me scrivere di una fantomatica rinascita di Pospisil. Per me è no (poi magari mi sbaglio), ci sono troppi pochi elementi per dirlo, nonostante che il cambio di allenatore e nuovi stimoli possano sicuramente fare bene al canadese, che negli ultimi anni è sembrato svuotato di motivazione. Battere il numero 1 del mondo però può non cambiarti la vita. Di certo però il canadese ha giocato in maniera molto molto intelligente, dimostrando di aver appreso la “lezione Zverev”. E dentro a questa lezione ci sta di facciata il serve&volley, abusato anche dal canadese quest’oggi, ma non solo. Come già detto e ridetto, i giocatori di oggi, anche i campioni come Murray e Djokovic (pure il serbo aveva sofferto lo scorso anno contro il buon Zverev maggiore, a Shanghai), sono nati in un tennis dove l’attacco all’arma bianca della rete è praticamente scomparso e quindi non hanno gli automatismi per rispondere efficacemente a questo tipo di gioco. E ogni tanto effettivamente qualche giocatore d’attacco spregiudicato si prende un bello scalpo (è toccato a tutti i Fab-Four). Abituati i giocatori moderni a rispondere al servizio assai in profondità (e quindi abbastanza alto sopra la rete), per uno che sa fare bene il serve&volley è un mezzo invito a nozze, perché la voleè su una risposta alta viene naturale.
Ma non è solo questo il punto. Altro aspetto infatti, che fa più riflettere, è il modo in cui Zverev in Australia e Pospisil oggi si sono comportati nella fase di risposta al servizio dello scozzese; Pospisil anche in questo caso “ruba” l’idea al tedesco: in risposta e nello scambio da fondo gioca palle senza peso, lente e spesso poco profonde, ricorrendo tantissimo allo slice , programmando il gioco soprattutto sulla verticale. Il rischio ha pagato in entrambi i casi. Costretto a giocare contro palle senza peso, Murray non riesce a spingere bene (lui che gioca poco di piatto) insistendo sul ricorso al top alla ricerca disperata delle diagonali. Una scelta del genere paga fino a un certo punto, perché Pospisil è bravo a spostare Murray soprattutto sulla verticale, togliendolo dalla sacra zona di comfort, i due-tre passi dietro la riga di fondo. In questo contesto i punti arrivano decisamente più facili per il canadese. Murray si trova all’improvviso a giocare con i piedi dentro al campo, contro palle lente, e spesso ne nascono scambi confusionari con i giocatori in mezzo al campo a colpire palle corte o velenose. Ben lontani dallo schema di gioco tipico dello scozzese. Se il giocatore poi è talentuoso con la racchetta (e sia Zverev che Pospisil lo sono), in questa “piacevole confusione” le speranze di uscirne vittorioso sono molto maggiori.
In questo senso quindi sembra poco probabile che si tratti di due episodi isolabili.
Sembra piuttosto che Murray soffra specificamente questo tipo di gioco, gioco che per sua fortuna nella parte serve&volley non tutti i giocatori sono in grado di mettere in atto, ma non si tratta solo di quello. Lo sa anche Murray, come sottolineato nella conferenza post-partita, che se fosse solo serve&volley si saprebbe comportare molto meglio “In carriera ho sempre ottenuto ottimi risultati contro chi fa serve&volley, forse adesso ho bisogno di approfondire questo aspetto. Anche se non ho mai avuto occasione di confrontarmi in allenamento, mi sono sempre trovato bene contro avversari di quel tipo. Non credo abbia inciso il fatto che Vasek ha giocato il serve&volley: oggi il problema è stato il mio scarso rendimento a servizio” . Le basse percentuali al servizio nei momenti chiave hanno inciso sì, ma fino a un certo punto. Quello che mi preoccupa di più per Murray è quanta insofferenza dimostra per il gioco leggero da fondo e soprattutto sulla verticale, un gioco che invece tutti i giocatori possono mettere in atto, e verso il quale dovrà, ma sicuramente potrà, trovare delle contromisure se vuole mantenere ancora a lungo la sua classifica.