Berrettini e Wimbledon, matrimonio complicato?

Il franco successo al Queen’s lancia Matteo sulle orme di Boris Becker: anche lui al debutto sui prati londinesi sbaragliò la concorrenza, confermandosi subito dopo a Church Road. Non sarà così facile tuttavia: anzi… Per quel che può contare -poco speriamo-, un’analisi dei motivi per i quali il tennista romano non replicherà l’exploit del tedesco: anche perché a Wimbledon andrà di scena l’armageddon, il vero e proprio scontro finale per stabilire le gerarchie definitive. E non ci sarà spazio per nessun altro. A meno che…

Quanto vorrò bene a Matteo Berrettini (oh, come tifoso chiaro, non vi fate idee strane…)? Tanto, tantissimo, non c’è dubbio, essendo un fervente sostenitore della prima ora: sin dal suo affacciarsi sul circuito ‘vero’, ho fieramente affermato -e scritto- che finalmente avevamo in casa un tennista capace di arrivare molto in alto, stante tutta una serie di positive caratteristiche sulle quali magari più avanti faremo una rapida ripassatina (come prima dell’interrogazione all’esame di maturità, per rimanere su uno dei temi caldi di questo periodo). Per l’intanto restiamo alla stretta attualità agonistica, che ci parla di un freschissimo alloro testè conquistato, e su di un palcoscenico di quelli che contano: per storia, prestigio, atmosfera. Già, proprio il Queen’s, il club della regina dove solo i migliori arrivano sino in fondo. Oddio, qualche volta pure dei comprimari, se pensiamo che nel lontano 1998 toccò in sorte ad un nostro connazionale (belga per metà) spingersi all’epilogo della domenica partendo addirittura dalle qualificazioni, e non senza sorpresa vivissima: degli astanti dalla annoiata aria nobiliare, e certo pure propria… Si trattava di Laurence Tieleman, giovane di belle speranze in seguito non confermate, ahilui ed ahinoi, il quale però ora può raccontare ai figli di aver sfiorato la magica impresa (perse con Scott Draper, australiano che sull’erba sapeva il fatto suo). 

Tornando alla scorsa settimana, era la prima volta che il nostro calcava quei prati così finemente curati, certo meglio di Wimbledon ove tuttavia il giardiniere arriva regolarmente alla seconda settimana con le mani nei capelli, e poche soluzioni in tasca per ovviare al fatale deterioramento della ‘pelouse’ (troppo calpestata, fra singolare maschile e femminile, doppi, doppi misti e compagnia bella): qualcosa di simile accadde 36 anni or sono, allorchè si presentò da quelle parti un ragazzone rossiccio di capelli, benino accreditato ma niente di che, il quale finì col metterli tutti in fila. Si chiamava Boris, aveva solo 17 anni e a casa sua, in Germania, di prati ove giocare a tennis non è che ne avesse visti molti: eppure ciò non gli fu d’ostacolo nel replicare qualche settimana più tardi, chiaramente sempre da debuttante, a Church Road, facendo gridare al miracolo. Diventerà uno dei migliori interpreti di sempre sulla superficie specifica, anche se fuori da quei rettangoli qualche pastrocchio lo combinò… Basta, non voglio indulgere ulteriormente in lontani ricordi: cosa che gradisco assai, chi legge forse un po’ meno (ma lo faccio solo a beneficio dei teen-ager che quelle epoche non hanno vissuto, giuro!)  E poi, lo ammetto seppur a malincuore, son frutto di un’età che, proprio come quei campi nel sud di Londra, tanto verde non è più dopo il tramestio delle prime, intense giornate di gara…

Matteo Berrettini Overcomes Evans To Reach Queen's Club SF | ATP Tour | Tennis

Torniamo a bomba allora: per l’allievo di Vincenzo Santopadre il paragone con Becker suona certamente lusinghiero, e di ottimo auspicio per quello che potrà succedere fra un paio di settimane sul palcoscenico più stuzzicante del mondo della racchetta. Oddio, rispetto al tedescone parte ben più su nella considerazione degli addetti ai lavori (parliamo pur sempre di un già top ten, mentre l’altro sbucò praticamente dal nulla), per cui non si tratterebbe di una sorpresissima dovesse far bingo. Ma… Ebbene sì, siamo arrivati al punto fatidico, anche se -mi accorgo- l’ho tirata volutamente in lunga, perché secca pure a me stesso ammettere quel che mi frulla nella capoccia: oltre al fatto che mi toccherà in sorte -ria- di beccarmi gli strali, se non anche gli sberleffi e le risatine di compatimento, di parecchi fra quelli che hanno la pazienza di sorbirsi i miei sermoni. Fuori il rospo: per quanto mi sforzi, non vedo l’ottimo Matteo sollevare il fatidico trofeo britannico. E quel che è peggio, neppure in futuro qualcosa di pari grado, quale può essere uno degli Slam!

Voglio porre in chiarissima premessa che il primo ad augurarsi di prendere una cantonata è proprio il sottoscritto, e che non mi preoccuperà nel felice caso il fatto di andare umilmente a Canossa (a piedi nudi, e sotto il solleone che mi manda definitivamente in pappa il cervello: me lo meriterei appieno…). Ma mi corre l’obbligo di essere onesto sino in fondo con me stesso, ed allora sentenzio impavido: Berrettini avrà un lungo e felice percorso a livello di primi 10 del ranking, ma senza l’acuto che caratterizza una carriera. Intendiamoci: vi paresse poco, ci metterei non una ma dieci firme, a farla da protagonista per un decennio sui campi di tutto il mondo! Però, senza scomodare i tre magnifici (più Murray, un altro che senza grossi guai fisici avrebbe fatto parte a pieno titolo della ‘band’), a conti fatti non sarà un Wawrinka -tre Majors, straordinario, per me il 5’ Beatle- ma neanche un Cilic (un Us open nel carniere): lo vedo piuttosto alla stregua di un Berdych, o di un Raonic, vale a dire grandi mezzi, splendidi cammini, ma è sempre mancato loro un soldo per fare una lira.

Un 11 luglio da sogno a Wimbledon e Wembley? Berrettini e l'Italia sognano...

Avrei giurato il contrario quando si manifestò, individuando fra tanti pregi -servizio potente, dritto assassino, fisico da atleta vero, ‘testa’ da tennis: e con questo il ripassino di cui sopra è compiuto- alcune lacune che speravo potessero esser superate tramite il duro lavoro: rovescio non all’altezza dell’altro fondamentale, back rigido ed instabile (fondamentale al giorno d’oggi), capacità di tener duro anche quando le cose non vanno per il meglio… Ha fatto progressi, sicuro, ma non decisivi: tanto da farmi ritenere che sia arrivato ai propri massimi. I suoi più giovani rivali in campo nazionale, Sinner e Musetti per intenderci, mi forniscono tuttora in prospettiva qualche elemento di fiducia in più, nel senso che si direbbe non essere esaurito il loro percorso di crescita: hanno ancora margini, su di lui non ne ravviso. E quanto a Sonego, un altro che ammiro assai, per chiudere il cerchio lo ritengo al suo top poco dietro il romano (che vorrebbe dire primi 20 stabile, magari con sporadiche escursioni nei 10: butta via, anche in questo caso…). E, aspetti tecnici a parte, al fidanzato della Tomlijanovic -a proposito, complimenti, ti sei preso uno dei meglio fichi del bigoncio: d’altronde fra le sue mille doti ha pure quelle di essere un ragazzo simpatico e di bell’aspetto… Ehi dico fichi, al maschile, non pensate subito male…-, ho la sensazione abbastanza indefinita che gli faccia difetto quel ‘quid’ per arrivare in fondo a 14 giorni di battaglie 3 sets su 5: così, a pelle, prescindendo dagli aspetti tecnici e caratteriali, che pure ho cercato di esplicitare…

Il futuro ci dirà. Intento mi prendo le male parole di chi non sarà d’accordo, ma sono sportivo, accetto senza patemi ogni tipo di critica. E poi, devo confessarvi cosa penso rispetto al Wimbledon ormai incombente: non ci sarà trippa per gatti, si va all’ “ultimate fighting” fra Nole e Roger. Non vi fate ingannare dall’aria dimessa che esibisce recentemente Federer, è il suo ultimo obiettivo, darà tutto ed anche di più: si accorgesse sul serio alla vigilia di non essere in grado, troverà una scusa e manco si presenterà (questa segnatevela, ce lo sapremo ridire…). Ma se viceversa ci sarà, è per arrivare al redde rationem col suo nemico vero -non semplice rivale, ed amico come Rafa-, allo scopo di dirimere faccia a faccia l’annosa questione su chi sia il migliore di sempre. Dovesse finire sul serio così, penso (sono un utopico idealista?) che manco i tifosi più accesi del serbo se la sentirebbero di appoggiarlo incondizionatamente, senza se e senza ma, demonizzando l’altro: le leggende non si combattono, si possono solamente ammirare…         

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