Tra conferme e sorprese, l’edizione 2015 del Masters 1000 di Miami si sta rivelando molto affascinante: Tra i domini incontrastati – finora – di Ferrer e Nishikori, la costanza di Berdych, il talento di Dominic Thiem e le rinascite di Monaco e Isner, Djokovic e Murray rimangono gli uomini da battere.
Siamo arrivati al fatidico momento di ogni torneo: i quarti di finale. Da questo momento in poi, soprattutto in un 1000, si capisce se il tuo è stato un grande torneo o se hai fatto soltanto il tuo dovere. E’ stata un’edizione abbastanza strana, a partire dalla mancata iscrizione di Roger Federer, per poi continuare con l’eliminazione a sorpresa di Rafa Nadal, schiantato da Fernando Verdasco al terzo turno. Ma non è finita qui: Stan Wawrinka fatica con Berlocq e poi crolla contro Mannarino, confermando il cattivissimo stato di forma, che non lo rende nemmeno lontanamente vicino al tennista visto la scorsa stagione. Sorprese gradite e ritorni piacevoli: è stata la volta di Jo Tsonga, non al meglio ma comunque ci ha fatto riapprezzare il suo dritto, e di Juan Martin Del Potro, finalmente – si spera – uscito dall’incubo degli infortuni.
Prima di arrivare a parlare del talento finalmente sbocciato dell’astro nascente Dominic Thiem, e il grande torneo disputato da Juan Monaco, non possiamo che far notare altri giocatori dal quale sicuramente ci si sarebbe aspettato qualcosina in più: a cominciare da Grigor Dimitrov, battuto da un mediocre John Isner, che ha “matato” anche Milos Raonic in una sfida all’ultimo servizio; come non citare poi Gulbis e il nostro Fabio Fognini, che ormai sembrano entrati in un tunnel senza uscita. Ma veniamo ad un’analisi più dettagliata di coloro che si configurano come i “fantastici 8” di Key Biscayne: chi è il più pericoloso? Chi potrà rivelarsi un ostacolo durissimo nonostante il ranking, e chi può davvero esplodere?
Novak Djokovic. Cominciamo da lui, il numero uno, il più forte di tutti: più forte anche di un Roger Federer protagonista di un 2015 sensazionale. E non è cosa facile. A Miami ha devastato gli avversari fino all’ottavo di finale giocato questa notte, nel quale ha incontrato un vero e proprio osso duro, uno che quando è in palla può battere chiunque. Dopo il piccolo passo falso – il set perso contro Martin Klizan al primo turno – e il dominio incontrastato sul povero Darcis, la furia di Nole ha smesso di imperversare sull’ucraino: Dolgopolov ha letteralmente dominato il serbo fino a metà del secondo set: avanti 7-6 3-0 ha probabilmente fatto l’errore di pensare di aver vinto, ed è lì che si è svegliato il numero uno del mondo. Djokovic ha attivato la mente in una bella guerra psicologica contro il suo avversario e, dopo aver contro-breakkato due volte, ha conquistato il set 7-5 prima di sfogarsi completamente nel terzo, finito 6-0: cappotto, come si diceva una volta. Non è il Nole di Melbourne, non è il Nole di Indian Wells, ma Nole è sempre Nole. E’ il primo da temere, senza dubbio.
David Ferrer. Uno dei migliori inizi d’anno della sua carriera, senza dubbio. Tre tornei conquistati da gennaio ad ora, di cui due 500 (Rio de Janeiro e Acapulco) e un 250 (Doha): mica male, vero? Il buon vecchio Ferru c’è sempre, non si stancherà mai, questo è poco ma sicuro. In questo Masters dimostra quasi di saperci più fare sul cemento che sulla terra, e forse è vero: a 32 anni lo spagnolo è ormai un giocatore completo, ed è uno dei più costanti del circuito. Difficilmente toppa, difficilmente si abbandona a se stesso durante il match: David Ferrer è il prototipo di tennista ideale: completo, veloce, forte mentalmente, quello a cui dispiace aver finito l’allenamento, quello che si sveglia contento di andare a provare cento dritti di fila, finchè non lo esegue perfettamente. Quasi imperdibile il quarto di finale che andrà in scena contro Djokovic, forse il più equilibrato di tutti, almeno in questo momento della stagione.
Kei Nishikori. Un’autentica piallatrice. Solido come non mai, spettacolare e determinato: il giapponese battendo Goffin si è conquistato il quarto posto nel ranking mondiale, scavalcando Nadal. Il giusto premio per una carriera sempre più in ascesa: a 25 anni Nishikori è diventato il quinto Fab Four, se così si può dire, quello che veramente può dar fastidio a tutti. In questa edizione di Miami ha lasciato solo 6 game agli avversari: 6-2 6-1 a Youzhny, 6-2 6-2 a Troicki e 6-1 6-2 a Goffin, non proprio tre che con la racchetta non ci sanno fare. Osservando i numeri e le statistiche, è senza dubbio il più in forma in questo Masters 1000, e sicuramente quello meno stanco: Isner sarà il suo ostacolo? E’ da vedere, adesso come adesso viene da dire che difficilmente steccherà, e non viene difficile immaginarlo già in semifinale.
John Isner. L’ex numero nove del mondo, come sempre, sul cemento in patria dà il meglio di sé: sfrutta nel miglior modo possibile i suoi 208 centimetri e la sua grande capacità al servizio, e arriva ai quarti dopo aver battuto – oltre che la wild card Rublev – un potenziale top 10 come Dimitrov e il numero 6 del mondo Milos Raonic. Sicuramente lo statunitense ha ridato una bella scossa al suo ranking e al su0 pubblico, che grazie a lui può ancora tifare per un tennista a stelle strisce senza considerare l’avversario. John è rinato a Miami, dopo un periodo abbastanza buio e, grazie a questi quarti di finale conquistati meritatamente, si avvicina nuovamente alla top 20, sperando magari in una seconda metà di carriera molto positiva.
Dominic Thiem. E’ lui, assieme a Monaco, la sorpresa di questa edizione del Masters 1000 di Miami. Rovescio ad una mano spettacolare, tecnica elevatissima, e una forza mentale che sembra quella di un veterano: tutto questo è Thiem, un ragazzo austriaco nato nel 1993 che sembra ancora immaturo, ha ancora i brufoli sulla faccia, ma che quando gioca a tennis lascia tutti senza fiato. Per lui ora c’è Andy Murray davanti, uno che ha seguito e visto giocare quando era ancora un bambino, e adesso se lo ritrova davanti in un quarto di finale di un Masters 1000, dopo aver battuto gente come Feliciano Lopez, Jack Sock e Adrian Mannarino (gli ultimi due sono i giustizieri rispettivamente di Fabio Fognini e Stan Wawrinka). Che dire, giù il cappello per il piccoletto predestinato.
Andy Murray. Trita e ritrita, anche lui è in forma: finale agli Australian Open, semifinale ad Indian Wells ed ora un altro buon 1000 disputato qui a Miami (la delusione sarà inevitabile – però – se non batte Thiem). Il tennis fatto vedere dall’allievo della Mauresmo è leggermente migliore di quello di Djokovic, ma sappiamo tutti che in un ipotetico scontro fra i due sarà il serbo a partire favorito. Diciamo questo perchè rispetto a Klizan, Darcis e Dolgopolov, gli avversari di Murray sono stati battuti con molta più facilità, e soprattutto avevano un ranking migliore: si tratta di Young, Giraldo e Anderson, quest’ultimo in tre set senza troppe difficoltà. Perciò la previsione sul britannico novello sposo ad aprile è positiva: se gioca come sa, il posto in finale se lo merita tutto.
Tomas Berdych. Nessuno ci pensa quasi mai, eppure lui almeno ai quarti ci arriva sempre: c’è una ragione del perchè questo ragazzo non esce mai dalla top 10. La sua costanza è invidiabile, anche se è condita da qualche passo falso a volte, ma fa parte del gioco. A Miami ha battuto il coreano Chung – wild card di turno – prima di ottenere convincenti prestazioni contro Tomic e Monfils. Berdych non ha avuto molte difficoltà, è stato aiutato dal sorteggio, anche se non era facile prevedere una vittoria contro un Tomic in grande forma al secondo turno. Purtroppo Monfils ha dovuto subire le conseguenze della riemersione del suo problema muscolare e si è arreso a metà del secondo set, perciò il ceco non è proprio “il primo degli stanchi”. Occhio all’infinito Tomas.
Juan Monaco. Ed eccoci qua, la seconda sorpresa del torneo, forse la vera rivelazione. Tenacia e solidità sono le parole chiave all’interno del percorso dell’argentino, da lunedì di nuovo in top 40, comunque vada, quindi l’applauso per Monaco ci sta tutto. Scorrendo gli avversari che ha battuto c’è da leccarsi i baffi: Gulbis, Garcia-Lopez, Verdasco. Chi avrebbe pensato che tra i quattro citati l’avrebbe spuntata l’ex numero 10 del mondo, da tre anni dato per finito ma che di fatto non finisce mai: il suo stato di forma lascia spazio al pensiero di una eventuale semifinale, anche se contro Berdych sarà dura: comunque, il buon Monaco se la meriterebbe tutta.