La settimana del Masters 1000 più entusiasmante dell’anno è giunta quasi alla sua conclusione. In seguito a polemiche da parte di tennisti e spettatori paganti, partite terminate abbondantemente dopo la mezzanotte, e la conquista degli ultimi posti per le Finals di Torino, l’ultimo atto del Masters di Parigi-Bercy rappresenterà una degna conclusione di questi giorni concitati, in cui il tennis proposto sul campo ha pienamente soddisfatto gli auspici degli appassionati. Le semifinali hanno posto di fronte per l’ottava volta Grigor Dimitrov e Stefanos Tsitsipas per la parte bassa del tabellone, Novak Djokovic e Andrey Rublev per la metà alta.
Nella sfida che ha aperto il programma sul Centrale, la partenza di Dimitrov è stata impeccabile: il bulgaro ha compiuto un immediato allungo, avanzando 3-0 e conservando il break fino al 6-3. Nel secondo parziale la qualità di entrambi, dotati di rovescio a una mano, si è elevata, con scambi prolungati e colpi da highlights; le uniche palle break sono state cancellate da Tsitsipas sul 4-4, e di conseguenza il tiebreak, di cui si è appropriato il greco per 7-1, si è configurato come l’epilogo più appropriato.
Nel set decisivo, Dimitrov ha annullato quattro possibilità di break nel terzo game e per stabilire le sorti del match, per la terza volta consecutiva tra i due, si è ricorso nuovamente al tiebreak, vinto per la prima volta e disputato in maniera magistrale dal bulgaro, che ha incantato tutti con dei colpi strabilianti, riuscendo sia a stupire coloro che l’hanno sempre tralasciato sia ad estasiare coloro che sono sempre stati attratti dal suo tennis elegante, che fa tornare alla mente i paragoni del passato con Federer.
Dopo due ore mezza, con il punteggio di 6-3 6-7 7-6, Dimitrov ha raggiunto la seconda finale in un Masters 1000, a distanza di sei anni dall’ultima a Cincinnati; complessivamente si tratta della diciassettesima in carriera, avendo eliminato nei turni prendenti Musetti, Medvedev, Bublik e Hurkacz. In caso di successo in finale, si collocherebbe all’undicesimo posto della Race per Torino, che certificherebbe il suo eccellente 2023, all’età di trentadue anni.
Nella seconda semifinale, i primi due game, durati diciotto minuti, hanno costituito solo il prologo ad un duello in cui ha prevalso il più feroce e implacabile, con quattro punti di differenza in tre ore di confronto. Rublev, che non ha potuto beneficiare di un riposo congruo dopo il trionfo nei quarti avvenuto a tarda notte, si è aggiudicato il primo set per 7-5, agevolato dagli inusuali diciassette gratuiti di Djokovic. Il numero uno del ranking nel parziale successivo ha inciso maggiormente con la battuta e, giunto al tiebreak, ha sfoggiato tutto il suo repertorio, includendo ace, risposta vincente e punti estenuanti.
Una pausa di dodici minuti ha preceduto l’inizio del terzo set, a causa di un lungo toilet break del serbo che ha richiesto anche l’intervento del fisioterapista per un problema alla schiena. Il match ha acquisito sempre più pathos, con una rimonta da 15-40 del russo nel terzo game e un livello da fondocampo che in pochi possono offrire per tre ore di gioco. Il break risolutivo è stato conseguito da Djokovic sul 6-5 in suo favore, sancito da un tragico doppio fallo del numero cinque al mondo, che ha dovuto cedere per la quinta volta in sei incontri all’insaziabile classe 1987.
Nonostante le condizioni fisiche per sua ammissione non perfette, Djokovic è approdato alla nona finale a Bercy, imponendosi dagli ottavi sempre al terzo set e totalizzando quasi nove ore in campo contro Griekspoor, Rune e Rublev. Con questo successo, ha tagliato il traguardo delle cinquanta vittorie nell’anno e può proseguire la striscia di imbattibilità che persiste da diciassette match. Nei precedenti contro Dimitrov, è avanti 11-1, e due di questi hanno avuto luogo proprio a Bercy, nel 2016 e nel 2019. L’unica vittoria del bulgaro risale a dieci anni fa.